Certificati medici via Web dal 13 settembre

Ecco gli oneri per le aziende, la normativa di riferimento e la procedura che deve seguire il lavoratore

Tra pochi giorni, a partire dal 13 settembre 2011, diventerà attivo il nuovo sistema di gestione online dei certificati medici di malattia: i datori di lavoro non avranno più il potere di chiedere ai loro dipendenti l’attestazione della malattia tramite certificato cartaceo, ma peserà sulle loro spalle l’onere di procedere alla consultazione del documento via Web, grazie agli strumenti informatici messi loro a disposizione dall’INPS.

Cerchiamo innanzitutto di definire il quadro generale della legislazione sulla materia.

La Legge 4 novembre 2010, n.183 – comunemente denominata “Collegato lavoro” e contenente “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro” – all’art. 25, “Certificati di malattia”, prevede che “al fine di assicurare un quadro completo delle assenze per malattia nei settori pubblico e privato, nonché un efficace sistema di controllo delle stesse, a decorrere dal 1° gennaio 2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di datori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione della attestazione di malattia si applicano le disposizioni di cui all’art. 55 septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

L’iter di approvazione della legge è stato piuttosto travagliato, poiché la legge è stata promulgata in seguito ad un rinvio al Parlamento da parte del Capo dello Stato ed è stata accompagnata dalle dure contestazioni delle parti sociali coinvolte; per questo motivo la norma porta una data di riferimento notevolmente anteriore all’entrata in vigore della stessa legge (il 24 novembre 2010, poiché pubblicata in G.U. n. 262 del 9 novembre 2010), cosa che comporterà – sostengono in molti – non pochi problemi in sede di interpretazione applicativa.

L’articolo 55 septies (“Controlli sulle assenze”) del d.lgs. 165/2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), cui fa riferimento la L. 183/10, è stato introdotto dall’art. 69 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e prevede che il certificato medico, attestante l’assenza per malattia del dipendete pubblico, sia inviato per via telematica, direttamente all’INPS dal medico o dalla struttura sanitaria pubblica che lo rilascia, secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente “per la trasmissione telematica dei certificati medici nel settore privato”. Una volta ricevuto il certificato, l’INPS lo invia all’amministrazione di appartenenza del lavoratore. Si precisa, inoltre, che l’inosservanza dell’obbligho di trasmissione telematica da parte del medico costituisce illecito disciplinare e, nel caso di reiterazione, comporta il licenziamento o, per i medici convenzionati, la decadenza della convenzione.

Sostanzialmente, quindi, con l’art. 25 della L. 183/2010, si è scelto di applicare il regime previsto per i lavoratori presso la P.A. nel rilascio e nella trasmissione degli attestati di malattia ai lavoratori del settore privato.

L’ultima pronuncia ufficiale sulla materia si è avuta con la circolare n. 4 del 18 marzo 2011, emanata congiuntamente dal dipartimento della Funzione Pubblica, dal dipartimento per la Digitalizzazione della PA e l’Innovazione tecnologica e dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011. Essa quale ha inteso “dare informazione ai lavoratori dipendenti (del settore pubblico e privato) circa gli oneri e i vantaggi della nuova procedura” e “descrivere gli adempimenti a carico dei datori di lavoro (del settore pubblico e privato) per la corretta ricezione delle attestazioni di malattia trasmesse per via telematica”. Per consentire i necessari adattamenti all’art. 25 della L. 183/2010, la circolare ha previsto un periodo transitorio della durata di tre mesi, a partire dalla sua data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta, appunto, lo scorso 13 giugno.

Cerchiamo ora di concentrare l’attenzione sui contenuti e il processo di trasmissione del certificato. Per prima cosa esso contiene i dati della diagnosi e/o il codice nosologico, poi il codice fiscale del lavoratore, la residenza o il domicilio abituale, l’eventuale domicilio di reperibilità durante la malattia, la data di inizio malattia, la data di rilascio del certificato, la data presunta di fine della malattia e la modalità ambulatoriale o domiciliare della visita eseguita.

La procedura su cui fondamentalmente si baserà il sistema prevede innanzitutto che il certificato venga inviato per via telematica, dal medico certificatore o dalla struttura sanitaria pubblica che l’abbia rilasciato, al SAC, Sistema di Accoglienza Centrale (curato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), e, tramite questo, all’INPS. In seguito il SAC restituisce al medico il numero di identificazione del certificato, il medico stampa certificato e attestato di malattia e li consegna al lavoratore. L’INPS, che ha ricevuto i dati del certificato dal SAC, individua il datore di lavoro riferito all’intestatario del certificato e mette a sua disposizione il certificato stesso.

