Una recente indagine condotta da Nielsen spinge a riflettere sulla portata del fenomeno e-commerce, sulle sue più attuali tendenze e sulle radicali modificazioni introdotte nelle abitudini d’acquisto dei consumatori





Una recente indagine condotta da Nielsen spinge a riflettere sulla portata del fenomeno e-commerce, sulle sue più attuali tendenze e sulle radicali modificazioni introdotte nelle abitudini d’acquisto dei consumatori
Pubblicato da robertabarbiero in 5 settembre 2012
https://robertabarbiero.wordpress.com/2012/09/05/lo-shopping-nellera-della-mobile-mania-e-del-web-2-0/
Un rapporto di comScore sottolinea la potenziale diffusione dei messaggi veicolati dalle pagine Facebook tra gli amici dei fan e impone una riflessione circa le nuove frontiere del marketing
Non serve un intuito particolare per rendersi conto di quanto rilevante sia ormai diventata la presenza delle piattaforme di social network all’interno della rete, presenza che non può non essere presa in seria considerazione da una valida attività di promozione aziendale, relativa a prodotti o servizi offerti.
Le possibilità offerte da questi canali sono moltissime, prime fra tutte quelle di far conoscere la propria azienda, di veicolare visite sul proprio sito web principale e di migliorare la propria reputazione. Tali canali possono rappresentare, in sostanza, un nuovo strumento pubblicitario per far parlare il proprio marchio e l’universo di valori ad esso riferito, ma, perché ciò avvenga, essi devono essere integrati in una politica di web marketing adeguata, che imponga una riformulazione dei tradizionali approcci. Il primo punto da tenere ben presente quando si decide di intraprendere questa affascinante strada è che essa richiede tempo e sforzi per ottenere dei risultati che possano dirsi significativi: a differenza di un sito web, un canale sociale non può rimanere invariato per molto tempo, ma impone aggiornamenti costanti e richiede delle competenze particolari, come la predisposizione al contatto diretto con la clientela; i contenuti devono essere diversificati, in relazione alle peculiarità del mezzo utilizzato e della clientela potenziale che si desidera raggiungere; è importante cercare di incuriosire i visitatori, magari attraverso le funzionalità multimediali messe a disposizione, in modo che si riesca a stimolare la conversazione attorno alla propria attività imprenditoriale; fondamentale è, poi, la capacità di rimanere in costante ascolto degli utenti, rispondendo prontamente ad eventuali domande, commenti e, soprattutto, critiche. Due nuove discipline si sono sviluppate attorno a questa attività di promozione all’interno dei social media, il Social Media Optimization (SMO) e il Social Media Marketing (SMM), e l’impostazione che le contraddistingue si appoggia su quelle che Marco Maltraversi – rifacendosi a Jason Jantsch – definisce le quattro C: Contenuto, Contesto, Connettività, Community (M. Maltraversi “SEO e SEM, Guida avanzata al Web Marketing”, 2011, p. 338).
A tal proposito, una recente relazione dal titolo “The power of Like”, frutto della collaborazione tra comScore e Facebook, si è occupata della natura e della frequenza dell’accesso ai contenuti generati da alcuni brand sul famoso social network; tale relazione è basata principalmente sui risultati ottenuti nel mese di maggio 2011 da comScore Social Essentials (un servizio di misurazione basato su un panel di 2 milioni di utenti), ma include anche le rilevazioni della piattaforma di analisi interna a Facebook. Con un pubblico statunitense pari a 160 milioni di visitatori al mese (circa 3 su 4 utenti della rete) e con una percentuale di tempo trascorso pari al 90% del totale di tempo trascorso su tutte le piattaforme simili, Facebook – sottolinea il rapporto – risulta sicuramente il social network dominante nell’attuale contesto temporale. La sua evoluzione è stata a dir poco impressionante, dato che molte persone a digiuno di conoscenze informatiche si sono avvicinate al web al solo scopo di utilizzare Facebook: la potenza del passaparola, la forza dei legami sociali, il fascino del pettegolezzo da portinaia.
Da quanto emerge, Facebook avrebbe ridefinito non solo il panorama dei media digitali, ma, nel percorrere questa strada, sarebbe arrivato a modificare radicalmente anche le modalità e l’entità di diffusione dei messaggi pubblicitari: brands e consumatori vivono ora in un rapporto dialettico diretto, formato dalla condivisione di contenuti, notizie e feedback; la novità maggiore, tuttavia, si riscontra a livello di viralità nella trasmissione dei messaggi, accelerata dalla possibilità data agli utenti di condividere informazioni sul brand con i propri amici.
