Arretrati retributivi per l’industria tessile, abbigliamento e moda

La circolare n. 57 del 28/03/2011 precisa che tali arretrati valgono anche per malattia e congedi

Con la circolare n. 57 del 28 marzo 2011, l’Inps chiarisce che gli arretrati retributivi previsti dall’Accordo del 9 luglio 2010 per il rinnovo del C.C.N.L. per l’industria tessile, abbigliamento e moda “sono valutati pure ai fini della determinazione delle prestazioni economiche di malattia, di maternità, di congedo matrimoniale e di integrazione salariale”.

L’Accordo in questione ha, infatti, previsto, tra le altre cose, “la corresponsione a titolo di arretrati retributivi, ai lavoratori in forza alla data del 21 maggio 2010, di un importo forfettario di Euro 40,00 lordi, da corrispondere con la retribuzione del mese di giugno 2010 e da commisurare all’anzianità di servizio maturata nel periodo 1° aprile – 31 maggio 2010”.

La circolare precisa che l’una tantum prevista è ridotta proporzionalmente, con riferimento ai contratti di lavoro part-time, a causa del minor numero di ore lavorative; al fine, poi, di maturale l’una tantum – il cui importo è escluso dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto – sono considerate utili “le assenze dal lavoro per malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale, donazione di sangue intervenute nel periodo 1° aprile 2010 – 31 maggio 2010, che abbiano dato luogo al pagamento di trattamenti economici previdenziali a carico dell’Istituto competente e, ove dovuto, all’integrazione a carico delle aziende”; al contrario non sono considerati utili i periodi di sospensione della prestazione lavorativa senza diritto alla retribuzione (ad esempio a causa di “servizio militare, aspettativa, congedo parentale, cassa integrazione guadagni a zero ore settimanali”).

In merito ai riflessi sulle prestazioni economiche di malattia e di maternità (e su tutte le altre prestazioni a carico dell’INPS conguagliabili con i contributi, come i riposi post-partum, le retribuzioni previste per i donatori di sangue…) erogate nel periodo a cui si riferiscono gli arretrati retributivi in questione, “detti emolumenti non devono essere presi in considerazione nel periodo di paga in cui sono stati effettivamente corrisposti, ma vanno conteggiati nei limiti del pro quota riferito al mese considerato, da computare secondo le regole previste per le mensilità aggiuntive o premi (v. circolare 127 del 17.05.1991 e le altre precedenti ivi richiamate, a cui si deve aver riguardo anche per le modalità di conguaglio)”.

Per quanto riguarda, infine, i riflessi sulle integrazioni salariali (sia ordinarie che straordinarie) erogate nel periodo dal 1° aprile 2010 al 31 maggio 2010, “devono applicarsi le istruzioni impartite in materia di ricalcolo delle prestazioni in argomento con la circolare n. 58 del 05.03.1991”.

 

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5 miliardi di finanziamenti dall’accordo R.ETE. Imprese Italia e Gruppo Intesa Sanpaolo

Lo scopo è di garantire il sostegno alle piccole imprese associate nella corsa verso la ripresa, puntando su flessibilità e valorizzazione delle specificità territoriali

Siglato l’accordo tra R.ETE. Imprese Italia – il soggetto unico di rappresentanza del mondo dell’imprenditoria diffusa nato “dall’unione delle cinque maggiori associazioni dell’artigianato, del commercio, dei servizi e del turismo” (Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti) – e Gruppo Intesa Sanpaolo, per mettere a disposizione delle piccole e medie imprese un plafond di finanziamenti pari a 5 miliardi di Euro. Lo scopo, si legge in una nota ufficiale, è di “garantire pieno sostegno alle piccole imprese associate che, in un momento congiunturale ancora difficile, devono rafforzarsi ed essere pronte a cogliere i segnali di ripresa”.

A presentare gli estremi dell’intesa – che coinvolge 2,6 milioni di imprese, oltre 11 milioni di addetti e il 60% della forza lavoro italiana – sono stati Giorgio Guerrini, Presidente di R.ETE. Imprese Italia, Corrado Passera, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo e Marco Morelli, direttore generale vicario della banca, presso la sede di Intesa Sanpaolo a Roma, il 25 febbraio scorso.

Le parole chiave dell’intesa sono, stando alle parole dei suoi stessi promotori, flessibilità e, di conseguenza, rafforzamento dei legami con il territorio: “è un’intesa che si distingue per la valorizzazione delle specificità territoriali delle piccole imprese e per la flessibilità di risposta alle loro peculiari esigenze creditizie”, sottolinea Guerrini.

Si tratta, infatti, di un documento che definisce le sole linee guida, al quale dovranno fare seguito degli ulteriori accordi a livello locale, capaci di dare risposte concrete, contestuali e puntuali a realtà imprenditoriali spesso molto differenti tra loro. Si cercherà di orientare in modo efficace le imprese che si muovono nel microcontesto, mettendo loro a disposizione una rete di referenti locali, uno per ogni Provincia, che garantiranno la necessaria vicinanza alle imprese del territorio e un flusso costante di informazione circa le opportunità di lavoro e di crescita. Le strutture di area di Intesa Sanpaolo possiedono, infatti, ampia autonomia in merito alla possibilità di individuare soluzioni ritagliate su misura, su particolari esigenze; le oltre 5.700 filiali del gruppo sono, inoltre, dotate di un applicativo informatico che fornisce dati economici su ciascun contesto territoriale.

L’accordo rappresenta – interviene ancora Guerriniun segnale concreto di attenzione ai nostri imprenditori i quali, nonostante la crisi, non hanno perso la voglia di investire e di reagire alla congiuntura negativa. La strada per agganciare la ripresa passa da un impegno comune che deve vedere le banche impegnate a dare fiducia alla piccola impresa, a considerarla decisive per creare reddito, occupazione, nuova imprenditorialità“.

