I dati emersi dalla seconda edizione dell’Osservatorio Smau-School of management Politecnico di Milano rivelano una crescita del 13% del mercato digitale consumer, imponendo una riflessione sull’importanza dell’esperienza digitale
Arrivati a questo punto, forse Nicholas Negroponte direbbe che lui già l’aveva detto e in tempi sicuramente tutt’altro che sospetti. Con la minuziosa attenzione dello scienziato e con la sapiente carica dirompente del visionario, egli descriveva “l’essere digitali” come un modo di vivere, come un qualcosa che è ormai inevitabilmente parte della nostra realtà, come una rivoluzione che assume le caratteristiche dell’ossimoro, nel momento in cui implica un abbandono della realtà fisica fatta di cose palpabili e l’adesione ad un mondo senza confini, globale, simile a quello esperito dal bambino. Dall’atomo al bit, che “non ha colore, dimensione o peso”, che “può viaggiare alla velocità della luce”, che rappresenta “il più piccolo elemento atomico del DNA dell’informazione” e che, infine “è un modo di essere” [N. Negroponte, Essere digitali, Sperling & Kupfer, 1995].
Certo a distanza di dieci anni di cose ne sono cambiate molte, ma sicuramente le teorie di Negroponte trovano, ancora oggi, piena applicazione e anzi, a quella grande “rivoluzione” che è il passaggio al digitale, si accompagnano tante “microrivoluzioni”. Come sottolinea, ad esempio, Matteo Discardi con riferimento alle modalità sensoriali di approccio al nuovo dispositivo iPad, dove “la sola interazione eseguibile con un doppio tap su di un punto nel display, che permette di ingrandire o rimpicciolire parte della visualizzazione”, “diviene irrinunciabile dopo il primo tentativo, una interazione naturale ma estremamente importante” [M. Discardi, iPad, Mondadori 2010].
Ciò che, tuttavia, ci preme sottolineare in questa sede è non solo la portata sociale e culturale del fenomeno di convergenza al digitale, ma anche la sua portata economica.
La nostra testata telematica vi ha già dato brevemente notizia della sorprendente fotografia dei mercati digitali italiani che emerge dalla seconda edizione dell’Osservatorio Smau – School of Management del Politecnico di Milano. La ricerca è stata illustrata a Milano, nell’ambito della conferenza stampa di presentazione di Smau 2010 (acronimo di Salone Macchine e Attrezzature per l’Ufficio), la 47ª edizione dell’esposizione internazionale di Information and Communication Technology, un “appuntamento di riferimento per imprenditori, decisori aziendali, dirigenti delle Pubbliche Amministrazioni e operatori del settore interessati a sviluppare il proprio business attraverso le soluzioni tecnologiche più avanzate, i migliori partner e i casi di successo più significativi”, come si legge nel sito dedicato. Aprendo una piccola parentesi, le stime parlano di oltre 46 mila visitatori per quest’evento della durata di tre giorni, dal 20 al 22 ottobre, che si comporrà di una parte espositiva e un’articolata offerta di convegni e incontri (workshop).
Nonostante Smau sia una fiera pensata principalmente per un approccio di tipo business to business, la ricerca presentata ieri ha inteso analizzare la dinamica dei mercati digitali consumer, cioè l’insieme di quei mercati rivolti al consumatore finale e basati su piattaforme digitali: Internet (non solo navigazione, ma anche servizi di e-mail e instant messaging), Sofa-Tv (intendendo, con questo termine, tutte le televisioni digitali che vengono fruite tipicamente tramite lo schermo televisivo, per così dire, “tradizionale”) e Mobile. Nel 2010 tali mercati hanno registrato un tasso di crescita pari a 13 punti percentuali, rispetto al 2009, generando, di conseguenza, un giro d’affari complessivo di 11,5 miliardi di Euro. Precisiamo che la ricerca ha indagato su: vendite di prodotti e servizi non digitali tramite canali digitali; vendite di contenuti e servizi digitali a pagamento tramite canali digitali; advertising realizzato in qualsiasi forma, purché veicolata da canali digitali. Esclusi, invece, sono stati i ricavi derivanti dall’accesso e dal traffico dati, dalla vendita di device hardware ed, infine, dalla vendita di contenuti digitali (ad esempio giochi) su supporti fisici.