Il lavoratore potrà, così, accedere al sito dell’INPS e consultare o stampare i propri certificati, attraverso l’inserimento del codice fiscale o del numero di certificato, o, se ne ha ottenuto accreditamento tramite PIN, entrando nell’apposita area dedicata.

Nonostante gli aspetti relativi alle procedure telematiche siano stati chiariti, mancano regole certe nella gestione del rapporto di lavoro tra dipendente e impresa in caso di assenza per malattia. In assenza di tali regole e in attesa dell’adeguamento dei diversi contratti collettivi con le nuove previsioni di legge, è stato sottoscritto, il 20 luglio, l’accordo interconfederale tra Confindustria e sindacati (Cgil, Cisl e Uil), grazie al quale si è cercato di chiarire quali siano i comportamenti da adottare e gli oneri richiesti ai dipendenti che realizzino delle assenze e ai loro datori di lavoro. Esso, pur limitato al comparto industriale, offre delle istruzioni utili anche agli altri settori (un accordo analogo è stato, inoltre, sottoscritto il 26 luglio 2011 da Confapi con i sindacati suindicati).

Secondo quanto si legge, restano invariate e sono pienamente efficaci le disposizioni contenute nei contratti collettivi che disciplinano il trattamento economico e quello normativo da applicare in caso di malattia del lavoratore, compresi gli obblighi, in capo al lavoratore stesso, di dare tempestiva comunicazione dell’assenza e di fornire indicazione circa qualsiasi variazione dell’indirizzo di reperibilità, dove potrà essere realizzata l’eventuale visita di controllo.

L’accordo introduce, poi, un ulteriore onere a carico del lavoratore, quello, cioè, di comunicare all’azienda, “nei tempi previsti per l’invio del certificato cartaceo dal contratto collettivo nazionale di lavoro che disciplina il suo rapporto”, il numero di protocollo identificativo del certificato inviato dal medico in forma telematica, onere che sembra sostituirsi alla previgente richiesta di consegna del certificato medico cartaceo.

Il datore di lavoro avrà, così, a disposizione diverse alternative per recuperare le informazioni circa gli attestati di malattia dei suoi dipendenti: la prima è, appunto, quella delineata nell’accordo del 20 luglio, cioè la comunicazione, secondo modalità predefinite, del numero identificativo, grazie al quale il datore potrà collegarsi al sito dell’INPS e proseguire con la consultazione.

Diversamente è possibile chiedere all’INPS il PIN per consultare gli attestati in un’area Web dedicata all’azienda, dove la ricerca può avvenire in base al codice fiscale o altri dati anagrafici relativi al dipendente coinvolto, o in riferimento ad un preciso intervallo temporale.

L’ultima opzione a disposizione è quella dettata dalla circolare INPS n. 119 del 7 settembre 2010, avente ad oggetto la “trasmissione telematica delle certificazioni di malattia all’Inps” e le “nuove modalità di invio degli attestati ai datori di lavoro pubblici e privati tramite PEC”. Stando a questa circolare, il datore può inviare, alle caselle PEC delle strutture territoriali dell’INPS competenti, la richiesta di vedersi recapitare nella propria PEC gli attestati di malattia.

Ad ogni modo, il datore di lavoro può fare riferimento alla disposizione contenuta nella circolare ministeriale 4/2011 che impone al dipendente di fornire il numero di protocollo, qualora ve ne sia stata esplicita richiesta da parte dell’azienda (tale richiesta dovrebbe essere opportunamente comunicata in forma scritta, magari aggiornando i regolamenti aziendali). Tale disposizione consente di superare le critiche che hanno visto nella nuova procedura un eccesso di oneri a carico dei datori di lavoro, i quali potrebbero non avere un direttore del personale che si occupi della faccenda o potrebbero non avere la giusta alfabetizzazione informatica.

Permane comunque, anche dopo il termine del 13 settembre, l’obbligo per il lavoratore di esibire la copia cartacea del certificato all’INPS e al datore di lavoro nei casi di ricovero ospedaliero, degenza in strutture di pronto soccorso e nel caso in cui il certificato sia stato emesso da una struttura privata non ancora abilitata alla procedura telematica, così come specificato nel messaggio dell’INPS n. 9197 del 20 aprile 2011 (“Certificazione di malattia in modalità cartacea”). Lo stesso obbligo persiste nel momento in cui il medico sia impossibilitato – ad esempio per malfunzionamenti nel sistema di trasmissione – a procedere all’invio digitale del certificato medico.