Con l’intento di migliorare la trasparenza nel processo di valutazione del credito e la conoscenza condivisa del business aziendale, Intesa Sanpaolo ha predisposto, poi, due semplici modelli di autovalutazione, che consentano alle imprese di valutare la propria situazione economico-finanziara e la sostenibilità delle proprie scelte imprenditoriali, e che aiutino loro ad avere maggiore consapevolezza circa le informazioni di potenziale interesse per i diversi soggetti che interagiscono con l’azienda (fornitori, clienti, consulenti); tali modelli di autovalutazione sono messi a disposizione delle imprese associate sui siti internet delle Associazioni di categoria che hanno sottoscritto l’accordo.

La volontà sembra essere, quindi, quella di migliorare il dialogo tra banca e impresa: “abbiamo costruito un’intesa fondata sulla collaborazione tra banca e impresa – sottolinea Morellidove i meccanismi di funzionamento di entrambe sono trasparenti e condivisi. Mettiamo certamente a disposizione di imprenditori e professionisti importanti risorse, ma soprattutto il nostro patrimonio umano e tecnico. Vogliamo individuare con le aziende reali obiettivi di crescita e raggiungerli grazie al lavoro comune sul territorio”.

Determinante, inutile dirlo, il coinvolgimento di Confidi: è stato creato un Portale Confidi, un’interfaccia web che consente ai Confidi convenzionati di monitorare l’andamento delle operazioni di finanziamento garantite.

R.ETE. Imprese Italia ha, infine, definito le priorità da dare, in questa fase congiunturale, alle azioni in capo alle imprese associate: sostegno al capitale circolante e a breve termine, ricapitalizzazione delle imprese, ristrutturazione del debito, sostegno alla liquidità. Un’opportunità, quindi, pensata in particolare per le piccole e piccolissime strutture il cui ruolo è fondamentale nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese. “Non siamo fuori dalla crisi ma ci sono segnali positivi da cogliere e da valorizzare” ha detto Passera. “La crisi è stata drammatica e oltre ogni aspettativa, non era ovvio passarla e in Italia è andata meglio che altrove perché hanno tenuto le imprese, naturalmente con una forte selezione, e ha tenuto il sistema bancario”. “Siamo stati al fianco delle imprese italiane quando la crisi ha fatto sentire i suoi effetti più pesanti. Ci fa particolarmente piacere firmare un accordo che diventerà operativo in un contesto migliore rispetto a quello dei mesi passati. Oggi più che mai mondo del credito e mondo dell’impresa devono unire le forze per imprimere una svolta positiva al ciclo economico. Tutti sanno quanto le piccole e piccolissime imprese siano determinati per la crescita e l’occupazione nel Paese: Intesa Sanpaolo non farà mai mancare loro il necessario sostegno”. Occorre “lavorare sulla competitività delle imprese e sul sistema paese, tenere forte la coesione sociale e fare la riforma delle riforme: quella del processo decisionale”.

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Moratoria: le nuove misure anti-crisi

Proroga dei termini per accedere alla moratoria prevista dall’Avviso Comune, allungamento nella durata del mutuo, rinegoziazione dei tassi e spinta per la capitalizzazione aziendale

Mancano gli ultimi dettagli da definire, manca una concreta formalizzazione, manca una sigla ufficiale da parte dei promotori, tuttavia pare ugualmente considerevole la portata del nuovo accordo di massima raggiunto lo scorso 31 gennaio nel corso del tavolo tecnico convocato presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e coordinato da Andrea Montanino, dirigente generale del Dipartimento del Tesoro. La Marcegaglia lo aveva rivelato a margine dell’assemblea generale di Confindustria a Padova: «siamo molto vicini al nuovo accordo sulla moratoria dei debiti delle Pmi. È importante. Abbiamo avuto oggi una riunione e stiamo andando nella direzione appunto di avere una proroga di sei mesi della moratoria e anche verso la possibilità di allungare di ulteriori 2-3 anni i debiti su cui si è fatta la moratoria».

Un accordo “importante”, dunque, che ha inteso introdurre e definire delle ulteriori procedure e modalità di sostegno alle piccole e medie imprese, ancora ben lontane dallo sconfiggere la lunga scia della crisi internazionale. Ad essere coinvolte, oltre a Confindustria e Ministero dell’Economia, sono state anche Abi (associazione bancaria italiana) e tutte le associazioni produttive che rappresentano l’universo delle imprese e che fanno parte dell’Osservatorio permanente sui rapporti banche-imprese, quindi gli originali firmatari del cosiddetto “Avviso Comune” del 3 agosto 2009per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio”.

Quattro, in particolare, sarebbero le novità introdotte dall’intesa.

Innanzitutto pare verrà prorogata di ulteriori sei mesi la possibilità – prevista dall’Accordo Comune per le piccole e medie aziende – di accedere alla moratoria di un anno, la cui scadenza era prevista in origine per il 31 gennaio 2011; in altri termini, le Pmi che non ne hanno ancora usufruito, avranno la possibilità, fino al 31 luglio 2011, di chiedere una moratoria di un anno sui debiti maturati. Già in precedenza (a inizio luglio 2010) era stata spostata di 7 mesi la scadenza del termine per chiedere la sospensione, passando, quindi, dal 30 giugno 2010 previsto nell’Avviso originario, al 31 gennaio 2011; tale scelta era stata a suo tempo salutata con particolare favore dal Presidente dell’ABI, Corrado Faissola, secondo il quale «il varo della proroga evidenzia l’efficacia dello strumento, che ha permesso di far fronte da un momento particolarmente difficile».

