Cloud computing: previsto un tasso di crescita annuale del 24%

Compuware presenta il report di The 451 Group, secondo il quale il mercato “as a service” raggiungerà i 16 miliardi di dollari entro il 2013

È noto quanto il cloud computing stia modificano gli assetti del mercato IT, creando nuovi modelli di sviluppo, presentazione e consumo delle informazioni e dei dati aziendali e permettendo delle politiche di gestione votate al cambiamento e all’innovazione.

Numerosi, dopotutto, i vantaggi del cloud per le aziende: pensiamo al notevole abbassamento nei costi di investimento, di supporto e di aggiornamento; pensiamo alla riduzione dei rischi in merito alla sicurezza dei dati; pensiamo, infine, alla facilità di accesso alle informazioni, disponibili in qualunque momento e in qualunque luogo.

A confermare e rafforzare tale consapevolezza, arriva un report di The 451 Group la società indipendente di analisi tecnologico-industriale, leader nel campo della ricerca di mercato e specializzata nei servizi di consulenza in ambito di innovazione IT. Stando ai risultati di tale report, annunciati da Compuware, il mercato del cloud computing passerà dagli 8,7 miliardi di dollari nel 2010 ai 16,7 miliardi di dollari del 2013, con un tasso di crescita annuale composto pari al 24%.

Compuware è la multinazionale che, fondata nel 1973, mette a disposizione delle aziende diverse “soluzioni software, esperienza e best practice per assicurare il funzionamento ottimale delle applicazioni e garantire valore al business”, gestendo e ottimizzando quindi le performance aziendali e supportando i CIO nell’“ottimizzare le prestazioni delle applicazioni end to end di organizzazioni leader in tutto il mondo”. Nell’affrontare le numerose sfide del moderno settore IT, essa non può, allora, prescindere dall’improntare una prospettiva che sia davvero completa, che consideri le previsioni di crescita aziendale e le prestazioni dei sistemi esistenti e che sia capace di generare valore per le aziende.

Da un obiettivo simile deriva la necessità di prendere in seria considerazione i dati rilevati dall’indagine, che di seguito cercheremo di vedere un po’ più nel dettaglio. Innanzitutto si apprende che, pur escludendo i profitti SaaS (Software as a service: consiste nell’utilizzo, a livello puramente applicativo, di programmi in remoto, spesso attraverso un server web), i servizi per l’infrastruttura e la piattaforma cloud passeranno da un mercato di 964 milioni di dollari nel 2010 ad uno di 3,9 miliardi nel 2013, con un tasso di crescita pari a ben 60 punti percentuali.

Il mercato punterà soprattutto su offerte PaaS (Platform as a Service: livello intermedio tra quello applicativo e quello infrastrutturale, riguarda l’uso in remoto di un’intera piattaforma software potenzialmente costituita da diversi applicativi, servizi, programmi…), IaaS (Infrastructure as a Service, che implica l’utilizzo diretto e su richiesta di risorse hardware in remoto) e SiaaS (Software infrastructure as a service, che riguarda l’utilizzo di software cloud-based per costruire e gestire un ambiente cloud).

Per la crescita di questo settore, un ruolo fondamentale, identificato nel 2010 in una percentuale del 40%, sarà, infine, quello giocato dallo storage cloud-based: “vediamo lo storage come l’aspetto potenzialmente più produttivo e prevediamo che il cloud storage sperimenterà la più forte crescita nel segmento delle piattaforme cloud” leggiamo nel report.

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Due milioni i domini .it: raddoppiati in cinque anni

I dati diffusi dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr di Pisa affermano, per il contesto italiano, la quinta posizione in Europa e la nona nel mondo, per numero di domini

Una buona notizia per nazionalisti e patriottici del web; un traguardo che assume quasi i toni del paradosso, nel proprio intento di dare una definizione territoriale a qualcosa che è, per sua stessa natura, immateriale; un semplice numero: due milioni.

