Testate tricolori e social media: ancora poca interazione

Ben 11,5 milioni di interazioni su Facebook e Twitter indagate da Blogmeter allo scopo di comprendere il modo in cui i principali quotidiani italiani gestiscono i social media. Poco sfruttate le foto e gli altri mezzi ad alta capacità virale

Quello del giornalismo in tempo di Web 2.0 è un tema destinato a suscitare un dibattito piuttosto acceso, sul quale, alle opinioni discordanti, si aggiunge la difficoltà nel comprendere una situazione in continuo divenire. Si moltiplicano le competenze richieste alle nuove leve, si diversificano i mezzi, si perdono, allo stesso tempo, alcune originali convenzioni, la passione si trasforma, a volte, in copiaincolla e sfruttamento, i ritmi si plasmano su una notizia dalla vita sempre più breve. Le informazioni si preparano a viaggiare lungo canali molto distanti tra loro, la cui integrazione, seppur auspicabile, non sembra essere così semplice. Qual è, allora, la risposta delle principali testate all’avvento delle nuove dinamiche sociali della rete? Come si relazionano i quotidiani italiani alla massa di potenziali lettori che ha ormai da tempo invaso i diversi social media? A simili interrogativi ha provato a offrire una risposta BlogMeter, attraverso un’indagine presentata lo scorso 25 aprile, nel corso del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia (dal 24 al 28 aprile 2013), da Vincenzo Cosenza, social media strategist di BlogMeter. A commentare i risultati della ricerca, sono intervenuti anche Peter Gomez (ilfattoquotidiano.it), Raffaela Menichini (repubblica.it), Marta Serafini (corriere.it) e Daniele Bellasio (social media editor de ilsole24ore.com).
Sfruttando lo strumento di analisi Social Analytics, sono state messe a fuoco 11,5 milioni di interazioni nei primi tre mesi del 2013, sviluppate da 56 pagine Facebook e 38 account Twitter delle maggiori testate giornalistiche italiane, allo scopo di rilevare le performance sul lato social dell’intero settore e di individuare le principali pratiche di gestione.
Si è partiti dall’analisi della piattaforma leader, Facebook: il numero di fan rappresenta solo il punto di partenza per una strategia di presenza efficace, tuttavia esso ci offre un’importante stima circa l’ampiezza della community di riferimento. In base a questa tradizionale metrica, le pagine analizzate possono essere raggruppate in tre gruppi: vi sono cinque pagine che superano i 700 mila fan, tra le quali in cima troviamo la testata all digital Fanpage.it, con oltre 1,4 milioni di fan, pari a oltre 300 mila fan in più rispetto alla seconda classificata, La Repubblica (1.140.234 fan); al terzo posto Il Fatto Quotidiano (897.236), seguito da La Gazzetta dello Sport (857.484) e dal Corriere della Sera (778.034). Al secondo gruppo appartengono le nove pagine che arrivano alla soglia dei 300 mila fan, il terzo raggruppa tutte le altre pagine che si posizionano al di sotto dei 100 mila fan.
Si è passati poi ad indagare il livello di engagement sviluppato da ciascuna pagina, che rappresenta in sostanza la sfida maggiore per ciascun operatore presente nel network. Il total engagement è dato dalla somma dei like, dei commenti, delle condivisioni e dei post spontanei pubblicati dai fan in bacheca. Posizione leader da questo punto di vista spetta a La Repubblica, con quasi 5 milioni di interazioni (4.902.110), seguita da Il Fatto Quotidiano (2.002.230) e da Fanpage.it (1.827.173). Quest’ultima sale al secondo posto se si considera la sola capacità di stimolare le condivisioni, mentre Libero eccelle nel rapporto tra engagement e fan (il cosiddetto Page engagement), riuscendo a sviluppare 186 interazioni per ogni 1000 fan. A sorpresa il quarto posto della classifica del total engagement è occupato dalla free press, con ben 1.523.645 interazioni di Leggo, testata che raggiunge la medaglia di bronzo se si considerano i soli like o i soli commenti.