Le due proroghe sembrano voler “andare incontro all’esigenza di rendere pienamente operativa la sospensione dei finanziamenti e delle operazioni creditizie e finanziarie con agevolazione pubblica deliberata da numerosi enti pubblici”,

Vale la pena ricordare come i dati ufficiali dell’ultimo monitoraggio, che fotografa l’utilizzo dell’Avviso comune, segnalino 237 mila domande di sospensione pervenute al 31 ottobre 2010, 183 mila delle quali, “tenendo conto dei tempi di istruttoria (circa 30 giorni)”, sono state accolte, corrispondenti ad un debito residuo di quasi 55 miliardi di euro. 230 mila erano state, invece, le domande presentate dalle imprese al 30 settembre 2010 (per un controvalore complessivo di finanziamenti in essere pari a 67 miliardi di euro), 179 mila delle quali (54 miliardi) erano state accolte, sempre considerando i tempi necessari per l’analisi delle domande stesse. Nell’undicesima rilevazione, ad agosto 2010 le domande erano state 225 mila, per un controvalore di 66 miliardi di euro. La dinamica delle domande di moratoria sembra, quindi, mostrare un andamento in positivo, superando di gran lunga i dati rilevati con riferimento alle prime settimane di piena applicazione della misura: le domande pervenute al 31 ottobre 2009 erano state, infatti, circa 46 mila, 27 mila delle quali accolte, per un controvalore di 2 miliardi di euro in mutui sospesi

Il secondo aspetto toccato dall’accordo coinvolge, invece, quelle aziende che già hanno usufruito della moratoria, le quali potrebbero vedersi allungata di due o tre anni la durata del debito, con una rata più contenuta e a condizioni probabilmente differenziate a seconda del tipo di mutuo, ad esempio chirografario (detto di un finanziamento che, essendo di modesta entità, non viene garantito da un’ipoteca, ma semplicemente da un impegno del debitore attraverso sottoscrizione cartacea) o ipotecario.

Con riferimento specifico a questa possibilità di ottenere un’ulteriore dilazione dei termini per la restituzione del finanziamento, vale la pena sottolineare il fatto che il Ministero potrebbe decidere di coinvolgere la Cassa depositi e prestiti, allo scopo di fornire fondi alle banche affinché i finanziamenti protratti nel tempo avvengano a condizioni più favorevoli rispetto a quelle presenti sul mercato. La CDP è, infatti, una “Società per azioni a controllo pubblico: lo Stato [nella figura del Ministero dell’Economia e della Finanza] possiede il 70% del capitale di CDP, mentre il restante 30% è posseduto da 66 Fondazioni di origine bancaria”; il suo ruolo di sostegno alle PMI nell’attuale situazione italiana potrebbe rivelarsi, allora, particolarmente importante e rientrerebbe, certo, nel quadro della più ampia missione istituzionale che essa intende dichiaratamente perseguire, quella, cioè, di “finanziare lo sviluppo del Paese”. In alternativa si potrebbe scegliere di ricorrere al Fondo centrale di garanzia per le PMI, istituito, con Legge 662/96, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, gestito dal Medio Credito Centrale, e avente lo scopo di “facilitare l’accesso al credito”: in questo modo l’allungamento del prestito potrebbe essere effettuato al tasso contrattuale e non al tasso di mercato.

Dal canto loro, alcune banche potrebbero mettere a disposizione delle imprese prodotti finanziari semplici per la rinegoziazione dei tassi: alle aziende che chiederanno il prolungamento, verrà, allora, data la possibilità (e in questo si esplicita il terzo tra i punti principali dell’intesa) di coprirsi dal possibile rischio tassi, chiedendo alla banca che ha sottoscritto il nuovo accordo di mettere loro a disposizione uno strumento finanziario per la rimodulazione del debito; in sostanza si tratterebbe di valutare l’ipotesi del passaggio da un tasso variabile ad un tasso fisso o eventualmente, come già accade per i mutui alle famiglie, ad un tasso variabile con “cap”, cioè con un limite massimo predeterminato oltre il quale il tasso d’interesse non potrà mai salire, anche nel caso in cui i tassi di mercato dovessero superarlo.

L’ultimo dei punti fondamentali trattati dall’intesa riguarda invece la riformulazione di una precedente disposizione, considerata troppo rigida, in materia di capitalizzazione aziendale: la banca potrà intervenire non più, come recitava il testo originario dell’avviso comune, con un finanziamento per un ammontare multiplo della somma messa a disposizione dall’imprenditore per la sua azienda, ma con un finanziamento che si collochi in un rapporto adeguatamente proporzionato con tale somma (un rapporto, quindi, anche del tipo uno a uno o persino un finanziamento pari alla metà del capitale apportato dall’imprenditore).

Viste le intense preoccupazioni che da più parti si erano sentite in vista dell’imminente scadenza del termine fissato al 31 gennaio, si pensa che le disposizioni definite in sede di formalizzazione dell’accordo avranno effetti retroattivi e si sta cercando di accelerare i tempi di tale formalizzazione (la firma dovrebbe avvenire entro le prossime due settimane), per arrivare alla quale sarà necessaria un’attenta valutazione da parte dei vertici ministeriali, dell’ABI e delle associazioni coinvolte (Casartigiani, Confederazione Italiana Agricoltori, Claai, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confedilizia, Confesercenti, Confetra, Confindustria e Legacoop).

