Internazionalizzazione: la nuova strada verso la ripresa

Il settimo Rapporto UniCredit Piccole Imprese evidenzia come l’espansione verso i mercati esteri rappresenti la principale leva delle PMI italiane per il superamento della crisi

 

Presentata la settima edizione del Rapporto UniCredit Piccole Imprese dedicato questa volta alla “sfida dell’internazionalizzazione quale strategia di rilancio per il Paese in generale e per il sistema delle piccole imprese in particolare”.

Ciò che ne emerge è come sia cambiato, in seguito alla crisi, il modo in cui si considerano le esportazioni, prima semplice “componente dinamica della domanda aggregata italiana”, ora principale mezzo per giungere a quell’accelerazione della crescita indispensabile per la nostra economia, soprattutto se rivolte ai mercati più dinamici dei Paesi emergenti. Nella situazione attuale, in cui “la produzione viene organizzata dalle medie imprese multinazionali su scala geografica più ampia lungo le fasi di filiere produttive globali”, la relazione tra dinamiche globali e dimensione locale è diventata, per le piccole imprese, “più rilevante e allo stesso tempo più fluida”.

L’analisi – frutto di oltre 6.000 interviste rivolte a piccoli imprenditori italiani e clienti UniCredit e di un questionario pensato per oltre 200 Associazioni di categoria e Confidi – si articola attorno a tre filoni che, in maniera interconnessa, approfondiscono quelle che sono le leve a disposizione delle piccole e medie imprese per affrontare l’importante sfida posta dai mercati esteri: la valorizzazione del territorio, l’innovazione e la rete tra imprese.

Viene innanzitutto delineato il contesto congiunturale in cui operano le piccole imprese: tra aprile e maggio 2009 sembrano essere emersi, seppur in misura meno vivace rispetto ad altri Paesi, i primi segnali di ripresa per l’Italia, mentre si osserva un rallentamento di tali segnali nel secondo semestre 2010.

Dal confronto tendenziale del PIL e delle sue componenti si evidenziano, dopo due anni di contrazione, dei ritmi contenuti di recupero per gli investimenti e per i consumi privati, frenati principalmente dalla debolezza del mercato del lavoro e da una disoccupazione che ha conosciuto nel secondo trimestre 2010 un aumento dal 6% all’8,5%. Si conferma invece il contributo positivo delle esportazioni nette, con un aumento delle vendite all’estero del 9,2%, rispetto al secondo trimestre 2009. Si denota sostanzialmente una generale situazione di incertezza, caratterizzata da un unico elemento positivo: “le imprese esportatrici mostrano maggiore solidità, segno che l’esposizione ai mercati internazionali ha probabilmente comportato cambiamenti rilevanti vantaggiosi”.

Dalla consueta indagine UniCredit per la determinazione dell’indice di fiducia delle piccole imprese (quelle con meno di 50 addetti), emerge poi un grado di fiducia maggiore per gli imprenditori che svolgono attività all’estero, con un indice pari a 94, superiore di tre punti rispetto all’indice sintetico 2010 e di ben sei punti rispetto all’indice espresso dalle aziende non internazionalizzate; una correlazione, a tal proposito, si legge anche tra fiducia e intensità dell’internazionalizzazione: l’indice degli imprenditori intervistati cresce notevolmente al crescere della quota di fatturato realizzata nei mercati esteri. In termini generali l’indice di fiducia sintetico scende di due punti rispetto allo scorso anno, passando da 93 a 91, probabilmente a causa,  rivela il Rapporto, del “protrarsi delle difficili condizioni che da più di un anno caratterizzano il contesto dell’economia globale, e che hanno colpito in maniera diffusa tutti i settori dell’imprenditoria”.

Nonostante le dimensioni contenute delle loro strutture organizzative ed operative, emerge come una parte delle PMI indagate abbia saputo presentarsi all’estero facendo leva sul know how specialistico accumulato nel tempo, su una “filosofia di processo improntata alla qualità e all’utilizzo delle reti d’impresa”: non si esportano solo beni e servizi, ma anche veri e propri modelli di business e, per questa via, si rafforza la valorizzazione del patrimonio territoriale e il successo del made in Italy nel mondo (sul quale, si sottolinea, è necessario puntare, creando dei prodotti quasi “su misura” per i clienti esteri).