Altro dato interessante è il livello di engagement per post, cioè la capacità dei contenuti di essere apprezzati e di generare interazioni, viralità. La media del settore si aggira intorno alle 78 interazioni per post, tuttavia La Repubblica distanzia di molto gli altri, ricevendo in media 1.124 interazioni per ogni post; seguono Il Fatto Quotidiano (574 interazioni per post), Il Giornale (316,4), Leggo (244,6) e La Gazzetta dello Sport (190).
Considerando qualitativamente i contenuti, ci si accorge di come le testate tendano a postare principalmente link per rilanciare le notizie e portare dunque traffico al proprio sito web. Meno utilizzate invece le foto e nessuno sembra utilizzare le funzionalità multimediali aggiuntive offerte da Facebook (come album, video o sondaggi). Il paradosso è che sono proprio le foto – com’è facilmente intuibile – il contenuto in grado di essere maggiormente virale; non a caso sono accompagnati da immagine i due post che hanno suscitato, nei tre mesi di indagine, il numero più elevato di interazioni: la prima, dalle file del Corriere della Sera, raffigura la salita al soglio pontificio di Bergoglio (23.392 like, 14.712 condivisioni e 1.215 commenti, per un totale di 39.319 interazioni), la seconda è la raffigurazione un po’ simbolica, apparsa sulla bacheca de La Repubblica, di un fulmine sulla cupola di S. Pietro nel giorno delle dimissioni di Papa Benedetto XVI (11.595 like, 19.743 condivisioni e 1.168 commenti, per un totale di 32.506 interazioni).
Le performance dei quotidiani su Facebook sono state poi riassunte in una “Engagement Map”, che mostra sull’asse delle ascisse il numero di fan, nell’asse delle ordinate il total engagement (like, commenti, share e post spontanei) e nell’ampiezza della bolla il numero di post scritti. Tale schema permette di individuare quattro quadranti: il primo in alto a destra è costituito dai “leaders”, cioè da coloro che hanno saputo raccogliere un gran numero di fan e un buon livello di engagement (La Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Fanpage.it, seguiti da Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport e Leggo). Il secondo in basso a destra è rappresentato dai “fan collectors”, cioè dai giornali che sono riusciti a raccogliere un buon numero di fan, ma senza sfruttare la viralità del mezzo (L’Unità, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Tuttosport ). In alto a sinistra troviamo gli “engagers”, coloro che hanno ancora pochi fan, ma sono capaci di sviluppare un livello di engagement superiore alla media (Il Messaggero, Il Giornale, Libero, The Huffington Post), dunque con buone potenzialità di sviluppo nel prossimo futuro. La maggior parte delle testate si colloca nel quadrante in basso a sinistra, formato dai ritardatari in termini di fan e di coinvolgimento, i cosiddetti “laggards”.
La disanima si sposta poi su Twitter. Anche qui si parte con la classifica per numero di followers, sempre nella consapevolezza che questa metrica tradizionale, pur non essendo la più rilevante, permette di rilevare il bacino potenziale dell’audience. Al primo posto troviamo La Repubblica, con 787.126 follower, seguita da La Gazzatta dello Sport (728.587), Il Fatto Quotidiano (539.091), Corriere dello Sport (306.712) e Corriere della Sera (275.644).
A conoscere il tasso di crescita maggiore nel periodo analizzato sono La Repubblica, il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport, con un range che va dai 900 ai 1200 followers nuovi al giorno, grazie agli investimenti pubblicitari e al fatto che gli account di tali testate rientrano tra quelli consigliati da Twitter agli utenti.
Il grado di affezione e awareness (in sostanza l’engagement) su Twitter può essere indagato attraverso il numero di mentions (retweet, reply e citazioni spontanee ricevute). Se La Repubblica e Il Fatto Quotidiano mantengono le posizioni viste nella classifica per followers, il Corriere della Sera guadagna la seconda posizione, La Stampa sale alla quarta e spuntano le testate online (Linkiesta, Il Post e Fanpage.it). Se si considerassero, tra le menzioni, solo i retweet comparirebbe, nella classifica dei top ten, anche Libero, a scapito de Il Giornale.
