Il nuovo network di Google introduce numerose novità a livello di funzionalità ed approccio, inaugurando quella che si preannuncia essere una vera battaglia tra piattaforme a colpi di social
“I would like to have an invite to google+. When is it going to be open?”; “oh ragazzo fortunato… non è che per caso hai inviti per #googleplus?”; “anyone want a Google+ invite?”; “Ma chi devo conoscere per avere un invito a #googleplus?”; “I’m looking for an invite to #google+ plz!”; “is there anyone who can #invite me to #GooglePlus?”; “I’ve got access to #GooglePlus now 🙂 it’s amazing, so cool.. Anyone needs an #invitation? ;)”.
Sono questi solo alcuni dei numerosissimi “cinguettii” che, contenenti l’hashtag #googleplus, hanno popolato nell’ultima settimana il social network Twitter: un perfetto esempio di trasversalità mediatica; un sintomo di schizofrenia comunicativa digitale, direbbe qualcuno; un simbolo, in definitiva, dell’agitazione che attualmente anima il popolo dei social network per l’avvento del nuovo fenomeno che va sotto il nome di Google plus+.
Dopo i flop di Google Buzz, Google Wave, e Googl Orkut (popolare solo in Sud America), il colosso di Mountain View c’ha riprovato e lo ha fatto con un prodottino che a molti è sembrato un buon cocktail dei principali canali social attualmente in auge nella Rete.
Ad una home fatta a tre colonne, molto simile a quella di Facebook – come del resto buona parte della struttura sottesa al nuovo network – si aggiungono alcune particolarità che denotano, in fondo, il tentativo di compiere un salto di qualità (il tempo dirà se in positivo o in negativo), imparando, forse, dai tentativi pregressi propri e dei propri competitors. Innanzitutto la possibilità aggiuntiva di condividere, attraverso i post, la propria precisa posizione geografica anche da PC e non solo da mobile. Il “+1” al posto del tasto “like”, che si estende a qualsiasi risultato di ricerca all’interno del motore, conquistando una sezione appositamente dedicata. La visualizzazione completa, nella stessa pagina, di tutte le foto dei propri contatti, con possibilità, ovviamente, di rendere visibili solo le foto che rispondano a particolari criteri di selezione (le proprie immagini possono, inoltre, essere modificate tramite alcuni filtri predefiniti). I videoritrovi (Google Hangouts), accessibili direttamente senza dover scaricare alcun programma e ai quali possono partecipare fino a dieci persone contemporaneamente; con questo sistema “gli incontri casuali entrano per la prima volta nel Web”, sottolineano i suoi ideatori: “non sarà il teletrasporto, ma poco ci manca”. La sezione Spunti (Sparks), che permette di ricevere regolarmente i feed di notizie e video riguardanti alcune categorie da noi scelte, per guardare, leggere e condividere tutto ciò che potrebbe essere di nostro interesse: un approccio del tutto nuovo alla condivisione via web, che cerca di incentivare la comunicazione attiva degli utenti, stimolando “passivamente” l’originarsi della stessa, malgrado alcune riserve siano state avanzate circa i criteri di selezione delle notizie, non sempre congruenti alla reale sete informativa dei fruitori. La facoltà di aggiungere unilateralmente contatti, senza bisogno della loro accettazione (funzione mutuata da Twitter), ma semplicemente inserendoli in delle “cerchie”. Queste ultime, le cerchie, rappresentano, in definitiva, la novità più rilevante, che interviene risolvendo, almeno in parte, le problematiche di privacy lamentate sugli altri circuiti.
A tal proposito, gli ideatori del nuovo sistema devono certo aver avuto ben presenti le brillanti osservazioni fatte, in tempi tutt’altro che sospetti, dal sociologo tedesco Georg Simmel, secondo il quale la società andrebbe intesa come l’insieme di tutte le interazioni formali che ogni singolo individuo produce; compito della sociologia o – per usare una terminologia più attuale – delle nuove piattaforme virtuali sarebbe, allora, quello di indagare le forme concrete con cui si presentano tali interazioni, i modelli attraverso i quali le persone si associano fra di loro e interagisco. Da questa considerazione deriva l’idea che l’individuo appartenga a delle “cerchie sociali”, delle strutture, cioè, fondamentali per lo sviluppo dell’azione sociale; tali cerchie, da strette e concentriche quali erano un tempo, si son fatte sempre più larghe e solo parzialmente sovrapposte, imponendo, di fatto, una tensione verso la realizzazione individuale: la differenziazione delle cerchie implica il passaggio dall’omogeneità all’eterogeneità, dall’uniformità all’individualizzazione, dall’assimilazione alla differenziazione.