Dall’analisi si evidenzia poi quanto sia centrale il ruolo della domanda estera, sia rispetto alla domanda del settore privato (che – si ricorda – “probabilmente rimarrà debole a causa della scarsa crescita demografica e dei problemi connessi, anche in termini di redistribuzione del reddito”), sia rispetto alla componente pubblica, “vincolata da necessità di risanamento del debito”. La crescita dell’Italia pare quindi essere vincolata alla capacità delle aziende di esportare e conquistare crescenti quote di mercato, soprattutto nei Paesi emergenti, dotati di più elevati tassi di crescita. Il confronto a livello internazionale rivela come l’Italia sia ben posizionata dal punto di vista dello scambio di beni e servizi, ma rimanga carente sul lato degli investimenti diretti, a causa della struttura produttiva italiana in cui prevale la piccola dimensione.

Altri due aspetti si rilevano dal punto di vista dei processi di internazionalizzazione: “la relazione biunivoca tra innovazione e commercio estero, e la forte connessione esistente tra miglioramento della produttività e rapido diffondersi delle filiere globali”.
Due risultano, allora, nel futuro, le principali sfide per le PMI: il miglioramento del rapporto qualità/prezzo, puntando sulla qualità del prodotto italiano, e la conquista della nuova classe di consumatori benestanti nei Paesi emergenti, grazie alle produzioni di beni di consumo di fascia medio-alta. Per arrivare a questo, occorre una rinnovata attenzione alle strategie di marketing e comunicazione, che consenta di segmentare il mercato di riferimento ed individuare i target più idonei.
Le PMI, ci dice ancora il Rapporto, sembrano aver reagito alla crisi seguendo due principali strategie: un cosiddetto “upgrading qualitativo”, già avviato con la crisi e proseguito con maggior controllo dei costi, e un “upgrading strategico”, ovvero maggiore “sofisticazione del business e un approccio più elaborato ai mercati secondo strategie di marketing-mix”. Ogni singola impresa punta ad ottenere un vantaggio competitivo legandosi al territorio, inteso come patrimonio conoscitivo, produttivo (soprattutto nel settore della manifattura di qualità) e naturale (soprattutto per quanto riguarda il settore agro-alimentare e quello del turismo).

L’indagine conferma poi come i vincoli di natura dimensionale comportino alcune criticità: la “polarizzazione su un numero limitato di mercati di sbocco”e “l’individuazione di controparti commerciali”. Quest’ultima è spesso frutto di iniziative autonome (passaparola tra imprese, ricerca diretta su internet, la partecipazione a fiere di settore…), non del ricorso a soggetti esterni, forse a causa dell’innata tendenza a “fare da sé; importante, allora, è stato e sarà il contributo dell’attività informativa e di consulenza svolta da soggetti specializzati, banche in primis, per accompagnare le imprese nei loro primi passi verso i mercati esteri.

In un Paese in cui l’incontro con gli investitori istituzionali è ancora difficile e a fronte del profondo mutamento nello scenario globale, appare sempre più fondamentale la concertazione tra attori del territorio. Andrebbero incentivati i meccanismi di imitazione tra imprese di diverse dimensioni in modo che “le più grandi siano spinte a valorizzare al meglio le competenze distintive delle più piccole, e le più piccole riescano a sfruttare maggiormente i propri vantaggi competitivi”. Importante è, inoltre, la creazione di reti di imprese, necessaria “a far massa critica e consolidare il posizionamento competitivo sui mercati internazionali”: attualmente esse non appaiono particolarmente sviluppate, prevalendo, da un lato, dei rapporti a carattere locale e perdendosi, dall’altro, i legami storici.

Al mondo delle imprese, duramente colpito dalla crisi finanziaria, l’indagine di UniCredit ha inteso offrire degli elementi di valutazione in merito ai vincoli e alle opportunità proprie di questo momento di transizione. Il Rapporto rappresenta, allora, un “importante momento di riflessione di UniCredit su come gli attori del territorio – in particolare le imprese, le banche e i mediatori sociali, quali Associazioni di categoria e Confidi – possano affrontare e superare in modo cooperativo l’attuale fase, densa di incognite e difficoltà”; esso, inoltre, sembra offrire un fondamentale contributo “all’individuazione delle strategie territoriali volte a promuovere una crescita sostenibile nel lungo periodo per le piccole imprese, che tengano conto dei punti di forza delle economie locali in un’ottica di competizione globale”.

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Internazionalizzazione: sempre più indispensabile per le PMI

Dalle indiscrezioni sui risultati del primo studio “Focus PMI”, pare che vi sia una certa dipendenza dalla domanda estera per incrementare il volume d’affari aziendale

Sono state diffuse, in questi giorni, alcune significative anticipazioni riguardanti i risultati del primo studio avviato da Focus PMI, l’Osservatorio di analisi permanente sul sistema delle Piccole e Medie Imprese italiane, frutto della collaborazione tra LS Lexjus Sinacta (gruppo indipendente di oltre 150 avvocati e commercialisti associati) e Istituto Guglielmo Tagliacarne (Fondazione di Unioncamere che “promuove la cultura economica, realizza analisi e studi economico-statistici sulle piccole e medie imprese e sull’economia territoriale”).