Auspica, in particolare, dei tempi rapidi di approvazione Maurizio Fugatti, capogruppo del Carroccio in commissione Finanze alla Camera, esprimendo la propria soddisfazione per l’accordo che – ricorda – era stato «richiesto dalla Lega con un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Economia»: «in un periodo in cui tutti i settori produttivi sono stati messi a durissima prova, dare un riconoscimento alle nostre Piccole e medie imprese, che storicamente hanno fatto da traino all’economia del Paese, ci sembra d’importanza vitale»; «in questo modo – sottolinea – si eviterà di mettere a repentaglio l’equilibrio finanziario delle nostre imprese. La moratoria seguita alla grande crisi che ha colpito tutte le economie occidentali, è stata infatti uno strumento efficace per alleviare le tensioni finanziarie».

 

Anche R.ETE. Imprese Italia – il “soggetto unico di rappresentanza del mondo dell’imprenditoria diffusa” che “intende favorire la promozione e il consolidamento delle imprese come componenti fondamentali del sistema economico e della società civile, nonché il riconoscimento del loro ruolo a tutti i livelli di interlocuzione istituzionale e privata” – pare aver valutato positivamente l’accordo di massima raggiunto poiché, si legge in una nota, esso permetterebbe di “preservare il dialogo e il clima di collaborazione tra le imprese, il sistema bancario e il Governo che si è sviluppato in occasione dell’accordo siglato nel 2009”. Secondo Rete Imprese Italia “l’accordo prevede strumenti utili ad accompagnare gli imprenditori nel percorso di uscita dalla crisi, privilegiando iniziative di crescita e di sviluppo rispetto a operazioni di semplice copertura di perdite relative a finanziamenti pregressi”. Le uniche perplessità, pur non ulteriormente specificate, vengono espresse “sugli strumenti per il contenimento del rischio tasso”.

Facciamo un piccolo passo indietro e cerchiamo di capire quali siano le aziende che possono godere dell’agevolazione e della proroga e in quali termini: l’accordo di massima appena raggiunto prevede che tutte le altre condizioni di accesso all’Avviso Comune del 3 agosto restino invariate, così come le disposizioni della successiva integrazione del gennaio 2010 (Addendum) all’Avviso, riguardante l’estensione dell’accordo alle imprese agricole (“resa necessaria per garantire anche alle imprese agricole un adeguato sostegno finanziario”) e ai finanziamenti con contributo pubblico.

Di conseguenza gli interventi previsti sono (punto 2 dell’Avviso comune):

– operazioni di sospensione per 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate di mutuo;

– operazioni di sospensione per 12 mesi ovvero per 6 mesi del pagamento della quota capitale implicita nei canoni di operazioni di leasing rispettivamente ‘immobiliare’ ovvero ‘mobiliare’;

– operazioni di allungamento a 270 giorni delle scadenze del credito a breve termine per sostenere le esigenze di cassa, con riferimento alle operazioni di anticipazione su crediti certi e esigibili;

A queste operazioni l’Addendum ha aggiunto:

“- operazioni di allungamento a 120 giorni delle scadenze del credito a breve termine stipulato ai sensi dell’articolo 43 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 [relativo al credito agrario e peschereccio], perfezionato con o senza cambiali. Sono esclusi dalla misura i finanziamenti a breve di anticipazione dei premi comunitari.

Sono ammesse, più precisamente, alle operazioni appena descritte “le piccole e medie imprese – come definite dalla normativa comunitaria – con una situazione economica e finanziaria che possa provare la continuità aziendale ma che a causa della crisi presentino difficoltà finanziarie temporanee”; “in particolare, sono ammissibili le imprese che alla data del 30 settembre 2008 avevano esclusivamente posizioni classificate dalla banca ‘in bonis’ e che al momento della presentazione della domanda non hanno posizioni classificate come ‘ristrutturate’ o ‘in sofferenza’ ovvero procedure esecutive in corso” (punto 3 dell’Avviso comune). Deve inoltre essere rispettato un particolare “parametro della dimensione”: l’impresa dovrebbe avere meno di 250 dipendenti e un fatturato minore di 50 milioni di euro (oppure un totale attivo di bilancio fino a 43 milioni di euro).

Chiudiamo, infine, sottolineando i principali obiettivi (punto 1 dell’Avviso) che hanno spinto i promotori dell’iniziativa a varare queste misure, poiché sono proprio tali obiettivi che, pur all’origine di tutto, devono esser fortemente tenuti in considerazione nel valutare qualsiasi ulteriore passo a sostegno dell’attività imprenditoriale piccolo-media, contro il forte lascito della crisi: “favorire la continuità dell’afflusso di credito al sistema produttivo, fornendo alle Piccole e Medie Imprese, come definite dalla normativa comunitaria, con adeguate prospettive economiche, e che possano provare la continuità aziendale, liquidità sufficiente per superare la fase di maggior difficoltà a causa della crisi ed arrivare al momento della ripresa economica nelle migliori condizioni possibili”; promuovere il processo di patrimonializzazione delle PMI, “per le quali le tensioni sono particolarmente acute anche a causa della minore solidità finanziaria”.

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Accordo SACE e Mediocredito Trentino Alto Adige

Un plafond di 20 milioni di Euro destinato a favorire i processi di internazionalizzazione all’interno delle piccole e medie realtà imprenditoriali del Nord-Est

Il tessuto portante del sistema economico italiano è rappresentato, lo sappiamo, dalle piccole e medie imprese, le quali – in un contesto ormai globalizzato e caratterizzato dalla sempre maggiore sfumatura dei confini nazionali – desiderano spesso avviare e consolidare rapporti con interlocutori esteri o estendere la propria presenza nei mercati internazionali. Un tale processo di penetrazione non è ovviamente diretto, ma richiede una precisa pianificazione strategica, un elevato e crescente grado di rischiosità e un coinvolgimento dell’intera struttura imprenditoriale. È da questa precisa consapevolezza che è nato l’accordo di collaborazione tra SACE e Mediocredito Trentino Alto Adige, siglato, più precisamente, il 3 dicembre da Simonetta Acri, Direttore della Sede Territoriale di Venezia di SACE e da Franco Senesi, Presidente di Mediocredito.

