È un network per non vedenti. Ma mostra alcune potenzialità per l’ideazione di nuovi format innovativi nel mondo dell’informazione e della comunicazione. È FreeRumble
Si autodefinisce “il primo social network audio sul web”.
È FreeRumble, il sito nato da un’idea che Sonia Topazio – la giornalista, attrice e scrittrice scelta dalla rivista Playmen per il calendario 2000 e attualmente a capo ufficio stampa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – ha sviluppato nel marzo 2010, quando l’attenzione dei media era tutta concentrata sull’eruzione del vulcano islandese: vista l’urgenza di quella situazione, la Topazio scelse di farsi inviare un file audio Mp3 direttamente dall’Islanda, contenente gli aggiornamenti più recenti, e di inviarlo alla propria mailing-list di blogger e giornali al posto del più tradizionale comunicato stampa.
Dopo essersi accorta che alcuni autorevoli mensili di scienza online avevano inserito tra le proprie pagine virtuali direttamente l’audio originale, volle seguirne l’esempio postandolo a sua volta in uno specifico social network audio, salvo rendersi conto del fatto che non esisteva ancora una simile piattaforma.
«Come spesso succede, quando c’è un’idea devo produrla, devo crearla», rivela in occasione della presentazione ufficiale, avvenuta giovedì 20 ottobre a Roma, presso Palazzo Marini.
«Contemporaneamente ho pensato anche a quei 45 milioni di ciechi e ipovedenti al mondo che sono tagliati fuori dai più grandi social network in questo momento sulla rete: su Youtube vengono pubblicizzate al 95% le immagini, su Facebook si postano fotografie»; «e poi ho anche pensato che in questo momento storico in cui tutti vogliono apparire» fosse importante «riappropriarsi della facoltà di ascoltare».
Ha riportato poi velocemente il percorso fatto per giungere alla concretizzazione del progetto: «i primi consigli li abbiamo avuti da Gianni Politoni che è una persona cieca che però usa il computer e ci ha aiutato a capire come costruire questo sito; poi mi sono avvalsa dell’Osservatorio siti internet dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e, insieme con la Tabasoft, abbiamo costruito FreeRumble; sia l’UICIECHI, che l’Associazione Nazionale Disabili Visivi […] hanno degli archivi audio che, chissà per quale motivo, forse perché non c’era ancora FreeRumble, tenevano nascosti; invece mettendoli su FreeRumble la vera ghettizzata mi sono sentita io che ho dieci decimi a occhio», perché «c’è un mondo» del tutto sconosciuto ai più.
FreeRumble è stato, infatti, promosso come il primo social utilizzabile da tutti, anche da quella cerchia di persone non vedenti che quotidianamente incontra notevoli difficoltà nel dare seguito al proprio desiderio di condivisione via web.
«La bellezza di questo sito è […] il fatto che sia veramente accessibile a tutti, è un sito democratico al 100%», ha affermato l’avvocato Giulio Nardone, Presidente nazionale dell’Associazione Disabili Visivi (ADV), a Palazzo Marini, esponendo un excursus sulla storia delle tecnologie messe a disposizione delle persone cieche e ipovedenti, dal braille al concetto di Social Media, nell’intento di sfatare lo stereotipo del disabile triste e disilluso, bisognoso di essere accompagnato ovunque e di essere aiutato in ogni operazione; sottolinea come la prima “rivoluzione” nel mondo delle disabilità visive sia avvenuta con l’invenzione dell’alfabeto braille nel 1825 che «non è una lingua come molti credono, ma è soltanto la maniere di trasporre a rilievo con dei puntini le lettere dell’alfabeto» di una determinata lingua; egli parla non a caso di rivoluzione, proprio perché, per la prima volta, si è consentito a persone che non vedono di usare la scrittura, di scambiare e conservare degli scritti, dunque di realizzare esperienze e approcci innovativi, la cui comparsa raggiunge una portata epocale: «la cultura si trasforma da orale a scritta, è quello che è successo all’umanità settemila anni prima […], un po’ in ritardo ma stiamo recuperando […]. Questa rivoluzione ha consentito anche per i ciechi, per esempio, l’avvento della stampa che Gutenberg aveva inventato tre-quattrocento anni prima».