Focus PMI si propone, in particolare, di analizzare i temi economici di più forte attualità, attraverso un’attività di ricerca i cui risultati verranno presentati ogni anno nel corso di una convention, alla quale parteciperanno noti esponenti del mondo politico-economico: la prima edizione dell’evento è in programma per venerdì 13 maggio a Bologna e riguarderà le reti per l’internazionalizzazione delle PMI. Lo scopo è quello di monitorare costantemente la situazione imprenditoriale italiana, potendo contare su dati sicuramente aggiornati e su analisi di approfondimento, con l’intenzione di stimolare il dibattito, il confronto attorno alle questioni di maggior rilevanza per le piccole e medie realtà aziendali.

Stando alle prime indiscrezioni su quanto emerso dall’indagine, pare che vi sia un’elevata dipendenza del volume d’affari aziendale complessivo dalla domanda estera e questo sarebbe vero tanto per le imprese coinvolte in processi di Investimenti Diretti Esteri (IDE) in entrata (per loro il 55,5% del fatturato totale deriva dall’estero), quanto per le aziende promotrici di Investimenti Diretti Esteri in uscita (la quota a loro riferita è di 46,2 punti percentuali). La metà delle imprese coinvolte in tali processi, inoltre, avrebbe dichiarato di aver accresciuto il proprio volume d’affari nel corso del 2010, puntando su miglioramenti nella produzione, in termini di qualità dell’offerta e di efficienza nei processi, e rendendo, di conseguenza, più competitivi i prezzi.

L’analisi ha coinvolto, poi, anche il profilo strutturale delle Reti Internazionali tra imprese, arrivando a sottolineare come i tre quarti delle imprese intervistate operino in una Rete di questo tipo da quasi dieci anni e come il 44,3% si relazioni con più di dieci imprese estere. Anche dal far parte di simili reti deriverebbe, allora, un certo vantaggio competitivo, capace di supplire alle ridotte capacità di tipo dimensionale. La creazione di queste reti sembra essere, quindi, necessaria per poter affrontare un processo di internazionalizzazione, processo visto sempre più come indispensabile per le piccole e medie realtà.

Le criticità legislative derivanti dai processi di internazionalizzazione, infine, sarebbero in parte superate grazie all’intervento di supporto ad opera di specifiche società di consulenza legale e fiscale: il 65% delle imprese si dichiara soddisfatto di aver affidato tali competenze in outsourcing.

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Aumento delle imprese estere partecipate da quelle italiane

I dati elaborati dal Centro Studi Sintesi mostrano come le realtà aziendali italiane abbiano sfruttato i segnali di ripresa dei mercati internazionali, attraverso acquisizioni all’estero

I dati riportati sono quelli elaborati dal Centro Studi Sintesi, “centro di ricerca che si dedica da anni allo studio dei principali fenomeni di natura sociale ed economica, locali e nazionali”. L’intervallo temporale considerato è quello che va dal 2007 al 2009, quindi un periodo di piena, manifesta e generalizzata crisi economica. Ciò che stupisce è la fiducia dimostrata dalle piccole e medie imprese italiane nei confronti dei mercati esteri e delle possibilità che essi sembrano offrire.

Quasi duemila imprese straniere in più avrebbero aperto la propria realtà all’ingresso d’imprenditori italiani: cifre non eclatanti, ma comunque significative, segnale certo di un’evidente intraprendenza nella cultura aziendale medio-piccola. Stando ai risultati delle elaborazioni, infatti, le imprese estere partecipate da quelle italiane sarebbero diventate più di ventiduemila (22.715), con un incremento, rispetto al 2007 quando erano 20.896, di 8,7 punti percentuali. A trainare tale crescita è stata la Spagna, con aumenti intorno al 19%, seguita dal Sudamerica (+12,7%) e dai Bric (+11,7%), soprattutto India e Cina.

Rovesciando la prospettiva, ci si accorge, poi, che, nello stesso periodo, le imprese italiane a partecipazione estera hanno conosciuto un aumento di circa un centinaio di entità, pari all’1,2%. In questo caso sono i Bric, in particolare Brasile e India, i Paesi che maggiormente hanno contribuito a dettare il segno positivo, nonostante il fatto che l’80% delle 7.608 imprese italiane a partecipazione estera faccia capo a investitori provenienti da UE e Stati Uniti.