Esso fa riferimento ai domini “.it”, registrati, cioè, in Italia, e fa balzare il nostro Paese al quinto posto nella classifica europea per numero di domini nazionali – che vede in testa la Germania (.de), seguita da Inghilterra (.uk), Olanda (.nl); Unione europea (.eu) – e al nono in quella mondiale, preceduto, oltre che dai domini appena citati, dal .cn cinese, secondo in classifica, dal .ru russo, dal .ar argentino e dal .br brasiliano, rispettivamente sesto e settimo.

Questi dati sono stati resi noti dall’Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Iit-Cnr), che gestisce il Registro.it, incaricato di assegnare i domini italiani. Il primo di tali domini ad aver solcato la rete è stato proprio quello del Cnr, cnr.it, il 23 dicembre 1987. Il duemilionesimo indirizzo web a “targa italiana”, arrivato dal Registro, è invece “light-stone.it”, richiesto da una società in nome collettivo di Acqualugna, nella provincia di Pesaro-Urbino e registrato con il sistema sincrono, in tempo reale; nel 2005 il milionesimo sito l’aveva ragiunto un privato cittadino di Caltanissetta, Luca Vullo, studente del Dams di Bologna che richiese il dominio “lucavullo.it”. Il direttore dell’Iit-Cnr, Domenico Laforenza ci tiene a sottolineare, a tal proposito, come “il trend di questi ultimi anni conferma che il mercato dei nomi internet non conosce crisi e che essere presenti in rete connota una forte identità culturale e nazionale”.

A permettere un tale sviluppo nel mercato dei domini italiani, è stata sicuramente l’introduzione del sistema sincrono, il 28 settembre 2009. È da poco più di un anno, quindi, che nel nostro Paese ci si è adeguati alle procedure di registrazione proprie degli Sati più evoluti in termini di burocrazia telematica: registrare o trasferire un dominio .it in precedenza implicava l’utilizzo di anacronistici fax o, peggio ancora, l’invio della cosiddetta LAR (lettera assunzione responsabilità) via posta ordinaria. Con il sistema sincrono si offre, invece, la possibilità di fare tutto in tempo reale, e soprattutto, direttamente online, con notevoli risparmi di tempo, e facendo salire la media mensile di registrazioni a 32mila, delle quali oltre 27mila in tempo reale (solo il 18 per cento dei richiedenti utilizza ancora il vecchio metodo); un tale andamento ha permesso di raggiungere, già il 30 settembre 2010, con 324mila nuove registrazioni, il totale dell’intero 2009, pari a 339mila.

Le procedure più snelle e la tempistica decisamente più efficiente, garantite dal sistema sincrono”, insiste Laforenza, “hanno indotto la stragrande maggioranza degli utenti a privilegiare fin da subito questo canale di registrazione, riducendo fortemente l’impatto del vecchio sistema asincrono sul totale delle nuove registrazioni. L’attivazione del dominio in poche ore, senza inutili attese, l’eliminazione della carta e del fax, hanno determinato il successo della scelta del Registro di introdurre le registrazioni automatiche”.

Anche secondo Maurizio Martinelli, responsabile dell’Unità Sistemi e Sviluppo del Registro.it, “il sistema sincrono è stato sicuramente una tappa fondamentale del processo di innovazione del Registro”. Egli sottolinea, inoltre, come, la via dell’innovazione sia ormai incalzante ed inarrestabile, anticipando alcune prossime iniziative: “a breve saranno introdotte altre novità tecnologiche importanti tra le quali l’Idn (Internationalized domain name), che permetterà di registrare i propri domini mantenendo il nome esattamente uguale alla reale denominazione di persona, società o marchio (ad esempio registrare nomi con lettere accentate)”.

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Cloud computing: le nuvole italiane di Telecom

Presentato a Milano il nuovo progetto di piattaforma cloud computing pensato da Telecom Italia per semplificare l’attività e ridurre i costi di gestione delle imprese e delle amministrazioni pubbliche

L’amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, è intervenuto ieri al teatro Puccini di Milano per presentare il proprio progetto Nuvola Italiana.