Una seconda rivoluzione – ricorda poi – si è avuta con “l’avvento del personal computer”, non dell’informatica in generale – precisa – perché è proprio la personalizzazione dell’informatica, la possibilità di poterne fruire in forma personale e con riferimento ai propri specifici bisogni che ha permesso questa seconda rivoluzione. Prima il non vedente poteva scrivere a mano, con molta difficoltà, se aveva imparato a scrivere i caratteri normali, oppure poteva utilizzare una macchina da scrivere. Il problema, in quest’ultimo caso, era che non si poteva esser sempre sicuri della correttezza di ciò che si scriveva, non vi era il controllo su ciò che si batteva, se per caso si sbagliava il passaggio di una riga ne usciva uno scritto incomprensibile.
“L’avvento, invece, del computer ha consentito di usare la scrittura in modo consapevole e pieno perché il computer ci permette di leggere quello che scriviamo” e questo principalmente con due strumenti, o con sintesi vocale o con un sistema braille elettronico, che permette di leggere direttamente dal monitor, senza dover stampare ed eliminando l’ingombro dei libri braille.
Attualmente – continua Nardone – è possibile per gli utenti non vedenti “accedere a decine di migliaia di titoli, un universo”, sia attraverso la scansione, sia attraverso libri, pochi in realtà, forniti dalle case editrici direttamente in formato testo (a tal proposito si veda l’appello lanciato dal G.U.C.I., Gruppo universitari ciechi ed ipovedenti, indirizzato alla Fondazione Bellonci in occasione del premio Strega, allo scopo di sensibilizzare gli addetti ai lavori circa i molti ostacoli che, di fatto, escludono le persone cieche dal comune patrimonio del sapere).
Lo sviluppo delineato ha, tuttavia, conosciuto un momento di crisi che ha condotto ad una sorta di involuzione: ci si riferisce al passaggio dal sistema DOS al sistema Windows, che ha imposto uno spostamento “da comandi letterali, che noi potevamo benissimo memorizzare, ai comandi che si danno cliccando; sto clic per noi è un suono tragico, ci da molto fastidio […] perché per cliccare bisogna vedere dove cliccare”. Così come “il 90% delle informazioni sono [oggi] veicolate dalle immagini”, allo stesso modo “nel mondo dell’informatica ad un certo punto ci è crollata questa trave addosso che è Windows”. Fortunatamente un rimedio è stato trovato, creando vari sistemi di trasposizione, delle interfacce “che ci consentono ugualmente […] di usare il computer”, computer che a questo punto “significa veramente una finestra aperta sul mondo”. Infine, conclude il suo excursus Nardone, sono arrivati il web e i social network, creando nuovi problemi, “un altro blocco”: “ci siamo trovati ad avere nuove importantissime occasioni di socializzazione e scambio di idee dalle quali però eravamo esclusi”, poiché essi “sono navigabili solo entro certi limiti da un non vedente, con estrema difficoltà”. Freerumble rappresenta allora “una finestra che ci si è aperta, questa volta una finestra perfettamente trasparente, perfettamente accessibile che ci permette di entrare in un ambiente che non è ghettizzante […], non è un ambiente per ciechi […], quello che è importante è che questo è un sito per tutti […]”; esso offre “la possibilità per noi di avere questo scambio, questa partecipazione, in un momento in cui il social network è un luogo virtuale di importante valore sia sociale che culturale”, “non esserne esclusi è per noi una rivolta importantissima”. “Un grosso regalo”, dunque, in definitiva.