Elaborando i dati Reprint-Politecnico di Milano e Ice, il Centro Studi Sintesi ha, inoltre, evidenziato le dinamiche a livello regionale nel grado di internazionalizzazione delle imprese italiane: nel 2009 l’incidenza maggiore di realtà estere partecipate da imprese italiane continua a registrarsi in Lombardia, dove si nota, nell’intervallo 2007-2009, un incremento del 4,1%, tuttavia la regione più vivace pare essere il Lazio, con una curva in salita del 18,5%.

«Rispetto all’universo delle imprese italiane i numeri sono ancora infinitesimali – sottolinea Catia Ventura, direttore del Centro studi Sintesima registrano una modalità organizzativa nuova, che vede protagoniste le medie e le piccole imprese che guardano alle medie. Si fa strada una modalità di fare export con intelligenza, si va all’estero non tanto e non solo per vendere ma soprattutto per presidiare mercati in crescita. È il caso della Cina: laggiù si va a produrre a costi minori ma si può diventare anche fornitori di imprese internazionali presenti in quel paese». Sempre secondo Ventura, si tratterebbe di un’«eccellenza organizzativa ancora circoscritta», nata dall’esigenza delle imprese, colte dalla crisi, di «intraprendere nuovi percorsi, anche se l’Italia è ancora indietro rispetto ad altri paesi». A tal proposito, osservando il tasso di internazionalizzazione nazionale – cioè il numero di imprese estere a partecipazione italiana ogni 100 imprese italiane con fatturato superiore a 2,5 milioni di euro – si è registrato dal 2007 al 2009 un certo decremento, fatta eccezione per il centro Italia, seppur la tendenza sia ora in risalita rispetto al 2008, quando si è toccato il punto più basso degli ultimi cinque anni. «Centro e sud Italia – sottolinea ancora Ventura – partono sì da valori più piccoli, ma la vivacità è evidente. In queste aree, in difficoltà anche dal punto di vista del contesto sociale, non sono mancate le aziende che hanno deciso di allinearsi a territori più votati all’internazionalizzazione, come nord-ovest e nord-est, dove il tasso di imprese estere partecipate da imprese italiane è salito di oltre il 3%». «Al sud – conclude Ventura – vanno destinate risorse e le ultime misure proposte dal governo possono andare in questa direzione. Bisogna utilizzarle per far crescere i veri germogli e non disperderle a pioggia. Al nord, invece, il sostegno più che finanziario deve essere di valore aggiunto: più servizi, più logistica, più infrastrutture immateriali. Perché per queste imprese proiettate verso la globalizzazione vanno garantite le stesse condizioni di partenza delle aziende tedesche».

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Accordo SACE e Mediocredito Trentino Alto Adige

Un plafond di 20 milioni di Euro destinato a favorire i processi di internazionalizzazione all’interno delle piccole e medie realtà imprenditoriali del Nord-Est

Il tessuto portante del sistema economico italiano è rappresentato, lo sappiamo, dalle piccole e medie imprese, le quali – in un contesto ormai globalizzato e caratterizzato dalla sempre maggiore sfumatura dei confini nazionali – desiderano spesso avviare e consolidare rapporti con interlocutori esteri o estendere la propria presenza nei mercati internazionali. Un tale processo di penetrazione non è ovviamente diretto, ma richiede una precisa pianificazione strategica, un elevato e crescente grado di rischiosità e un coinvolgimento dell’intera struttura imprenditoriale. È da questa precisa consapevolezza che è nato l’accordo di collaborazione tra SACE e Mediocredito Trentino Alto Adige, siglato, più precisamente, il 3 dicembre da Simonetta Acri, Direttore della Sede Territoriale di Venezia di SACE e da Franco Senesi, Presidente di Mediocredito.

SACE è un gruppo assicurativo-finanziario che “offre un’ampia gamma di prodotti e servizi per sostenere le aziende e le banche nel loro business sul mercato domestico ed internazionale”; è attivo, in particolare, nell’assicurazione del credito, nel credito all’esportazione, nella protezione degli investimenti, nelle garanzie finanziarie, nelle cauzioni e nel factoring. Offre coperture in ben 181 Paesi e, attraverso una rete di uffici nelle regioni italiane più industrializzate e orientate all’export, risulta sempre più vicina alle piccole e medie realtà imprenditoriali.

Mediocredito Trentino Alto Adige rappresenta una Corporate e Investment Bank che, attraverso il credito a medio e lungo termine, la consulenza finanziaria, le operazioni di finanza straordinaria ed il leasing, si muove in favore delle PMI, per consigliare e assistere negli investimenti in immobili, impianti e macchinari, nelle esigenze di liquidità, nelle ricapitalizzazioni e nelle domande per contributi pubblici.