Il sistema telematico, per ora, sembra aver funzionato: come si legge in una notizia apparsa pochi giorni fa sul sito del ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione e basata su dati forniti dall’INPS, nel mese di agosto sono stati trasmessi online all’Istituto 759.552 certificati di malattia (122.785 in Lombardia, 91.273 nel Lazio, 68.546 in Sicilia, 66.250 in Veneto, 63.980 in Emilia Romagna, 54.126 in Campania, 51.789 in Piemonte, 41.848 in Toscana, 40.501 in Puglia, 28.289 in Calabria, 22.792 in Liguria, 19.991 in Sardegna, 16.787 in Friuli Venezia Giulia, 16.676 nelle Marche, 15.739 in Abruzzo, 10.086 in Umbria, 9.587 in Provincia di Trento, 7.858 in Provincia di Bolzano, 5.888 in Basilicata, 2.769 in Molise e 1.992 in Valle d’Aosta).

Nel complesso il totale dei certificati trasmessi a partire dalla data di attivazione della nuova procedura è pari a 14.365.917 unità. Stando sempre ad alcune informazioni riportate sul sito del ministero ed elaborate dall’INPS, i mesi in cui si sono registrati più certificati di malattia sono stati febbraio (ca. 2 milioni 143 mila) e marzo (ca. 2 milioni 10 mila) 2011; seguono maggio (ca. 1 milione 739 mila) e aprile (ca. 1 milione 516 mila) 2011. La settimana in cui sono stati trasmessi più certificati è stata quella che andava da sabato 5 a venerdì 11 febbraio 2011, quando sono stati inviati all’Inps oltre 575 mila certificati; hanno superato il mezzo milione anche le altre settimane di febbraio e la prima di marzo. Martedì 8 febbraio, infine, i medici hanno inviato all’INPS più di 148 mila documenti, stabilendo una sorta di record numerico.

I numeri relativi al periodo di test del sistema sembrano essere positivi, resta perciò da augurarsi che, con lo scattare dell’obbligo, permanga una spinta propositiva, che si riesca a minimizzare le problematiche organizzativo-burocratiche e ad uniformare le procedure.

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“INPS Servizi Mobile” per Android

Disponibile anche per il sistema operativo di Google l’applicazione per controllare l’estratto conto contributivo senza limiti di spazio e tempo
INPS Servizi Mobile”, questo il nome dell’applicazione che permette di controllare il proprio estratto conto contributivo tramite dispositivi mobile, tablet, smartphone e cellulari di ultima generazione.

La novità sta nel fatto che tale applicazione, sviluppata un paio di mesi fa per iPhone e iPad (dunque per sistema operativo iOS), sarà da oggi disponibile anche per dispositivi dotati di sistema operativo Android; scaricabile gratuitamente, essa è compatibile, in particolare, con la versione 2.1 o con le versioni successive, per funzionare necessita ovviamente del Codice Fiscale dell’utente e consente l’accesso ai soli soggetti in possesso di un PIN rilasciato dall’Istituto, o di una carta nazionale dei servizi.

Un percorso votato dunque all’innovazione, quello pensato dall’INPS, finalizzato – come si legge in una nota ufficiale diffusa nel sito – “a dare una risposta alla domanda crescente di utilizzo di informazioni e servizi da parte della propria utenza attraverso gli apparati mobili, coerentemente con la diffusione delle piattaforme mobili in Italia, con l’obiettivo di raggiungere un numero sempre più elevato di utenti”.

Lo scopo dell’applicazione INPS Servizi Mobile è quello di permettere ai cittadini di interfacciarsi ed interagire con alcuni servizi disponibili online, in un regime di maggiore libertà, privo di vincoli (escludendo l’ovvia necessità di connessione) e sfruttando la particolare predilezione e alfabetizzazione italiana alla fruizione in mobilità. Nuove forme di comunicazione, dunque, per rinnovati modelli comportamentali.

Oltre alla versione mobile del sito istituzionale, l’INPS aveva già reso disponibile per iPhone e iPad anche l’applicazione “INPS Ufficio Stampa”, che permette agli utenti di consultare comunicati stampa, documenti ufficiali e contenuti multimediali curati dall’ufficio stampa dell’Istituto.