SACE è un gruppo assicurativo-finanziario che “offre un’ampia gamma di prodotti e servizi per sostenere le aziende e le banche nel loro business sul mercato domestico ed internazionale”; è attivo, in particolare, nell’assicurazione del credito, nel credito all’esportazione, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring. Offre coperture in ben 181 Paesi e, attraverso una rete di uffici nelle regioni italiane più industrializzate e orientate all’export, risulta sempre più vicina alle piccole e medie realtà imprenditoriali.

Mediocredito Trentino Alto Adige rappresenta una Corporate e Investment Bank che, attraverso il credito a medio e lungo termine, la consulenza finanziaria, le operazioni di finanza straordinaria ed il leasing, si muove in favore delle PMI, per consigliare e assistere negli investimenti in immobili, impianti e macchinari, nelle esigenze di liquidità, nelle ricapitalizzazioni e nelle domande per contributi pubblici.

Lo scopo dichiarato dell’accordo è, allora, quello di sostenere le piccole e medie imprese del Nord-Est Italia nei loro processi di internazionalizzazione ed espansione commerciale all’estero, mettendo loro a disposizione un plafond di 20 milioni di Euro come nuovi finanziamenti da destinare alle attività connesse alla crescita sui mercati esteri. Per avanzare la richiesta di finanziamento, le imprese devono avere un fatturato fino a 250 milioni di Euro, generato per almeno il 10% all’estero e devono presentare un preciso progetto di internazionalizzazione relativamente alla propria attività aziendale.

Le linee di credito vanno da un importo minimo per singolo finanziamento di 50 mila Euro ad un massimo di 2 milioni di Euro e godono della garanzia di SACE fino al 70% dell’importo erogato.

Il finanziamento, che può avere una durata massima di 6 anni, dev’essere finalizzato ad investimenti in Italia e all’estero, relativamente a costi di impianto ed ampliamento, brevetti e marchi, acquisto di immobili, terreni e attrezzature, acquisizione di partecipazioni, realizzazione di joint-venture, costi promozionali e pubblicitari, spese per tutelare il Made in Italy, riqualificazioni e rinnovo degli impianti e dei macchinari e per la realizzazione di impianti per la produzione di energia alternativa.

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Accordo tra sistema camerale e Gruppo Montepaschi

Previsti particolari strumenti finanziari e consulenze personalizzate, volte a sostenere le piccole e medie imprese nel loro processo di internazionalizzazione

La sede della Camera di Commercio di Firenze è stata cornice, nei giorni scorsi, di un accordo-quadro firmato tra alcune strutture del sistema camerale italiano, tra cui Unioncamere Emilia-Romagna, e il Gruppo Montepaschi.

Grazie a questo accordo, le piccole e medie imprese potranno beneficiare di particolari strumenti finanziari e di specifiche professionalità, per ottenere l’assistenza e la consulenza necessarie a favorire le proprie attività commerciali e, soprattutto, i propri programmi di internazionalizzazione.

In rappresentanza di tutte le nove Camere di Commercio della regione Emilia Romagna, è stato Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia Romagna, a siglare l’intesa presso il capoluogo toscano, nella profonda convinzione che l’unione delle forze tra sistema camerale e sistema bancario possa essere d’aiuto nello sviluppo di una piena e sana competitività tra imprese che intendano effettuare degli investimenti nei mercati esteri ed, in particolare, nei Paesi emergenti: l’accordo “consente al sistema camerale e alle banche, integrando le rispettive competenze, di accompagnare ancora più efficacemente le imprese sui mercati esteri soprattutto nei Paesi emergenti, fornendo adeguato supporto anche sul versante finanziario”.

Tra i promotori e firmatari dell’accordo, accanto a Unioncamere Emilia-Romagna e PromoFirenze, vi sono Padova Promex, Promos Milano, Aries Trieste, Vicenza Qualità, Camera di Commercio di Latina, Aspin Frosinone, Concentro Pordenone, Cesp Matera, Intertrade Salerno.

Nel corso delle prossime settimane l’alleanza verrà concretizzata nella specificità dei diversi contesti territoriali, prevedendo, in particolare, un piano di prima consulenza personalizzata rivolta alle imprese e una serie di servizi a supporto finanziario e commerciale per l’estero su attività di prima assistenza (scouting, partecipazione missioni, fiere) e di consolidamento commerciale (studi di mercato e di fattibilità): le imprese coinvolte nell’iniziativa verranno, quindi, seguite nelle loro diverse fasi di sviluppo, rafforzando la propria capacità di competere sui mercati esteri.

Questa stessa volontà di appoggiare e favorire i processi di internazionalizzazione aziendale verrà ribadita, quasi fosse un motto, a “Porte Aperte all’Internazionalizzazione”, il grande appuntamento annuale gratuito per le imprese ferraresi che operano sui mercati esteri, organizzato dalla Camera di commercio di Ferrara, giovedì 2 dicembre, presso il quartiere fieristico di Ferrara. È previsto un programma di conferenze su Paesi e mercati strategici per le imprese e verrà garantita l’opportunità di incontrare singolarmente e gratuitamente i vari esperti e consulenti; Il confronto verrà, inoltre, esteso ai referenti dei Desk di cui la Camera di Commercio dispone sui mercati esteri e ai responsabili di Sace, Simest, Ice, oltre a rappresentanti consolari e diplomatici.