Lo scopo dichiarato dell’accordo è, allora, quello di sostenere le piccole e medie imprese del Nord-Est Italia nei loro processi di internazionalizzazione ed espansione commerciale all’estero, mettendo loro a disposizione un plafond di 20 milioni di Euro come nuovi finanziamenti da destinare alle attività connesse alla crescita sui mercati esteri. Per avanzare la richiesta di finanziamento, le imprese devono avere un fatturato fino a 250 milioni di Euro, generato per almeno il 10% all’estero e devono presentare un preciso progetto di internazionalizzazione relativamente alla propria attività aziendale.

Le linee di credito vanno da un importo minimo per singolo finanziamento di 50 mila Euro ad un massimo di 2 milioni di Euro e godono della garanzia di SACE fino al 70% dell’importo erogato.

Il finanziamento, che può avere una durata massima di 6 anni, dev’essere finalizzato ad investimenti in Italia e all’estero, relativamente a costi di impianto ed ampliamento, brevetti e marchi, acquisto di immobili, terreni e attrezzature, acquisizione di partecipazioni, realizzazione di joint-venture, costi promozionali e pubblicitari, spese per tutelare il Made in Italy, riqualificazioni e rinnovo degli impianti e dei macchinari e per la realizzazione di impianti per la produzione di energia alternativa.

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Accordo tra sistema camerale e Gruppo Montepaschi

Previsti particolari strumenti finanziari e consulenze personalizzate, volte a sostenere le piccole e medie imprese nel loro processo di internazionalizzazione

La sede della Camera di Commercio di Firenze è stata cornice, nei giorni scorsi, di un accordo-quadro firmato tra alcune strutture del sistema camerale italiano, tra cui Unioncamere Emilia-Romagna, e il Gruppo Montepaschi.

Grazie a questo accordo, le piccole e medie imprese potranno beneficiare di particolari strumenti finanziari e di specifiche professionalità, per ottenere l’assistenza e la consulenza necessarie a favorire le proprie attività commerciali e, soprattutto, i propri programmi di internazionalizzazione.

In rappresentanza di tutte le nove Camere di Commercio della regione Emilia Romagna, è stato Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia Romagna, a siglare l’intesa presso il capoluogo toscano, nella profonda convinzione che l’unione delle forze tra sistema camerale e sistema bancario possa essere d’aiuto nello sviluppo di una piena e sana competitività tra imprese che intendano effettuare degli investimenti nei mercati esteri ed, in particolare, nei Paesi emergenti: l’accordo “consente al sistema camerale e alle banche, integrando le rispettive competenze, di accompagnare ancora più efficacemente le imprese sui mercati esteri soprattutto nei Paesi emergenti, fornendo adeguato supporto anche sul versante finanziario”.

Tra i promotori e firmatari dell’accordo, accanto a Unioncamere Emilia-Romagna e PromoFirenze, vi sono Padova Promex, Promos Milano, Aries Trieste, Vicenza Qualità, Camera di Commercio di Latina, Aspin Frosinone, Concentro Pordenone, Cesp Matera, Intertrade Salerno.

Nel corso delle prossime settimane l’alleanza verrà concretizzata nella specificità dei diversi contesti territoriali, prevedendo, in particolare, un piano di prima consulenza personalizzata rivolta alle imprese e una serie di servizi a supporto finanziario e commerciale per l’estero su attività di prima assistenza (scouting, partecipazione missioni, fiere) e di consolidamento commerciale (studi di mercato e di fattibilità): le imprese coinvolte nell’iniziativa verranno, quindi, seguite nelle loro diverse fasi di sviluppo, rafforzando la propria capacità di competere sui mercati esteri.

Questa stessa volontà di appoggiare e favorire i processi di internazionalizzazione aziendale verrà ribadita, quasi fosse un motto, a “Porte Aperte all’Internazionalizzazione”, il grande appuntamento annuale gratuito per le imprese ferraresi che operano sui mercati esteri, organizzato dalla Camera di commercio di Ferrara, giovedì 2 dicembre, presso il quartiere fieristico di Ferrara. È previsto un programma di conferenze su Paesi e mercati strategici per le imprese e verrà garantita l’opportunità di incontrare singolarmente e gratuitamente i vari esperti e consulenti; Il confronto verrà, inoltre, esteso ai referenti dei Desk di cui la Camera di Commercio dispone sui mercati esteri e ai responsabili di Sace, Simest, Ice, oltre a rappresentanti consolari e diplomatici.

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