Un’attenzione particolare, fanno sapere, è stata posta nella necessità di raggiungere trasversalmente un pubblico inevitabilmente eterogeneo, dunque di “andare incontro alle esigenze delle diverse fasce di utenza dell’Istituto”. Per questo vengono fornite “informazioni e servizi fruibili sia dai telefoni di moderna generazione che dai dispositivi meno ricchi di funzionalità”: “modalità di navigazione semplificata, contenuti immediati, sintetici e completi”.

Il portale m.inps.it completa, allora, la rosa delle soluzioni mobile pensate dall’Inps, accessibile anche da cellulari meno evoluti ma comunque capaci di navigare in rete: si parla di un “sito adattativo”, poiché “capace di riconoscere il dispositivo che accede al portale e presentare automaticamente l’interfaccia più adatta alla tipologia di utente collegato”.

In un video di presentazione presente nel sito, Marco Barbieri, direttore centrale comunicazione INPS, spiega come l’Istituto sia “da sempre all’avanguardia nella tecnologia ed è da sempre attento a mettere l’innovazione al servizio dei nuovi costumi e delle nuove abitudini degli italiani”. Con riferimento al portale web, egli sottolinea, poi, come in esso si riconoscano “le caratteristiche del sito web […]: stessa grafica, stessi riferimenti, per due modi diversi di navigare in rete”.
Prosegue, poi, Guido Ceccarelli, dirigente area portali, gestione documentale e posta elettronica INPS, affermando che “costruire un portare mobile significa realizzare un sito con caratteristiche proprie, complementari a quelle di un sito tradizionale, ma specificatamente pensate per l’utilizzo da parte di terminali mobili”; gli sforzi si sono concentrati nel “rendere i contenuti facilmente accessibili anche su un telefono cellulare che ha uno spazio di visualizzazione ridotto rispetto a quello a cui siamo normalmente abituati. Si è trattato di un lavoro mirato ed accurato di selezione dei contenuti dal portale istituzionale e relativo adattamento tecnologico a questo tipo di dispositivi […]”. Le attese maggiori sembrano ora rivolte in direzione di un feedback degli utenti, che consenta di “rifinire e ottimizzare maggiormente l’usabilità del portale mobile”.

Chiude, infine, Barbieri dichiarando che “il lavoro che l’Inps sta facendo in questa direzione non si ferma in questo modo, continua, visto che l’Inps è sempre in evoluzione, pronto a cogliere le opportunità che la tecnologia offre”: la notizia di questi giorni non fa che confermare positivamente tale dichiarazione di intenti.

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Arretrati retributivi per l’industria tessile, abbigliamento e moda

La circolare n. 57 del 28/03/2011 precisa che tali arretrati valgono anche per malattia e congedi

Con la circolare n. 57 del 28 marzo 2011, l’Inps chiarisce che gli arretrati retributivi previsti dall’Accordo del 9 luglio 2010 per il rinnovo del C.C.N.L. per l’industria tessile, abbigliamento e moda “sono valutati pure ai fini della determinazione delle prestazioni economiche di malattia, di maternità, di congedo matrimoniale e di integrazione salariale”.

L’Accordo in questione ha, infatti, previsto, tra le altre cose, “la corresponsione a titolo di arretrati retributivi, ai lavoratori in forza alla data del 21 maggio 2010, di un importo forfettario di Euro 40,00 lordi, da corrispondere con la retribuzione del mese di giugno 2010 e da commisurare all’anzianità di servizio maturata nel periodo 1° aprile – 31 maggio 2010”.

La circolare precisa che l’una tantum prevista è ridotta proporzionalmente, con riferimento ai contratti di lavoro part-time, a causa del minor numero di ore lavorative; al fine, poi, di maturale l’una tantum – il cui importo è escluso dalla base di calcolo del trattamento di fine rapporto – sono considerate utili “le assenze dal lavoro per malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, congedo matrimoniale, donazione di sangue intervenute nel periodo 1° aprile 2010 – 31 maggio 2010, che abbiano dato luogo al pagamento di trattamenti economici previdenziali a carico dell’Istituto competente e, ove dovuto, all’integrazione a carico delle aziende”; al contrario non sono considerati utili i periodi di sospensione della prestazione lavorativa senza diritto alla retribuzione (ad esempio a causa di “servizio militare, aspettativa, congedo parentale, cassa integrazione guadagni a zero ore settimanali”).