Si tratta di una piattaforma di cloud computing basata su una piena convergenza tra telecomunicazioni ed Information Technology, “un mondo di servizi in grado di semplificare la vita delle imprese pubbliche e private, svincolandole dalla gestione degli aspetti informatici. La Nuvola Italiana comprende infatti l’insieme di infrastrutture e applicazioni che permettono l’utilizzo di risorse hardware e software distribuite in remoto che possono essere utilizzate su richiesta, senza che il cliente debba dotarsene internamente”. Questa la definizione del progetto data nel sito www.nuvolaitaliana.it, ad esso interamente dedicato.

Bernabè ha cercato di evidenziare la portata epocale di quella che lui definisce “una sfida importante“, sottolineando come la propria azienda non possa limitarsi a svolgere il ruolo di semplice “bit carrier-trasportatore di bit”, ma debba “dare servizi, una famiglia di servizi”: “Telecom cambia pelle: non può vivere solo di connettività, ma vuole vendere servizi”.

La soluzione prospettata dovrebbe consentire alle piccole, medie e grandi imprese, ma anche alla pubblica amministrazione, la possibilità di usufruire agevolmente “di infrastrutture e servizi forniti in modalità on demand e pay per use senza dover investire in risorse IT dedicate e in know-how specializzato”. Le aziende potrebbero avere immediata accessibilità a delle risorse che, spostate sulla rete, risulterebbero costantemente aggiornate e ritagliate sulla base delle specifiche esigenze operative, senza necessità di acquistare particolari apparecchi e limitando, quindi, notevolmente (Bernabè parla di una 60-70%) i propri costi di gestione, compresi i costi relativi ai consumi energetici; quest’ultimo aspetto porterebbe anche alla riduzione dell’inquinamento e ad una maggiore sostenibilità ambientale.

Per arrivare a questo è necessario però, stando a Bernabè, modificare lo schema produttivo, abbattendo, prima di tutto, due forti ostacoli presenti nel contesto italiano: la propensione, da un lato, a disporre di un oggetto fisico (un server o un dispositivo di storage) e la scarsa inclinazione, dall’altro lato, a mettere a disposizione di terzi i propri dati aziendali.
Agire in tal senso sulla produttività e sulla competitività italiana sarebbe, secondo Bernabè, un’inevitabile strategia “per uscire dalla crisi congiunturale che stiamo attraversando”, per “colmare il gap che ci divide dalle altre nazioni europee”, causato in gran parte “dalla mancanza di investimenti nel settore ICT”.

La stima è che entro il 2012 il mercato italiano dei servizi “IT managed” erogati in modalità cloud possa generare un giro d’affari di circa 300 milioni di euro, con un tasso di crescita medio annuo 2009-2012 di circa il 20 %. La previsione è di un investimento da parte della Telecom di circa 30 milioni di euro, con l’ obiettivo, piuttosto ottimistico, di raggiungere una quota di mercato del 20-25%.

Come si legge nel comunicato stampa dedicato alla notizia all’interno del sito di Telecom, “con questa nuova iniziativa Telecom Italia conferma ulteriormente il proprio impegno nello sviluppo di servizi e soluzioni ICT innovative in grado di aumentare la competitività di imprese e pubbliche amministrazioni a beneficio dell’intero sistema paese e per una maggiore sostenibilità”.

Al termine della presentazione, una domanda ha costretto Bernabè a tornare sull’accordo tecnico relativo modello infrastrutturale per la rete di nuova generazione, cosiddetto Tavolo Romani, raggiunto tra Telecom e gli operatori di telecomunicazioni alternativi lo scorso venerdì; egli ha affermato che “a prescindere dal comportamento dei provider alternativi, NGN lo realizzeremo noi. Non delegheremo a terzi una responsabilità di infrastruttura che è puramente nostra”.

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