Nel corso della serata è intervenuto anche il Dr. Fabrizio Zingale, Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICIECHI), parlando di FreeRumble come di “un prodotto certamente più che interessante, direi innovativo, intelligente, coinvolgente, prezzante”, “un prodotto utile a tutti ma accessibile anche ai non vedenti e agli ipovedenti”; con una brillante battuta egli ha affermato: la nuova piattaforma “mi ha soddisfatto particolarmente, potrei dire addirittura di essere rimasto senza parole, ma credo che FreeRumble questo non me lo perdonerebbe, perché è un sito che si esprime proprio attraverso la voce”. Egli ha, poi, proposto una rapida parentesi legislativa, sottolineando come il network rispetti “la tendenza che proprio il Parlamento italiano credo abbia avuto […] nel 2004 all’unanimità [quando] ha dato seguito ad un bisogno fondamentale che era quello dell’accessibilità proprio dei siti internet, che erano diventati e sono ormai diventati elemento integrante e fondamentale della nostra società globale” (il riferimento è alla legge 9 gennaio 2004, n. 4, recante “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”). In questo caso il Parlamento italiano – evidenzia Zingale – “è arrivato prima di quando ci sono arrivate le stesse Nazioni Unite”, che hanno dichiarato il diritto all’accessibilità quattro anni dopo in “una convenzione internazionale sui diritti della disabilità e quindi anche sul diritto all’informazione”; e “lo ha fatto all’unanimità, quindi questo è un nostro grande merito”; per contro – ricorda ancora Zingale – accade spesso che in Italia “ci perdiamo nella concreta realizzazione e fruizione da parte di tutti di innovazioni anche legislative […] e c’è bisogno poi anche dell’iniziativa, del mordente, della volontà e del desiderio di persone che credono veramente nelle varie opportunità per dare […] seguito e vita alla concreta fruizione dell’accessibilità”.
Zingale ha poi sottolineato come i social network siano ormai delle piazze tutt’altro che virtuali, “sono dei momenti di socializzazione più che reali, concreti, perché oggi consentono a tutti nei vari ambiti, da quello lavorativo, a quello professionale fino anche a quello amicale e della socializzazione, di gestire i rapporti personali, di consolidarli e in alcuni casi anche di deteriorarli […], si gestiscono nel loro complesso, si possono creare nuovi rapporti”. FreeRumble permette, allora, in fondo, secondo Zingale, di dare seguito alla globalizzazione, una tendenza propria dell’innovazione tecnologica. Ricordando che la propensione all’ascolto del libro è qualcosa di comune a tutti, egli evidenzia, infine, come un’altra importante peculiarità del sito sia quella di “non rivolgersi alla persona disabile, dandogli qualcosa di diverso rispetto a quello che serve a tutti gli altri, ma dando qualcosa che è condiviso e gradito anche dagli altri”, nell’ideale di massima integrazione ricercato dall’UICIECHI.
L’intervento di Valerio Ferrucci, programmatore Tabasoft (“azienda leader nello sviluppo software in Italia”, ha permesso di cogliere gli aspetti più tecnici del nuovo progetto. FreeRumble “in realtà è un sito che ne racchiude altri”: “c’è FreeRumble propriamente detto, che è una serie di audio condivisi dagli utenti di questo social site”, ma ci sono anche “Rumblepedia, “che è un po’ il Wikipedia audio”, dove tutti possono dare il loro contributo e dove vengono elencate le voci ricercabili per argomento o per ricerca generica e ordinabili secondo criterio temporale o alfabetico. Vi sono poi i “Canali”, “una sorta di vetrina del singolo utente”, dove possono essere visualizzati tutti i contenuti inseriti da una stessa persona, suddivisi per tematiche; è possibile anche iscriversi ad un canale per il quale si nutre particolare interesse, ottenendo una notifica ogni volta che viene pubblicato un nuovo contenuto in quello stesso canale. “Rumblesecret” è, invece, “uno scambio di audio riservato”, “è come una cassaforte in casa, cioè tu dai la tua password […] soltanto a chi vuoi” (come sottolinea la Topazio, raccontando l’aneddoto di una sua amica che “disgraziata”, ha registrato una notte d’amore e l’ha inviata al suo ex-marito). Infine la sezione “Carica i tuoi audio”, attraverso la quale si possono caricare i propri contributi e indirizzarli alle altre sezioni.