In merito ai riflessi sulle prestazioni economiche di malattia e di maternità (e su tutte le altre prestazioni a carico dell’INPS conguagliabili con i contributi, come i riposi post-partum, le retribuzioni previste per i donatori di sangue…) erogate nel periodo a cui si riferiscono gli arretrati retributivi in questione, “detti emolumenti non devono essere presi in considerazione nel periodo di paga in cui sono stati effettivamente corrisposti, ma vanno conteggiati nei limiti del pro quota riferito al mese considerato, da computare secondo le regole previste per le mensilità aggiuntive o premi (v. circolare 127 del 17.05.1991 e le altre precedenti ivi richiamate, a cui si deve aver riguardo anche per le modalità di conguaglio)”.

Per quanto riguarda, infine, i riflessi sulle integrazioni salariali (sia ordinarie che straordinarie) erogate nel periodo dal 1° aprile 2010 al 31 maggio 2010, “devono applicarsi le istruzioni impartite in materia di ricalcolo delle prestazioni in argomento con la circolare n. 58 del 05.03.1991”.

 

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Accordo Inps e Agenzie delle Entrate contro l’evasione fiscale e contributiva

Banche dati condivise, coordinamento operativo e strategie mirate di intervento, per permettere l’individuazione di eventuali frodi e il conseguente recupero dei crediti, il tutto nel rispetto delle norme sulla privacy

Siglato, giovedì 18 novembre, un accordo tra il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, e il Presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua: si tratta di un accordo bilaterale di durata quinquennale che, instaurando una certa sistematicità nello scambio di informazioni online e potenziando la rete dei controlli, intende primariamente avviare una rapida ed efficace azione di recupero dell’evasione fiscale e contributiva.

Sottolinea Mastrapasqua come «la nuova convenzione tra Inps e Agenzia delle Entrate» confermi «la stretta collaborazione tra due soggetti importanti della Pubblica Amministrazione che perseguono insieme il duplice obiettivo di recuperare risorse per il Paese e di contrastare l’illegalità. L’evasione fiscale e contributiva non produce solo un mancato incasso, ma coincide quasi sempre con una indebita prestazione sociale sotto forma di aiuti e sussidi a chi non ne avrebbe titolo se non fosse evasore. La Pubblica Amministrazione che cambia si contraddistingue per questa duplice attenzione, che si qualifica in un unico obiettivo: il miglior servizio per il Paese».

Alla base dell’accordo vi sarebbero una cooperazione ed un coordinamento di natura operativa, capaci di facilitare l’individuazione di eventuali frodi e il conseguente recupero dei crediti. Per permettere dei controlli incrociati, parti significative dei rispettivi database informatici verranno condivisi: L’Agenzia delle entrate, in particolare, sfrutterà le informazioni presenti nei registri Inps per cogliere la posizione delle imprese nei confronti del Fisco, confrontando eventualmente tale posizione con i risultati degli studi di settore. A sua volta l’Inps avrà libero accesso all’Anagrafe tributaria, allo scopo di verificare la situazione economico-reddituale dei contribuenti (sia persone fisiche, sia aziende e datori di lavoro) e valutarne, quindi, la possibilità effettiva di ricevere prestazioni sociali agevolate.

«Con questa convenzione – afferma Befera – si rafforza una strategia condivisa di recupero dell’evasione che punta sulla collaborazione tra i diversi enti della fiscalità per realizzare analisi di rischio sempre più puntuali ed efficaci. La consultazione e gestione coordinata degli archivi informatici, infatti, ci consente di programmare controlli più selettivi, incoraggiando nello stesso tempo l’adesione spontanea dei contribuenti».

Delle misure tecnologiche all’avanguardia e l’istituzione della figura del cosiddetto “supervisore”, con il compito di abilitare l’accesso ai database, garantiranno, poi, il rispetto delle leggi in materia di privacy, così come prescritto dal Garante.
Vale la pena sottolineare, infine, come l’accordo descritto non si limiti a permettere lo scambio costante di informazioni, ma solleciti la realizzazione di una serie di azioni congiunte e mirate su contribuenti individuati autonomamente dalle due istituzioni, evitando l’inutile sovrapposizione di organi addetti alle ispezioni. Le rispettive strutture regionali di Inps e Agenzia delle Entrare dovranno realizzare periodicamente degli incontri, nel corso dei quali individuare tali strategie mirate di intervento, tenendo conto delle indicazioni fornite a livello centrale.