Il sistema di relazioni presente in Google+ sembra proprio rifarsi alla “grammatica” di vita sociale studiata da Simmel. Dal diventare “amici”, al “seguire”, fino all’“entrare in una specifica cerchia sociale”, l’evoluzione più attuale del social networking digitale passa attraverso quello che pare a molti essere un recupero della propria individualità, intendendo con tale termine la padronanza nella scelta di cosa condividere con chi. Si riduce l’ansia da prestazione, dettata dalla necessità di compiacere in egual misura differenti personalità; ci si riappropria delle molte “maschere” con cui si è soliti muoversi nella vita quotidiana, quella stessa vita che Erving Goffman assimila alla rappresentazione teatrale, tesa tra ribalta, retroscena e ruoli differenti (cfr. “La vita quotidiana come rappresentazione”, E. Goffman).
In realtà, una simile funzionalità era già prevista in Facebook, ma pare non abbia ottenuto, in sostanza, un forte riscontro nell’utilizzo, se non limitatamente a quella ristretta cerchia (appunto) di persone – blogger, programmatori, comunicatori, giornalisti, investitori – attente ad ogni nuovo stimolo virtuale, a maggior ragione se funzionale ai propri obiettivi professionali; ed è proprio su questa èlite digitale che, sostengono alcuni (forse a torto, forse a ragione), farà colpo il nuovo network di Google, poiché per essi «l’idea di spendere ore nella tassonomia di centinaia di propri contatti è utile ed eccitante. Porta ordine nella loro vita caotica», come sostiene Matteo Lenardon in un articolo dal titolo piuttosto significativo “Perché tua mamma non userà Google+”.
Sia vera o meno una simile previsione, per il momento pare non placarsi – l’abbiamo visto – l’assalto mediatico alla novità sociale, dettato, quasi sicuramente, dal meccanismo di apparente esclusività del circuito, aperto solo a chi viene invitato a parteciparvi, e dalla conseguente curiosità che si viene a creare. Si aggiunga poi che, in seguito ad un numero di richieste considerato “folle”, lo stesso accesso ad invito è stato bloccato, accogliendo, quindi, solo in parte le richieste delle persone invitate e incrementando notevolmente l’aspettativa di quanti sono restati fuori. Per rendere l’idea del fermento in tal senso della rete, basti pensare che su eBay sono stati venduti inviti anche a 70 $. Il sistema “ad invito”, ricordiamolo, non è certo una novità per i dirigenti di Mountain View, avendo fatto la fortuna di Gmail qualche anno fa ed essendo stato adottato, con un riscontro decisamente inferiore, anche per Google Wave.
Se Facebook impone di creare una rete basata sull’eterogeneità dei rapporti e la massima condivisione; se Twitter permette di collegare a questa stessa rete chiunque solletichi il nostro interesse, prescindendo da una logica primariamente collaborativa e con funzione forse più informativa, di aggiornamento e assistenza piuttosto che emotiva; se LinkedIn crea relazioni basate sulla fiducia e l’affidabilità; se tutto questo è vero, Google Plus sembra riversare sull’utente la scelta di come e cosa condividere, di comprendere quale sia il perfetto mix tra gli approcci finora proposti nelle reti sociali, facendosi costruttore del proprio edificio relazionale.
Nella situazione attuale non sono presenti applicazioni esterne a Google, tuttavia si è diffusa la notizia secondo la quale l’apertura agli sviluppatori dovrebbe essere imminente: l’attesa è stata, probabilmente, motivata dalla volontà di presentare innanzitutto una versione definitiva del mezzo, che si dimostri capace di superare la fase momentanea di test. Altra indiscrezione riguarda la sicura introduzione di profili business, aperti alle aziende.
Sono stati già posti i primi problemi in tema di privacy, dunque in un terreno sul quale, l’abbiamo visto, si basa la possibile fortuna di Google+. Il giornalista del Financial Times, Tim Bradshaw, ha, infatti, spiegato come la funzione di “resharing” possa in parte ledere le volontà di condivisione degli utenti: «diciamo che un mio caro amico posti una fotografia dei suoi figli nel suo cerchio degli “amici”. Con l’opzione “condividi” presente su ogni post di Google+, possiamo ri-condividre con altri cerchi di contatti ai quali il mio amico non appartiene. Questo vale per qualsiasi tipo di post, non solo per le foto. Se il mio amico fosse consapevole di questo rischio, potrebbe aver disabilitato il resharing usando il menu a tendina che si trova sulla destra di ogni post, ma non sembra che questa opzione sia attivabile prima di aver condiviso il post. Google+, inoltre, per adesso non consente di disattivare il resharing di tutti i post dalle impostazioni».
A questo punto pare che lo scontro tra piattaforme sia inevitabilmente aperto: Facebook blocca Facebook Friend Exporter, il plugin per esportare gli amici su Google+, e propone – solo la prima, a suo dire, di una serie di novità – un nuovo servizio di videochat in collaborazione con Skype; BigG sceglie di non rinnovare l’accordo con Twitter per far comparire i tweet nei risultati delle ricerche; e in ambito business? Chi la spunterà?
Al via, dunque, alle scommesse sui futuri vincitori e vinti…
Pubblicato su: PMI-dome