Nell’homepage si trova innanzitutto la lista di tutti gli audio più recenti, selezionati per indicatori testuali (titolo, sommario, durata, data di inserimento…) che ne caratterizzano i contenuti; l’ordine può essere modificato, chiedendo di visualizzare prima i contenuti “più richiesti” o di utilizzare il filtro dell’argomento (grazie alla barra laterale destra). “Il sito è progettato in html5 […] e passa il test W3C per quanto riguarda gli standard dell’accessibilità”, “è fatto tutto con software opensource e free”, sottolinea Ferrucci. Il network è attualmente strutturato in due lingue, inglese e italiano, ma gli audio inseriti possono essere catalogati come appartenenti ad una delle 62 lingue previste; allo stesso modo è possibile anche tradurre un audio in un’altra lingua, accompagnando la traduzione al contenuto originale, oppure ricercare gli audio di una determinata lingua; tutto questo allo scopo di dare un’inclinazione e un futuro internazionale al sito, che pare essere il primo format mondiale di social media sonoro. Vengono supportati vari formati di audio, tra cui i più diffusi, MP3, WMA, WAV, M4A. Per ogni contributo vengono indicati: tipo di file, soggetto che l’ha inserito, data di inserimento, argomento, paese di inserimento, parole chiave, durata, numero di ascolti effettuati; il file può anche essere catalogato in una specifica sequenza, soprattutto nel caso in cui risulti piuttosto lungo e sia, quindi, preferibile spezzettarlo. Viene data la possibilità di condividere l’audio negli altri principali social (LinkedIn, Facebook e Twitter), di segnalarlo via mail ad un amico, di commentarlo e di tradurlo appunto. Il sito è completamente accessibile a chiunque, mentre la registrazione (comunque gratuita) è richiesta per caricare nuovi audio, condividerli ed entrare quindi a tutti gli effetti nella community.
La possibilità di commentare un audio e di rispondere, postando a nostra volta altri audio, fa si che si formino “tante scatole cinesi audio”, come le definisce la Topazio: “è un contenitore di tante sezioni – rilancia Ferrucci – e […] tante altre se ne possono pensare perché è il mondo stesso dell’audio che spinge a poterlo riformulare in tante forme diverse”.
Il Maestro Lino Patruno, Musicista Jazz, si è dichiarato particolarmente interessato all’iniziativa perché “avendo una collezione di quarantamila dischi di jazz […], la possibilità di metterli in rete potrebbe essere una gran cosa: molto spesso le collezioni si spezzano, si disperdono” e vi sono molte difficoltà nella ricerca dei brani di proprio interesse in rete. Egli ha definito la radio e la tv attuali “uno sfacelo totale” ed è corso con la mente agli anni della sua adolescenza in cui la radio trasmetteva dei sonori a suo dire eccezionali (“io sono uno che sostiene il sonoro, che sostiene la musica”), rammaricandosi del fatto che ora ci sia meno interesse per la musica rispetto ad un tempo ed auspicando quasi un ritorno al passato, grazie alla possibilità del nuovo format di “raccogliere quello che è il patrimonio della cultura, quindi dell’umanità, che tanta gente vuole cancellare perché la cultura da fastidio a tanti”.
FreeRumble permette, però, non solo di recuperare il patrimonio dell’umanità, ma anche di renderlo accessibile a tutti, attraverso il racconto a parole di opere artistiche solitamente fruibili solamente da chi può vedere: “questo sarà un argomento molto importante – sostiene Nardone – perché in questa civiltà delle immagini in cui tutto quanto è immagine sarà importantissimo per i non vedenti poter godere di queste descrizioni”.
A tal proposito anche l’on. Luca Barbareschi, intervenuto in qualità di Vice Presidente della Commissione sulle Telecomunicazioni della Camera, ha sostenuto l’importanza di un ritorno al sonoro. Egli (dimenticando, forse, le molte polemiche che alcune sue proposte di legislazione in materia hanno suscitato) si è autodefinito “un grande antesignano del web: ho sempre pensato che questo avrebbe cambiato la vita un po’ a tutti noi, ovviamente dal punto di vista delle relazioni, della logistica, dell’impatto di tutto e devo dire che è stata una rivoluzione, dopo quella agricola e quella industriale. Ha cambiato totalmente il mondo. E come accade spesso nei grandi cambiamenti e nelle grandi rivoluzioni, ci si dimentica un po’ le cose, perché ovviamente si tende a puntare solo su certe cose, soprattutto sulle immagini e le immagini hanno una grande forza, ma anche un grande limite […]. Ormai si privilegia l’immagine e spesso non si parla, il commento è molto banale […]. Si privilegia l’impatto pornografico, come lo chiamo io, di una pornografia della comunicazione per cui si da un impatto, un pugno nello stomaco; è allora – si chiede – chi non ha la possibilità di vedere queste immagini cosa avrà capito?”. Ha poi continuato: “penso che un social network che si appoggia, invece, sull’audio, sulla parola, sia molto importante”. “Io nasco come uomo di teatro, credo morirò come uomo di teatro […] e quando rivedo una prova di teatro […], è mia abitudine, quando lo faccio da regista, chiudere gli occhi e ascoltare gli attori senza guardare” perché solo così si possono cogliere “i toni, il sottotesto quello che c’è al di là delle parole, se tu non guardi le cose improvvisamente cogli delle sfumature che, altrimenti, le immagini tendono a fuorviare. Il suono delle parole spesso tradisce delle cose”, esso rivela “delle cose che le parole stesse, il significato della parola, non dicono […], le emozioni vengono raccontate attraverso i suoni”. “Credo – conclude – che fare un network” per “chi non ha la possibilità di vedere, ma […] anche per chi vuole [semplicemente] concentrarsi sulle parole, sui suoni, sia una cosa molto intelligente in un momento di saturazione di immagini, di cui forse siamo tutti stanchi”.
