Torna operativo il Fondo di solidarietà che rimborserà gli interessi maturati sul debito residuo nel periodo di sospensione. Può accedervi chi ha perso il lavoro o si trova in condizioni di grave handicap
ARTICOLO REALIZZATO PER IL MENSILE OFFICE MAGAZINE DI LUGLIO 2013
Possono finalmente tirare un sospiro di sollievo le molte famiglie italiane che, alle prese con le rate di un mutuo, si sono temporaneamente trovate in situazioni di difficoltà tale da impedire loro di far fronte al pagamento. Dopo un paio d’anni di sosta forzata – dovuta all’esaurimento della dotazione iniziale e alla necessità di ricalibrare i criteri di accesso – è tornato, infatti, ad essere operativo, a partire dal 27 aprile 2013, il Fondo di solidarietà per i mutui destinati all’acquisto della prima casa, che consente la sospensione del pagamento delle rate per un periodo massimo di 18 mesi.
In questa data è entrato in vigore il D.M. 22 febbraio 2013, n. 37 (pubblicato nella G.U. 12 aprile 2013, n. 86), con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emanato un nuovo Regolamento, che introduce una serie di modifiche al D.M. 21 giugno 2010, n. 132, recante, a sua volta, le norme di attuazione del Fondo di solidarietà, previsto originariamente dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244 (art. 2, comma 475 e ss). La rivisitazione della disciplina si è resa necessaria in seguito all’introduzione della L. 28 giugno 2012, n. 92 (art. 3, commi 48 e 49), la cosiddetta Riforma del lavoro Fornero, che ha sensibilmente modificato i presupposti per l’accesso al beneficio della sospensione.
Tale sospensione può avvenire, in particolare, al verificarsi – nei tre anni precedenti la richiesta di ammissione al Fondo e successivamente alla stipula del contratto di mutuo – di almeno uno dei seguenti eventi, riferiti al mutuatario (o, in caso di cointestazione, ad uno dei mutuatari):
– cessazione del rapporto di lavoro subordinato, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, escluse le ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
– cessazione del rapporto di lavoro parasubordinato o di rappresentanza commerciale o di agenzia (di cui all’articolo 409, numero 3 del codice di procedura civile), escluse le ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa e di recesso del lavoratore non per giusta causa;
– morte o riconoscimento di grave handicap (ai sensi dell’art. 3 comma 3 della L. 5 febbraio 1992, n. 104) o di invalidità civile non inferiore all’80%.
Le rate sospese vengono accodate alla fine del piano di ammortamento o possono essere estinte in un’unica soluzione e il Fondo – rifinanziato con 20 milioni di euro dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, noto come decreto “Salva Italia” – interviene rimborsando alle banche la quota parte di interessi maturati sul debito residuo durante il periodo del congelamento, corrispondente al solo parametro di riferimento applicato (es. Eurirs/Euribor), al netto della componente di maggiorazione (Spread).
Il beneficio non comporta l’applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria, non richiede garanzie aggiuntive e può essere concesso anche con riferimento a mutui che già hanno fruito di altre misure di sospensione (purché la sospensione complessiva non abbia superato i 18 mesi).
Può presentare domanda il titolare di un mutuo, per l’acquisto di un immobile, non superiore a 250.000 euro (in ammortamento da almeno 1 anno) e in possesso di indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 30 mila euro. L’unità immobiliare deve essere adibita ad abitazione principale del mutuatario e non deve avere le caratteristiche di lusso (non deve cioè rientrare nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9).
La richiesta di sospensione non verrà accolta nel caso in cui vi sia un ritardo nel pagamento delle rate del mutuo superiore a 90 giorni consecutivi, oppure nel caso in cui siano intervenute la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso (anche tramite notifica dell’atto di precetto) o – ancora – nel caso in cui sia stata avviata una procedura esecutiva sull’immobile ipotecato. Allo stesso modo il beneficio non verrà concesso se già si usufruisce di agevolazioni pubbliche o di un’assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi sopracitati, purché tale assicurazione garantisca il rimborso almeno degli importi relativi alle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione.
Se si soddisfano tutte le condizioni viste, è possibile avanzare la richiesta di accesso alla sospensione, compilando l’apposito modello di Dichiarazione sostitutiva di certificazione e di atto di notorietà, disponibile sul sito del Dipartimento del Tesoro e su quello della Consap (la società del MEF incaricata della gestione operativa del Fondo), e presentandolo direttamente alla banca o all’intermediario finanziario che ha erogato il mutuo. La richiesta deve essere corredata dalla fotocopia del documento di identità di tutti gli intestatari del mutuo, dall’attestazione ISEE rilasciata da un soggetto abilitato e dalla documentazione relativa allo specifico evento che ha spinto a richiedere la sospensione (si veda box di approfondimento).
La banca, verificate completezza e regolarità formale dei documenti ricevuti, inoltra l’istanza alla Consap, che a sua volta si impegna a dare esito dell’istruttoria entro 15 giorni lavorativi, rilasciando il nulla osta alla sospensione del pagamento o motivando l’eventuale rigetto. Ricevuto l’esito, la banca lo comunica all’interessato entro 5 giorni.
QUALI DOCUMENTI?
La documentazione da presentare a corredo della richiesta varia a seconda dell’evento che ha determinato la volontà di sospensione: lettera di licenziamento, in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; copia del contratto ed eventuali comunicazioni interruttive del rapporto, in caso di interruzione di un rapporto subordinato a tempo determinato o di un rapporto di cui all’art. 409 n. 3) del C.p.c.; nell’ipotesi di dimissioni per giusta causa, dovranno essere inviati la sentenza o l’atto transattivo bilaterale, da cui si evinca l’accertamento della sussistenza della giusta causa, e la lettera di dimissioni con il riconoscimento espresso da parte del datore di lavoro della giusta causa (o la lettera di dimissioni unitamente all’atto introduttivo del giudizio per il riconoscimento della giusta causa). Infine, se sono insorte condizioni di handicap grave o invalidità civile superiore all’80%, andrà allegato il certificato rilasciato dall’apposita commissione istituita presso l’ASL competente per territorio.