Date queste premesse, cerchiamo di comprendere più da vicino i risultati dell’analisi. Vediamo subito che quasi la metà del mercato (più precisamente il 47%, corrispondente a 5.420 milioni) deriva dalla vendita di prodotti e servizi non digitali su Internet: stiamo parlando del cosiddetto e-commerce Business to Consumer, in crescita del 15% rispetto al 2009. L’analisi si spinge a rilevare come viaggi, elettronica di consumo, assicurazioni, editoria, musica e abbigliamento rappresentino l’ambito d’acquisto prediletto dagli italiani, nel periodo preso a riferimento. Un accenno di crescita anche per le transazioni realizzate tramite dispositivi cellulari (si parla, a tal proposito, di m-commerce), che raggiungono un valore di “qualche milione di Euro, grazie soprattutto alla vendita di biglietti da parte di Trenitalia”.
Il 39% del mercato, pari a 4.564 milioni, è rappresentato dai contenuti digitali (e-content) e dai servizi a pagamento, in crescita del 7% rispetto all’anno scorso. A spingere sono state soprattutto le vendite di abbonamenti premium sulle tv digitali (con un incremento del 6%) e l’esplosione di giochi e scommesse nel Web, cresciuti di oltre il 30%. In calo, invece, sembra essere l’acquisto di contenuti e servizi – come suonerie, giochi e musiche – sul cellulare…con una battuta, potremmo dire che, forse, il gattino Virgola non sarà più la “stella del telefonino”, ma al suo posto sarà il nuovo paradigma delle applicazioni a dettare la dinamica della fruizione.
Il restante 14% del mercato (1.587 milioni) è costituito dalla pubblicità veicolata da piattaforme digitali, cresciuta del 20% rispetto al 2009. Più precisamente, ha registrato l’aumento maggiore (+30%) la pubblicità sulla tv digitale, seguita, con un +18%, da quella effettuata in Internet. Stabile il valore riferito per le piattaforme Mobile.
I diversi siti che nelle scorse ore hanno riportato la notizia, pongono l’accento sulla controtendenza, rispetto ad una crisi generalizzata, di un mercato che sappia puntare sul digitale. Ecco allora che, quelli che in apparenza sembrano essere solo dei numeri, potrebbero in realtà rivelare alle imprese la chiave di volta per le loro attività. Prendere coscienza dell’enorme portata del cambiamento in atto ed immergersi nel flusso da esso generato: questo sembra essere il suggerimento.
Come sottolinea Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’Osservatorio, «la digitalizzazione è forse il fenomeno che – più di ogni altro – sta cambiando radicalmente il modo di vivere degli italiani: a livello di acquisti, di intrattenimento e di accesso ai media. Avere un quadro chiaro dei mercati digitali e delle loro interconnessioni sempre più spinte è una necessità per riuscire a cogliere con successo la sfida della digitalizzazione».
Evidenzia, ancora, Pierantonio Macola, amministratore delegato Smau, come i canali digitali siano, appunto, i più pervasivi nel mondo business e, ancor più, in quello consumer: «forte di questa consapevolezza, abbiamo potenziato gli eventi e le iniziative formative e informative in questo ambito. In particolare […] SMAU proporrà un laboratorio di Marketing Digitale, curato dalla stessa School of Management del Politecnico di Milano, che focalizzerà l’attenzione sul ruolo dei social media come strumento a supporto di tutto il processo di marketing. Infine, un’arena dedicata al Marketing Digitale e all’e-Commerce vedrà il susseguirsi, nei tre giorni di evento, di 50 tra i massimi esperti del settore, che parleranno delle potenzialità di Facebook, Youtube e Twitter per il business e degli strumenti di advertising online, sempre più diffusi ed efficaci».
Certo la grossa fetta di mercato conquistata dal commercio elettronico e dalla pubblicità in rete si posizionano ancora sul piano della similitudine – per usare una terminologia letteraria – non su quello tipico della metafora, o, ancor meno, della sinestesia: l’esperienza realizzata dall’utente che acquista tramite la rete sembra, in buona misura, imitare la realtà fisica e, se da una parte implica una certa alfabetizzazione al mezzo digitale, dall’altra rivela un certo attaccamento alle strutture logiche della materialità.
Tuttavia, quel 39 % riferito al mercato dei contenuti digitali, credo possa farci riflettere su come le nuove tecnologie non abbiano semplicemente condizionato la vita dell’uomo, ma costituiscano una parte integrante della realtà da lui esperita, evolvendosi ovviamente in rapporto dialettico con essa. In tal senso, i dati emersi sembrano confermare quanto i cosiddetti “nuovi media” digitali rappresentino degli strumenti in continua trasformazione, che si fanno “attori principali di una complessiva rielaborazione delle risorse culturali: su di essi si incrociano le variabili sociali, economiche e ideali di una società in trasformazione che vanno a definire progressivamente nuove pratiche comunicative, nuovi linguaggi e nuove forme di gestione e distribuzione della conoscenza” [U. Guidolin, Pensare digitale, McGraw-Hill, 2005].
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