Le pagine fan rappresentano lo strumento principale del marketing su Facebook, usate per promuovere i propri prodotti, servizi e la propria attività: è possibile scegliere tra oltre sessanta categorie da cui iniziare a creare la pagina e, ovviamente, ai fini dell’ottimizzazione sui motori di ricerca, è necessario completare tutte le informazioni richieste, così da renderla unica e più interessante. Le numerose applicazioni disponibili permettono una ulteriore personalizzazione e l’attenzione deve essere posta anche nella scelta del nome da dare alla pagina (e alla vanity URL corrispondente, possibilità, questa, offerta dopo che si hanno raggiunto almeno 25 fan), che apparirà come title e come H1 nel codice sorgente e, una volta scelto, non potrà essere cambiato. Da martedì 26 luglio i responsabili del social network hanno messo a disposizione una pagina dedicata esclusivamente alle imprese di piccole, medie e grandi dimensioni (per ora solo in lingua inglese), che intendano utilizzare questo canale per incrementar il proprio business: in un contenitore unico sono state fornite e organizzate tutte le indicazioni relative alle possibilità offerte per gestire al meglio la propria presenza e reputazione. La scelta in direzione di un rafforzamento del rapporto tra Facebook e aziende potrebbe non essere, tuttavia, del tutto causale: essa nasce in risposta alla chiusura, da parte di Google+, di alcuni profili aperti dalle imprese sulla nuova piattaforma, e rientrerebbe, quindi, in un piano di controffensiva al consenso di pubblico avuto dal social network di Google.
Se da una parte si innalzano le aspettative delle aziende per simili potenzialità, dall’altra crescono le loro preoccupazioni per le difficoltà nel riuscire a sfruttare a pieno le funzionalità di questi media emergenti: in uno studio condotto dalla Harvard Business Review solo il 12% delle imprese esaminate ha dichiarato di essere utente effettivo di social media e solo il 7% si è detto capace di integrare davvero tali canali nelle proprie strategie di marketing. Come a dire che il terreno rimane ancora tutto da esplorare.
Il problema principale, ci dicono i promotori del rapporto comScore, sta nel fatto che i metodi tradizionali di valutazione della social activity d’impresa si sono concentrati su conteggi statistici relativi all’incidenza di questo tipo di contenuti pubblicitari e, ad un livello successivo, sulla sua categorizzazione in positivo o negativo, senza considerare la misura o la composizione dell’audience che ha ricevuto quel contenuto. Un simile approccio prende in considerazione il punto di vista dei soli creatori del messaggio e prescinde da una reale comprensione dell’entità di distribuzione. Al contrario un approccio come quello usato nel rapporto, basato sull’estensione e la frequenza dell’audience, sull’effetto del messaggio nell’audience, offre al brand la possibilità di delineare il profilo dei vari pubblici raggiunti con diversi tipi di contenuti pubblicitari e di capire il reale impatto di questi contenuti, permettendo, di conseguenza, l’integrazione con le altre parti del marketing mix.
Per questo motivo, nell’improntare una qualsiasi strategia di penetrazione nel canale, bisogna considerare il fatto che ci sono due fondamentali pubblici destinatari della comunicazione aziendale: i fans del brand (quelli che hanno esplicitamente cliccato sul “mi piace” della pagina riferita al brand), che sono i più facili da raggiungere con azioni dirette, e gli amici di questi fans, che constituiscono un potenziale incrementale di pubblico. Questo significa che quando l’azienda lancia un messaggio può sperare di contare non solo su un effetto diretto ai propri fans, ma anche su un effetto secondario tra i loro amici, che spesso sorpassa l’entità di diffusione tra i soli fan.
Veniamo ora ad alcuni dei dati più rilevati evidenziati nel rapporto: il 27% del tempo trascorso dagli utenti su Facebook è dedicato alla visualizzazione di homepage e, in particolare, dei news feed (la colonna centrale della home page, in sostanza “un elenco sempre aggiornato di contenuti delle persone e le pagine di cui sei seguace su Facebook”); il 21% è rivolto, invece, alla visualizzazione dei profili; il 17% a sfogliare gli album con le foto dei propri amici; il 10% è destinato all’utilizzo di applicazioni e il restante 25% è occupato da tutte le altre possibili attività.