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Accordo Inps e Agenzie delle Entrate contro l’evasione fiscale e contributiva

Banche dati condivise, coordinamento operativo e strategie mirate di intervento, per permettere l’individuazione di eventuali frodi e il conseguente recupero dei crediti, il tutto nel rispetto delle norme sulla privacy

Siglato, giovedì 18 novembre, un accordo tra il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, e il Presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua: si tratta di un accordo bilaterale di durata quinquennale che, instaurando una certa sistematicità nello scambio di informazioni online e potenziando la rete dei controlli, intende primariamente avviare una rapida ed efficace azione di recupero dell’evasione fiscale e contributiva.

Sottolinea Mastrapasqua come «la nuova convenzione tra Inps e Agenzia delle Entrate» confermi «la stretta collaborazione tra due soggetti importanti della Pubblica Amministrazione che perseguono insieme il duplice obiettivo di recuperare risorse per il Paese e di contrastare l’illegalità. L’evasione fiscale e contributiva non produce solo un mancato incasso, ma coincide quasi sempre con una indebita prestazione sociale sotto forma di aiuti e sussidi a chi non ne avrebbe titolo se non fosse evasore. La Pubblica Amministrazione che cambia si contraddistingue per questa duplice attenzione, che si qualifica in un unico obiettivo: il miglior servizio per il Paese».

Alla base dell’accordo vi sarebbero una cooperazione ed un coordinamento di natura operativa, capaci di facilitare l’individuazione di eventuali frodi e il conseguente recupero dei crediti. Per permettere dei controlli incrociati, parti significative dei rispettivi database informatici verranno condivisi: L’Agenzia delle entrate, in particolare, sfrutterà le informazioni presenti nei registri Inps per cogliere la posizione delle imprese nei confronti del Fisco, confrontando eventualmente tale posizione con i risultati degli studi di settore. A sua volta l’Inps avrà libero accesso all’Anagrafe tributaria, allo scopo di verificare la situazione economico-reddituale dei contribuenti (sia persone fisiche, sia aziende e datori di lavoro) e valutarne, quindi, la possibilità effettiva di ricevere prestazioni sociali agevolate.

«Con questa convenzione – afferma Befera – si rafforza una strategia condivisa di recupero dell’evasione che punta sulla collaborazione tra i diversi enti della fiscalità per realizzare analisi di rischio sempre più puntuali ed efficaci. La consultazione e gestione coordinata degli archivi informatici, infatti, ci consente di programmare controlli più selettivi, incoraggiando nello stesso tempo l’adesione spontanea dei contribuenti».

Delle misure tecnologiche all’avanguardia e l’istituzione della figura del cosiddetto “supervisore”, con il compito di abilitare l’accesso ai database, garantiranno, poi, il rispetto delle leggi in materia di privacy, così come prescritto dal Garante.
Vale la pena sottolineare, infine, come l’accordo descritto non si limiti a permettere lo scambio costante di informazioni, ma solleciti la realizzazione di una serie di azioni congiunte e mirate su contribuenti individuati autonomamente dalle due istituzioni, evitando l’inutile sovrapposizione di organi addetti alle ispezioni. Le rispettive strutture regionali di Inps e Agenzia delle Entrare dovranno realizzare periodicamente degli incontri, nel corso dei quali individuare tali strategie mirate di intervento, tenendo conto delle indicazioni fornite a livello centrale.

Accordo CreditAgri Coldiretti e Intesa San Paolo

Il gruppo bancario metterà a disposizione un plafond di 1,5 miliardi di euro per sostenere le imprese agricole associare al sistema

Nato nel dicembre 2006, il Coordinamento Nazionale per il Credito e i Confidi Territoriali del Sistema Coldiretti, in breve CreditAgri Coldiretti è, come leggiamo nel sito di riferimento, “una Associazione che raggruppa i Confidi e le società di mediazione creditizia operanti a livello regionale e interregionale nell’ambito del Sistema Coldiretti”; si tratta di società che, diffuse capillarmente su tutto il territorio nazionale, offrono assistenza e consulenza, in materia di credito e finanza aziendale, a tutte le imprese operanti nel settore agricolo; i Confidi, in particolare, “attraverso il rilascio di garanzie in favore del sistema bancario, sostengono e facilitano l’accesso al credito per le imprese associate”.

È di questi giorni la notizia di un accordo tra CreditAgri Coldiretti, rappresentata dal Presidente Sergio Marini e Intesa San Paolo, personificata da Corrado Passera, consigliere delegato e CEO: il gruppo bancario metterà a disposizione un plafond complessivo di 1,5 miliardi di euro destinato a sostenere le imprese associate al sistema (oltre 1,5 milioni), “garantendo continuità del credito, liquidità per la gestione ordinaria, soluzioni di investimento a favore dello sviluppo produttivo, finanziamenti per la ricapitalizzazione e opzioni di flessibilità per le scadenze dei crediti”.

Un importante passo in avanti – sottolinea Marini – nel «nostro progetto per una Filiera Agricola tutta Italiana», capace di «dare futuro all’agricoltura italiana, valorizzandone le distintività ed il legame con il territorio, con l’offerta di prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori tramite la più estesa rete commerciale nazionale che coinvolge i mercati di campagna amica, i punti di vendita delle cooperative, i consorzi agrari, agriturismi e aziende agricole, ma coinvolgerà anche la rete della ristorazione a chilometri zero e la distribuzione che intenderà partecipare».

