Multitasking, ibridazione, mobile: le molte anime del consumatore multicanale

Il 2012 segna il passaggio della multicanalità a fenomeno di massa, coinvolgendo il 53% della popolazione italiana. L’e-commerce diventa sempre più ideale per la vendita, la pubblicità rafforza il proprio ruolo chiave nel processo d’acquisto e si creano nuovi bisogni informativi e di relazione per gli utenti

Grazie alla progressiva alfabetizzazione informatica e alla massiccia diffusione delle nuove tecnologie, è mutato radicalmente, negli ultimi anni, il ruolo che l’utente sembra ritagliarsi all’interno del panorama dei media, del commercio e dell’agire aziendale. Non più un semplice bersaglio della filiera, ma parte attiva della stessa, sia in qualità di bisogni che chiedono soddisfazione sia in quanto ago di una bilancia capace di far spostare l’opinione degli altri consumatori, attraverso un nuovo potere che egli ha di divulgare ampiamente la propria esperienza.
Costantemente impegnato a monitorare l’evoluzione del consumatore multicanale e l’influenza di Web e tecnologia nelle dinamiche d’acquisto è l’Osservatorio Multicanalità, frutto della collaborazione tra Nielsen, Nielsen Online, Connexia e School of Management del Politecnico di Milano. Giunto al sesto anno di attività, esso ha presentato lo scorso 13 dicembre, presso il Politecnico di Milano, i risultati dell’indagine 2012 “Dai mass media alla multicanalità di massa?”, con tanto di hashtag ufficiale #OM12.
Il trend che innanzitutto sorprende è quello relativo all’evoluzione attuale della multicanalità, costretta a trasformarsi da fenomeno relativamente di nicchia (nel 2007, anno di fondazione dell’Osservatorio, toccava 15,7 milioni di italiani) a fenomeno di massa, che arriva ora ad interessare il 53% della popolazione over 14 (+13% sul 2011). L’indagine individua l’anno in corso come decisivo per la svolta verso tale inclinazione, trainata dall’inarrestabile diffusione della tecnologia e dal perdurare della crisi economica, la quale costringe sempre più a coinvolgere i consumatori in tutte le fasi del processo d’acquisto.
È un cambiamento radicale, insomma, quello portato dalla rete e dalle sue manifestazioni nello scenario economico-sociale italiano e globale. E il cambiamento – ha sottolineato Cristina Papini, Research & Analytics Director di Nielsen – passa anche attraverso un’istituzione millenaria come la Chiesa, che sembra dare segnali per un’apertura verso il nuovo, consapevole del potere sempre più forte dei new media: “il Papa parlava ai fedeli la domenica da piazza San Pietro, oggi parla ai fedeli chiamandoli amici via Twitter”.
La componente sociale è da sempre molto importante nell’agire aziendale, la differenza è che ora, grazie al successo delle molte piattaforme di social networking, essa è diventata essenziale nelle agende dei responsabili delle aziende e non più soltanto accessoria. Il digitale diventa sempre più essenziale nelle strategie di comunicazione e di vendita. Si pensi, ad esempio, all’advertising online, che – ha evidenziato ancora Papini – “sta crescendo e sta diventando parte del media mix delle aziende”: “solo 4 anni fa, nel 2008, tra le top 100 aziende in Italia investivano online solo 88. Sembra un numero elevato, in realtà oggi tutte e 100 investono online e l’investimento medio per azienda è, in questi 4 anni, triplicato”. Si fa strada una convinzione sempre maggiore, nell’agire aziendale, circa le potenzialità dei nuovi mezzi e, chi ora ci si avvicina, non lo fa in modo timido, ma sempre più massivo.
Non poche sono le opportunità del multiscreen (multischermo), della simultaneità, cioè, nell’uso di diversi devices per accedere ai contenuti. “I dati più recenti ci dicono che tra i possessori di iPad, il 45% fa shopping mentre guarda la televisione”, ha proseguito Papini. Affinché l’esperienza si faccia realmente ed efficacemente multicanale, è necessario permettere all’utente di portare a termine nella sua interezza la fruizione, consentendogli, ad esempio, di effettuare l’acquisto all’interno della propria esperienza di navigazione multicanale, senza imporgli di doversi spostare. Cambia, quindi, il paradigma di riferimento, poiché si “comprime il processo d’acquisto”, che diventa sempre più rapido e veloce. Una comunicazione aziendale efficace sarà, dunque, in grado di ridurre notevolmente i tempi impiegati dal consumatore per dare seguito al proprio desiderio di acquisizione. Ciò impone una maggiore sinergia tra comunicazione e canale distributivo, tra comunicazione e processo di organizzazione aziendale e si traduce in una grandissima opportunità per le imprese, ma, allo stesso tempo, in un elemento di ulteriore complessità.
Altro aspetto fondamentale del fenomeno multiscreen è l’interazione: gli utenti, mentre sono esposti ai contenuti prodotti dall’azienda, mentre sono bersaglio delle sue campagne comunicative, possono condividere, riportare le proprie esperienze, interagire. Viene superato, dunque, il rapporto tradizionale azienda-consumatore, si arriva a toccare il vissuto dei consumatori stessi. Le aziende non possono fare a meno, a questo punto, di sfruttare questo vissuto, comprendendo pienamente i confini e le prospettive delle trasformazioni in corso.
