Alcune recenti indagini dimostrano come gli utenti dei principali social network interagiscano con i propri contatti replicando di fatto i modelli fruitivi propri della loro quotidianità, rendendo sempre più sfumati i confini tra virtualità e realtà
Identità virtuale cercasi. Solida, credibile e, soprattutto, sopportabile.
Pare questi siano tempi particolarmente duri per i maghi di age- e genderswitching, per chi ama, insomma, fingersi qualcun altro, in un eterno – a volte spassoso, altre volte dannoso – carnevale virtuale. Gli utenti dei network sociali, sempre più disincantati, non sembrano, nelle proprie scelte di condivisione, cercare un approccio generalizzato, ma, al contrario, privilegiano quelle relazioni che, in un modo o in un altro, possiedono per loro un qualche legame con la propria personale quotidianità.
Alcune recenti indagini hanno mostrato come si sia assottigliato il confine tra mondo reale e mondo digitale, teorizzando una sostanziale compenetrazione tra le due e una singolare manifestazione del concetto di “realtà aumentata”: la simulazione sottesa all’utilizzo dello strumento web muta, allora, la propria essenza e si fa realtà essa stessa; la rete diventa uno spazio sociale in cui si realizzano delle pratiche fruitive legate, in primo luogo, all’universo di appartenenza e all’identità reale degli attori coinvolti, con delle conseguenze che devono inevitabilmente essere prese in considerazione da chi si occupa di comunicazione e marketing online.
In un articolo pubblicato sulla rivista dell’Accademia Nazionale delle Scienze Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) sono stati riportati i risultati di uno studio condotto da alcuni ricercatori della Harvard University che ha inteso indagare quanto le similitudini rilevate tra profili “amici” sui social network siano da ricondurre all’effetto cosiddetto “virale” dei contenuti veicolati e quanto dipendano, invece, da altri fattori. Ad esser stati presi in esame sono i comportamenti e le abitudini di duecento studenti di college, seguiti su Facebook per quattro anni di vita accademica, dal 2006 al 2010.
Viene confermata l’importanza del network virtuale nell’avvicinare persone che hanno una certa affinità di pensiero e di passioni, come avviene, del resto, anche al di fuori dell’ambito digitale. Tuttavia pare molto improbabile ai ricercatori di Harvard che possano essere mutuati gusti, interessi e preferenze dei propri amici digitali, se non inizialmente condivisi.
Si inverte, dunque, il processo: le vicinanze tra profili non sarebbero conseguenza dell’amicizia virtuale, ma ne costituirebbero la causa. Stando a tale interpretazione, inoltre, sarebbe necessario abbandonare l’idea di piattaforma aperta, inclusiva e potenzialmente in grado di connettere chiunque, per ripiegare, al contrario, su una visione ghettizzante del mezzo, che vede confermata la segmentazione sociale ed economica propria della vita reale.
Alcune critiche sono state avanzate circa il metodo utilizzato per l’indagine, basato sull’utilizzo dei dati segnalati come preferiti nelle schede informative personali dei profili analizzati e non anche sui contenuti postati, forse maggiormente rappresentativi delle reali inclinazioni dei soggetti. Allo stesso modo alcuni sostengono la fondamentale importanza dei network sociali – ai fini di una qualunque campagna marketing – come strumento di data mining, a prescindere dalla loro forza virale. Tuttavia l’esito delineato dalla ricerca, frutto di un canale istituzionale, non può essere ignorato da chi giornalmente spera nel contagio virale e sociale di un proprio messaggio, magari di velata natura commerciale o funzionale alla creazione della brand identity.
A risultati in parte simili conduce anche una recente indagine di NM Incite, la società di ricerca fondata dalla Nielsen e dalla McKinsey, attiva nella raccolta dati e consulenza marketing; tale indagine (titolata “State of Social Media Survey”) ha cercato di circoscrivere i fattori che spingono gli utenti dei social network ad accettare o cancellare qualche profilo dai propri contatti e le motivazioni che portano alla creazione stessa di un proprio profilo sociale. Si è scelto di analizzare – per un periodo compreso dal 31 marzo al 14 aprile 2011 – un campione rappresentativo composto da 1.865 individui adulti e utenti di social media, intendendo, con questo termine, chiunque sia solito condividere informazioni e partecipare a discussioni sul web, tramite Facebook, Twitter e altre piattaforme di social networking.