A spingere verso una tale unione di intenti e interventi, ci sarebbe – stando alle parole di Passera – la volontà di «agevolare le imprese sul fronte dei finanziamenti e della patrimonializzazione», per «incoraggiare ciascuna delle nostre imprese a recuperare terreno, a innovare, a internazionalizzarsi». L’intento sarebbe quello di «studiare tutte le soluzioni utili per uscire dalla crisi, rafforzando la competitività di questo settore strategico per la nostra economia e favorendo così il rilancio della crescita economica del nostro Paese».

Entrando un po’ più nel dettaglio, possiamo cogliere, in una nota diffusa da Coldiretti, quattro specifiche aree d’azione previste dall’accordo: la prima riguarda il finanziamento per interventi di sviluppo produttivo, quindi per investimenti a medio-lungo termine utili “per l’acquisto e la realizzazione di macchinari e attrezzature agricole, impianti fotovoltaici, ammodernamenti, manutenzione e ristrutturazione, riordino fondiario”.

In secondo luogo troviamo i finanziamenti, della durata massima di cinque anni (con estensione fino a 10 in presenza di garanzie reali), destinati ad un rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese, entro periodi predefiniti.
Finanziamenti, poi, “di credito agrario (durata massima 18 mesi) e prestiti agrari di gestione che consentono alle imprese agricole di fare fronte alle esigenze di liquidità per anticipo di contributi […], spese di gestione, per servizi, distribuzione e promozione commerciale, ed esigenze creditizie connesse al riequilibrio finanziario”.

Infine l’accordo interviene in merito alla flessibilità dei finanziamenti, stabilendo la possibilità – per le PMI che “presentino una situazione economica, finanziaria, patrimoniale e organizzativa che possa garantire la continuità aziendale” – di richiedere un rinvio fino a 12 mesi nel pagamento delle quote capitale delle rate di mutui o leasing.

Interventi finanziari ben mirati, dunque, e volti ad affiancare le aziende agricole ed agroindustriali “in un percorso di recupero di solidità e liquidità”, capace di dare piena dignità ad un settore, quello dell’agricoltura italiana, che, in quanto a “qualità, tipicità e salubrità” nella produzione, non ha rivali in Europa e nel mondo: “la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana […] è oltre il triplo di quella USA, doppia di quella inglese, e superiore del 70 per cento di quelle di Francia e Spagna”.

Tuttavia, per porre rimedio al ridotto potere contrattuale delle imprese agricole nella filiera agroalimentare, Coldiretti già era intervenuta con un progetto volto a creare una “Filiera agricola tutta italiana”, capace di sostenere il reddito degli agricoltori “eliminando le distorsioni e tagliando le intermediazioni con l’offerta attraverso la rete di consorzi agrari, cooperative, farmers market, agriturismi e imprese agricole di prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo”.

L’intesa stabilita in questi giorni non rappresenta, allora, altro che un ulteriore avanzamento nel processo di valorizzazione di alcune strutture d’eccellenza italiane e c’è da augurarsi che, grazie alla presenza strategica sia delle strutture territoriali di Coldiretti (19 federazioni regionali, 97 federazioni provinciali e interprovinciali, oltre 724 uffici di zona), sia delle 21 banche della Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo (presenti nel Paese con 5.700 filiali), alle lodevoli intenzioni facciano seguito dei risultati concreti.

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Accordo tra MSE e IPZS sulla lotta alla contraffazione

Puntare su sistemi tecnologicamente avanzati sembra essere la soluzione individuata da tale accordo, al fine di ridurre un fenomeno ormai dilagante

È stata presentata al pubblico come la sfida dell’innovazione tecnologica contro i prodotti falsi. Alla base vi è la ferma volontà di tutelare la proprietà industriale e di promuovere delle soluzioni originali (tecnologicamente parlando) per combattere un problema che sembra essere dilagante nel territorio italiano, sia per estensione fisica, sia per trasversalità degli ambiti industriali coinvolti.

Stiamo parlando dell’accordo stipulato tra la Direzione generale per la Lotta alla contraffazione – UIBM del Ministero dello Sviluppo Economico, personificato dall’avv. Loredana Gulino, e l’Istituto Poligrafico Zecca dello Stato, rappresentato dal suo Presidente, il dott. Roberto Mazzei.

La firma, in particolare, è stata apposta per un protocollo della durata biennale, grazie al quale – sottolinea il Ministero in un comunicato stampa – “viene riconosciuto il rilevante contributo che l’Istituto Poligrafico può dare per il potenziamento di specifici strumenti innovativi allo scopo di arginare il fenomeno della contraffazione”, considerando poi gli interventi passati, realizzati dallo stesso Istituto, nell’ambito della produzione di contrassegni anticontraffazione per prodotti sottoposti a controllo, e della realizzazione di sistemi di tracciatura e sicurezza per i prodotti farmaceutici. Ricorda, a tal proposito, Mazzei che «il Poligrafico, grazie alle esperienze e competenze acquisite nel corso degli anni nel settore delle soluzioni/prodotti di sicurezza e nei sistemi di tracciatura, è oggi in grado di rispondere anche alle esigenze delle PMI»; egli estende poi la riflessione, considerando l’intesa come un ulteriore passo in avanti a tutela dell’intera società, «delle imprese, dei cittadini e dello Stato».

Un delitto, quello che si cerca di arginare, previsto nello stesso Codice penale, che, all’articolo 473, cerca di delineare le diverse linee operative nel caso di “contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali”.

Ciò che è davvero originale nel patto è, però, la presa di coscienza in merito all’importanza di uno sfruttamento, funzionale alla legge, di strumenti tecnicamente avanzati, in una materia che, spesso e volentieri, ha visto, proprio in tali strumenti, un nemico dichiarato.