Personalmente chi sta scrivendo questo articolo non appoggia assolutamente la tesi di chi si dimostra apocalittico verso il mondo delle immagini, non credo che si divenga meno sensibili a certi orrori semplicemente essendo esposti eccessivamente a delle loro rappresentazioni fotografiche; è invece “la passività che ottunde i sentimenti”, come sottolinea Susan Sontag nel suo bellissimo “Davanti al dolore degli altri”, compiendo delle riflessioni che certo meriterebbero un capitolo a parte. Tuttavia non si possono negare le moltissime potenzialità che dal punto di vista mediatico si celano dietro la nuova piattaforma. A spiegare tali potenzialità, tali aspirazioni, è stato Francesco Russo, blogger, curatore del blog di Freerumble.
“FreeRumble nasce per essere il primo social media audio della rete” – ha affermato – e il “primo esempio di condivisione in voce”, esso raccoglie tutte le caratteristiche degli altri social (riduzione delle distanze, relazioni più semplici e veloci, apertura al dialogo, alla conversazione, microblogging, “microdiario sulla rete”, raccolta di informazioni) e le rilancia in forma audio. “Con FreeRumble abbiamo la possibilità di riappropriarci della voce”, “lo strumento principe con cui si comunica”; tra le novità, inoltre, la capacità di trasmettere le emozioni in modo più diretto e di creare veri e propri archivi audio.
Russo ha compiuto una disamina sul mondo dei network per rivelarne la centralità nell’attuale contesto sociale, politico ed economico: ha ricordato come “in Italia mediamente ogni mese ci sono 30 milioni di italiani che almeno una volta […] si connettono alla rete, 13 milioni si connettono quotidianamente”; degli 800 milioni di profili registrati su Facebook in tutto il mondo, “in Italia ce ne sono attualmente – statistiche di due settimane fa – 20,650 milioni, negli ultimi due mesi è aumentato di 2 milioni di iscritti”. FreeRumble interviene, allora, proprio a colmare un gap (come lo definisce Russo), una mancanza degli altri network, cioè, appunto, la sfera audio.
Che sia o meno una mossa di marketing l’idea di fare apparire il nuovo network come un oggetto rivolto in primis alle persone disabili, non possono essere negati i molti elementi di novità di questo prodotto, che rappresenta, a ben vedere, qualcosa di meno rispetto a network simili (nel confronto con Youtube, ad esempio, si perdono le immagini e il loro legarsi alle voci creando significato; nel confronto con Facebook si perdono molte parole scritte, foto, tag, pagine…), e tuttavia, proprio in questo, risiede la sua potenziale forza: come Twitter ha dimostrato, infatti, in un universo virtuale spesso caotico, in cui è difficile orientarsi, delle operazioni di scrematura, all’insegna del levare piuttosto che dell’aggiungere, possono avere un notevole successo, arrivando anche a creare nuovi format nel mondo del giornalismo e dell’informazione in generale; il modo stesso in cui è nata l’idea di FreeRumble ne rivela, allora, forse, anche le molteplici potenzialità e inclinazioni.
Pubblicato: PMI-dome