Veniamo ora ai risultati: in media un utente di Facebook possiede 130 contatti e, in linea con la tendenza evidenziata, le principali motivazioni che spingono gli utenti ad aggiungere qualcuno ai propri amici sono la conoscenza reale della persona (82% di preferenze) e l’esistenza di amicizie comuni (60%). Al terzo posto le questioni di lavoro – l’11% chiede o accetta il legame sociale per l’esistenza di un legame di collaborazione effettivo o per sfruttare la conoscenza a livello professionale – mentre l’attrazione fisica influenza solo l’8% del campione nella scelta di accettare o meno l’amicizia. Smentiti, dunque, tutti i luoghi comuni che vedono nella virtualità di questi mezzi un luogo privilegiato per l’approccio sociale e l’estensione a non finire della propria rete reale di amicizie. In penultima posizione, con il 7% ciascuna di preferenze, troviamo la volontà di incrementare le proprie conoscenze, la qualità della foto di profilo visualizzata (una versione contemporanea della cosiddetta “prima impressione”, che, in questo caso, pare non essere così importante) e la prassi di accettare la richiesta di amicizia da chiunque provenga. Infine un misero 4% si dichiara influenzato nella scelta dal numero di contatti rientranti nella cerchia di chi ha avanzato la richiesta.
La ricerca ha poi analizzato le motivazioni che spingono a chiudere un contatto virtuale su Facebook: anche in questo caso in testa alla classifica si collocano la scasa conoscenza nella realtà della persona (41%) e la pubblicazione di commenti considerati offensivi (55%) e, dunque, potenzialmente lesivi della propria social identity. Al terzo posto (36%) troviamo il tentativo di vendere qualcosa, a conferma dell’impossibilità di utilizzare i network sociali a scopi puramente commerciali e della necessità, al contrario, di identificare nuove forme di diffusione dei messaggi aziendali. Nel 23% dei casi, poi, la rottura avviene perché non si riesce più a sopportare i commenti tristi e depressi postati in bacheca dal contatto, nel 20% per mancanza di interazione effettiva con esso e nel 14% per un eccesso di messaggi politici.
Dovrebbero riflettere su questo dato, in particolare, i molti personaggi della sfera politica impegnati nella discesa in campo social, in particolare quelli meno conosciuti, che non possono contare sulla visibilità mediatica per strappare un’amicizia: per incrementare i propri consensi, la tecnica potrebbe, forse, essere quella di alternare, ai messaggi di stampo prettamente politico, quelli di natura più personale, relativi ai gusti e alle abitudini quotidiane, messaggi che – volenti o nolenti – raccolgono maggiormente l’attenzione di chi abita i network sociali.
Una rottura o un divorzio nella vita reale costituisce la causa dell’eliminazione per l’11% del campione, mentre per l’8% questa va rintracciata nel mancato interesse che si nutre verso gli amici del contatto che si decide di eliminare.
L’eccessiva invadenza del contatto (modificare troppo frequentemente il proprio profilo e chiedere l’amicizia a troppe persone) conduce il 6% degli utenti ad eliminare lo stesso, mentre la prassi di modificare solo raramente il proprio profilo è quasi ininfluente (3%).
La ricerca ha poi approfondito un altro aspetto riferito alle piattaforme sociali, l’uso, cioè, che gli utenti fanno delle stesse. Pare che i motivi principali di utilizzo siano la necessità di rimanere in contatto con la propria famiglia (89%), la volontà di ritrovare o mantenere vecchie amicizie (88%) e la voglia di cercare nuove conoscenze (70%). Con riferimento alla sfera dell’entertainment e lifestyle, il sondaggio ci dice che il 67% degli utenti si collega ad un social network per semplice divertimento e intrattenimento, il 64% come sbocco di creatività, il 47% per giocare, il 45% per offrire e ottenere informazioni, il 35% per seguire qualche celebrità e il 16% per trovare l’anima gemella.
Per quanto riguarda, invece, l’area prodotti/servizi, ci si connette principalmente per leggere i feedback degli altri consumatori (66%) o per avere informazioni e dettagli in merito ai prodotti prima di procedere con l’acquisto (60%), il 58% lo fa per sfruttare promozioni e acquistare coupon convenienti, il 54% per offrire un proprio feedback positivo e il 51% per offrirne uno negativo. Un po’ meno diffuso, invece, è l’utilizzo per motivi di lavoro: il 48% vede nei network un mezzo per mantenere contatti professionali e il 28% un modo per trovare un lavoro.
Vita digitale e vita reale dai confini sempre più sfumati, quindi. Un’amara consapevolezza per chi ha sperato e ancora spera di trovare un riscatto personale nella virtualità: curare la propria quotidianità e i propri rapporti reali sembra essere, in definitiva, la forma migliore di promozione sociale, per ottenere il successo ricercato in rete.
Pubblicato su: PMI-dome