Lo stesso avvocato Gulino punta l’accento sull’importanza di sistemi dall’elevato valore tecnologico, al fine di giungere alla tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti, e rendere, quindi, possibile «verificare con certezza e sistematicità l’originalità del prodotto, fornendo un’adeguata tutela all’impresa riguardo eventuali forme di responsabilità relative al rispetto delle norme di protezione della proprietà industriale».

Nei prossimi mesi sono previste una serie di misure ed iniziative in attuazione degli obiettivi dichiarati in fase di accordo: si tratterà di interventi di semplice natura informativa, accompagnati da interventi di natura operativa, legati in primo luogo all’individuazione delle soluzioni tecnologicamente più avanzate.

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Accordo Eurofidi-BNL per dare sostegno alle PMI

Un plafond di 50 milioni di Euro per le aziende attive principalmente in Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche e Piemonte e una garanzia di Eurofidi che può arrivare fino al 60%

Grazie alle nostre politiche di sviluppo e alla costante attenzione per il territorio, siamo diventati in oltre trent’anni di attività un importante punto di riferimento per il reperimento di risorse finanziarie da parte del mondo delle piccole e medie imprese. L’intesa di oggi, permettendo alle PMI delle sei regioni interessate di usufruire di una rilevante occasione di crescita, sottolinea ulteriormente questo ruolo”.

Con queste parole, il Presidente di Eurofidi, Giuseppe Pezzetto, ha salutato, pochi giorni fa, la partnership siglata tra “il più importante confidi a livello nazionale per volume di finanziamenti e garanzie prestate” e la Banca Nazionale del Lavoro (BNL), “fra le prime banche Italiane”, che dal 2006 è entrata a far parte del Gruppo BNP Paribas.

L’obiettivo dichiarato è quello di affiancare e, quindi, aiutare le piccole e medie imprese sia nella gestione della loro attività ordinaria, sia nelle loro esigenze di consolidamento e sviluppo, favorendo, in particolare, dei fertili processi di internazionalizzazione.

L’accordo consiste sostanzialmente in un plafond di 50 milioni di Euro, messo a disposizione delle PMI dalla BNL, con una garanzia, da parte di Eurofidi, che potrebbe arrivare a coprire fino al 60% del finanziamento erogato.

Per comprendere meglio l’attività di Eurofidi, facciamo un piccolo passo indietro e, affidandoci alle stesse parole usate dalla società, proviamo a capire cosa si intenda per confidi: essi sono “organismi (consorzi con attività esterna, società cooperative, società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative) istituiti per offrire una garanzia accessoria e, quindi, per favorire l’accesso al credito da parte delle imprese associate”. In altre parole, un modo per dare alle imprese la possibilità di ottenere un maggior credito dal sistema bancario, garantendo in parte le linee di credito concesse e favorendo, quindi, il rapporto, non sempre facile, tra banca e impresa.

A fine aprile 2010, Eurofidi ha concluso il suo processo di trasformazione in intermediario finanziario vigilato, ossia in un organismo soggetto al controllo della Banca d’Italia, attraverso la sua iscrizione all’elenco speciale di cui all’art. 107 del cosiddetto “Testo Unico Bancario” (d.lgs. 385/93). In tali vesti, la garanzia rilasciata da Eurofidi assume, per le imprese, un valore del tutto speciale, poiché “trasmette la ponderazione riconosciuta da Banca d’Italia sulla parte garantita, permettendo di ampliare la capacità di accesso al credito. La trasformazione comporta vantaggi tangibili anche per le banche che, in linea generale, possono diminuire l’assorbimento di capitale e dispongono di un garante più solido e più strutturato”.
Come si evince dalle parole di Pezzetto riportate, le aziende individuate come destinatarie del beneficio sono quelle che, appartenenti a tutte le categorie merceologiche, risultano essere attive principalmente in sei aree territoriali italiane: Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Marche e Piemonte.

Oltre al Presidente di Eurofidi, a firmare l’accordo è intervenuto anche Marco Tarantola, Responsabile Rete Territoriale, Divisione Retail & Private BNL, il quale ha inteso sottolineare l’importante ruolo di sostegno alla crescita imprenditoriale svolto dalla Banca da lui rappresentata: “Questo nuovo accordo rappresenta un’ulteriore conferma del ruolo di BNL come banca di riferimento anche delle piccole e medie imprese. Siamo accanto agli imprenditori direttamente sul territorio e, come un vero e proprio “partner”, li accompagniamo nei loro processi di crescita, tanto nel mercato domestico, quanto a livello internazionale, grazie anche all’appartenenza di BNL al Gruppo BNP PARIBAS, attivo in oltre 80 paesi nel mondo”.
Questo particolare orientamento della BNL alla soddisfazione delle esigenze di sviluppo aziendale è, del resto, in linea con altre sue recenti iniziative, prima fra tutte la realizzazione di “Crediazienda”. Si tratta di un pacchetto di soluzioni che punta ad assistere le aziende nei propri investimenti materiali e immateriali, nel finanziamento delle scorte di magazzino, nell’acquisto di servizi reali, e ad offrire sostegno alle start up.

Il riferimento alla radicazione sul territorio dell’attività bancaria, che si legge nelle parole di Tarantola, è poi confermato dall’attuale inaugurazione di nuove agenzie in alcune Regioni cui la partnership si riferisce (tra queste, Bologna, Novara, Roma e provincia, Pavia). Anche a livello nazionale, l’intento è di riuscire a realizzare un piano di accrescimento della rete, attraverso l’apertura, in media, di una cinquantina-sessantina di nuove agenzie ogni anno, fino al 2012.

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