Per comprendere l’ampiezza effettiva dell’audience, sono stati stimati anche gli autori unici delle menzioni. Al primo posto per singoli utenti che hanno menzionato almeno una volta la testata si trova, anche in questo caso, La Repubblica (72.062 utenti), seguita da Corriere della Sera (49.438) e Il Fatto Quotidiano (39.119). Il confronto tra mention e unique authors permette di capire se si ha di fronte un pubblico ristretto che twitta molto o il contrario: La Stampa, ad esempio, che si collocava all’ottava posizione per followers, sale qui alla quarta posizione, ad indicare degli utenti molto attivi.
L’analisi passa poi a occuparsi dell’engagement sviluppato da ciascun tweet, dato dal rapporto tra menzioni dell’account e tweet prodotti dallo stesso, al fine di apprendere la capacità di ciascun tweet di stimolare retweet e reply, dunque di generare delle interazioni. La media del settore è di sole 3,5 reazioni per cinguettio e la testata che più delle altre riesce a sfruttare la viralità del mezzo è Il Fatto Quotidiano, con 18 reazioni per tweet, seguito da La Repubblica (15), Il Sole 24 Ore (11,2) e Corriere della Sera (8,6).
Un aspetto interessante da valutare su Twitter è l’utilizzo degli hashtag: La Gazzetta dello Sport è il quotidiano che più utilizza questo meccanismo (ricorre soprattutto a #calcio #news e #gds). Il Corriere del Mezzogiono usa spesso #Campania e #Puglia per etichettare le notizie a livello territoriale, Il Fatto Quotidiano #fattotv. Per contro gli utenti preferiscono, nelle interazioni con le testate, ricorrere ad hashtag che fanno riferimento ad eventi raccontati; ciò significa che se le testate riescono a seguire il flusso dell’interazione, possono incrementarne la portata inserendovisi con hashtag pensati proprio in relazione ad eventi particolari.
Ad aver suscitato il numero maggiore di menzioni sono un tweet de La Repubblica in cui vengono riportate le parole di De Gregorio che ammette di aver preso soldi da Berlusconi per fare cadere Prodi (584 retweet e 79 reply per un totale di 663 interazioni) e un tweet de Il Fatto Quotidiano sulla morte di Jannacci (516 retweet e 73 reply, per un totale di 589).
I risultati sono stati anche in questo caso raccolti in una “Engagement Map”, che allo stesso modo evidenzia nell’asse delle ascisse il numero di followers, in quello delle ordinate il numero di mentions e nell’ampiezza della sfera il numero di tweet pubblicati dalle testate. Il quadrante dei “leader” è popolato da La Repubblica, Corriere della Sera (che su Facebook era meno presente), Il Fatto Quotidiano, La Gazzetta dello Sport, La Stampa, Il Sole 24 Ore (ben più forte su Twitter) e Il Post; tra gli “engagers”, troviamo Linkiesta e Fanpage.it, mentre tra i “follower collectors” Il Giornale, Dagospia, Tuttosport e Corriere dello Sport.
Rispetto allo scorso anno si nota una maggiore attenzione delle testate tradizionali ai social media”, commenta Vincenzo Cosenza, “soprattutto a Facebook, che lo scorso anno risultava un po’ snobbato”. La strategia più evidente è quella di mero presidio dei social media: non si punta al coinvolgimento di fans e followers ma si cerca piuttosto di catturarli per indirizzarli al proprio sito web principale. Si tratta certo di un atteggiamento “figlio delle metriche di valutazione vigenti nel settore”, ma che non consente la fidelizzazione del cliente. Le tecniche tipiche delle piattaforme, le sue potenzialità sono, allora, scarsamente sfruttate (poco usare le foto, l’immagine di copertina viene cambiata solo raramente, non si interagisce nei commenti, non si lanciano materiali esclusivi). Su Twitter buona parte del coinvolgimento “viene demandato alla volontaria capacità dei giornalisti di interagire e portare acqua al molino della testata”. Non poca sembra, in conclusione, la strada che il settore informazione deve ancora percorrere per raggiungere un livello elevato di coinvolgimento e stimolo per il lettore attraverso le piattaforme social, ma non pochi sono i segnali che fanno presagire un possibile imminente sviluppo in tal senso.
Pubblicato su: PMI-dome