Da ciò deriva che gli utenti tendono ad informarsi circa le ultime novità del brand principalmente attraverso i newsfeed, piuttosto che aprendo direttamente la pagina relativa: da una parte questo permette la moltiplicazione della visualizzazione, che si estende anche agli amici dei fan (si parla di 34 persone in più per ogni fan che segue un brand), dall’altra l’aggiornamento dei newsfeed potrebbe essere troppo veloce perché venga visualizzato e questo in relazione al numero di amici posseduti. ComScore ricorda anche un ulteriore limite nella diffusione delle informazioni attraverso Facebook: in media un messaggio pubblicato da un utente raggiunge il 12% dei suoi contatti, a causa di una formula matematica, chiamata EdgeRank, che seleziona i profili sui quali apparirà l’aggiornamento di status, a partire da particolari parametri. Si rende quindi necessario un aggiornamento costante dei propri post, pur evitando di creare noia e disturbo agli utenti, eccedendo nella quantità (la conseguenza potrebbe essere l’abbandono del nostro profilo aziendale da pare di un utente infastidito).
Il rapporto ha poi focalizzato la propria attenzione sulle pagine di tre fra i maggiori marchi statunitensi, Starbucks, Southwest e Bing, cercando di quantificare l’effetto di moltiplicazione del messaggio in esse veicolato. Ne deriva, ad esempio, che gli amici dei fan visitano il sito della marca di riferimento più spesso di quanto non faccia l’utente medio della rete.
Uno stesso brand solitamente aggrega profili demografici e comportamentali piuttosto eterogenei, indicando la necessità, appunto, di strategie di marketing del tutto nuove.
Il valore di un fan, conclude allora comScore, risiede in tre punti fondamentali: nell’incremento della forza e della fedeltà nel rapporto tra brand e fan, nello stimolare il comportamento d’acquisto di quest’ultimo e nella possibilità di influenzare i suoi amici.
Pubblicato su: PMI-dome
Pubblicato da robertabarbiero in 4 agosto 2011
https://robertabarbiero.wordpress.com/2011/08/04/marketing-sociale-quando-un-like-diventa-virale/
Secondo ComScore sarebbe Android ad esercitare la maggiore pressione tra i competitors degli smartphone
Stando a ComScore, una delle più autorevoli società di ricerca per il marketing via web, a crescere maggiormente nel mercato statunitense degli smartphone sarebbe attualmente Android.
Il sistema operativo di Google avrebbe totalizzato ben 5 punti percentuali in più nel trimestre finanziario conclusosi a luglio, rispetto al precedente.
I risultati della ricerca, dopo aver rilevato una crescita dell’11% tra i possessori di smartphone negli States (53,4 milioni di persone), confermano tuttavia la posizione di leader del mercato per Research in Motion, che detiene una quota pari al 39,9%.
La società canadese ha chiuso il suo secondo trimestre con una crescita dell’utile netto pari al 68% (da 475,6 è passata a 796,7 milioni di dollari) rispetto all’anno precedente. Il suo giro d’affari è aumentato del 31%, arrivando a 4,62 miliardi di dollari. I dispositivi Blackberry venduti hanno oltrepassato i 12,1 milioni (con una crescita del 45% rispetto al 2009), mentre i nuovi abbonamenti sono stati 4,5 milioni.
Eppure, secondo quanto riportato da ComScore, RIM dovrebbe iniziare a temere la pressione esercitata da Android, dato che la propria quota di mercato sarebbe scesa dell’1,8% rispetto al trimestre precedente.
Anche in riferimento ad Apple e Microsoft, ComScore ha evidenziato una contrazione di share, rispettivamente dell’1,3% e del 2, 2%.
La prima rimane, allora, al terzo posto nel mercato statunitense con un 23,8%, mentre la seconda, nonostante l’imminente uscita del suo Windows Phone 7, retrocede al quarto posto, con una fetta pari all’11,8%, in favore di Google.
Nessuna variazione per Palm, che, acquistata nell’aprile di quest’anno da Hewlett-Packard, è rimasta ancorata al suo 4,9%.
I dati evidenziati sembrano, in qualche modo, confermare il trend di crescita prospettato per Android da alcune indagini su scala mondiale, tra le quali vale la pena ricordare quella realizzata nelle scorse settimane dal famoso advisor Gartner, che vede appunto l’Android di Google conquistare, entro il 2014, il secondo posto nella classifica mondiale dei mobile Os, con una quota pari al 29,6%, contro l’esiguo 3,9% misurato nel corso del 2009.
Pubblicato su: pmi-dome
Pubblicato da robertabarbiero in 20 settembre 2010
https://robertabarbiero.wordpress.com/2010/09/20/android-insidia-il-primato-di-rim/
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