Emblema della possibilità di creare un legame esperienziale tra azienda e consumatore in Italia è stato, nelle scorse settimane, lo show televisivo X Factor: il successo del legame creato attraverso meccanismo di votazione, applicazione e tweet da condividere, ha reso il telespettatore protagonista della rappresentazione e ha permesso di superare il muro del milione di telespettatori nel corso della serata conclusiva (quota molto elevata per un canale pay).
A rendere possibile l’esperienza multiscreen sono ovviamente i canali mobile, divenuti ormai parte integrante della vita personale e aziendale. In Italia gli smartphone sono diffusi tra oltre la metà della popolazione (56%), superando addirittura gli Stati Uniti (50%). La penetrazione dei tablet è del 5%, percentuale ancora contenuta, tuttavia con ampissimi margini di crescita. Il mobile costringe a trasformare ancor di più il paradigma d’acquisto, consentendo a chiunque di comprare dove e quando vuole, liberando dai vincoli del negozio fisico e pure da quelli dell’hardware fisso della propria casa e del proprio ufficio.
Integrazione, mobilità e ibridazione rendono sempre più sfumato il confine tra mondo fisico e virtuale. La crescita esponenziale dell’e-commerce fa sì che i retailer si sentano minacciati dalle vendite online e dalle offerte sempre più vantaggiose da esse proposte. Nel contesto statunitense si diffondono pratiche di concorrenza sempre più spinta tra i settori dell’off e online, tra le quali il showrooming (i retailer online forniscono delle app che consentono al consumatore di controllare il prezzo praticato dai retailer offline e incentivano, quindi, l’acquisto online al prezzo più conveniente) e il pricematching (l’utente che si reca nel negozio fisico può consultare una app che indica il prezzo online e, se questo è più basso di quello offline, può chiedere alla cassa che gli venga applicato).
Cambiano le esperienza di vendita, costrette a modellarsi sulle mutate esigenze degli utenti. Secondo i risultati di una ricerca conclusasi poche settimane fa per conto di Marco Polo Expert – ricorda infine Cristina Papini – il punto di vendita ideale per il consumatore mantiene le sue caratteristiche base (poter toccare con mano i prodotti, poter provare, potersi rivolgere a un addetto per farsi consigliare, ma non dirigere, dato che consumatore arriva al punto vendita già informato), integrandole con formule innovative, che consentono, ad esempio, di andare a ritirare dei beni precedentemente ordinati online, di prenotare online un prodotto al momento out of stock, di leggere direttamente dal cartellino le recensioni e le esperienze degli altri utenti, di accedere a contenuti multimediali relativi al prodotto o di pagare direttamente attraverso il proprio cellulare.
La rivoluzione digitale sembra aver messo nelle mani del consumatore una sorta di nuovo potere, che le aziende sono costrette a prendere in considerazione, adattando il prodotto, la comunicazione, la distribuzione e il prezzo alle esigenze di tale potere.
I consumatori digitali rappresentano oggi la parte prioritaria della popolazione italiana e ciò comporta lo sviluppo di nuove sfide non solo per le aziende ma anche per coloro che si occupano professionalmente di analizzare il fenomeno: “I consumatori digitali sono diventati troppi, mettendo in crisi il sistema di riferimento usato in questi anni per studiarli”, ha rilevato Christian Centonze, Targeting & Segmentation Manager di Nielsen. Da qui la scelta dell’Osservatorio di cambiare prospettiva, limitando l’approfondimento al solo segmento degli utenti della rete. L’oggetto di studio non sarà dunque, più, da questa edizione in poi, l’intera popolazione italiana, ma – ad oggi – quei 31 milioni di consumatori digitali “evoluti”. “Se fino ad oggi bastavano due variabili per classificare i consumatori multicanale – essenzialmente quanto sono importanti le tecnologie digitali nel determinare il mio comportamento d’acquisto e quanto le utilizzo in modo interattivo […] – adesso queste variabili non bastano più, ne servono almeno altre due: la prima è la propensione all’e-commerce, la seconda, ancora più importante, è il ruolo dei devices mobile nella propensione all’acquisto”, ha sottolineato sempre Centonze. Utilizzando queste quattro variabili si passa dalla precedente definizione di due stili d’acquisto all’identificazione di quattro distinti comportamenti di consumo multicanale, raccolti in altrettanti cluster.
Troviamo innanzitutto i cosiddetti Newbie, che, pari a 5,3 milioni di individui, rappresentano i neofiti dell’approccio multicanale. Dal punto di vista sociodemografico, questo cluster è caratterizzato da una prevalenza di donne (60%), dalla presenza consistente di over 55 (34%), infine da una scolarità e una disponibilità economica adagiata sulla media italiana. Sotto il profilo psicografico, si tratta di individui con comportamenti piuttosto tradizionali: sono abitudinari, dedicano gran parte del tempo libero alla cura della casa e della famiglia, si dimostrano poco aperti all’innovazione, rappresentano un target ancora sostanzialmente televisivo, utilizzano un cellulare classico, non si impegnano per un processo d’acquisto particolarmente strutturato o pianificato, ma sono semplicemente orientati ad un prezzo basso. In questo segmento l’intensità di utilizzo del mezzo digitale non è particolarmente forte, si determina una multicanalità poco sviluppata, che si traduce in una bassa interazione con le aziende e con gli altri utenti, nella presenza di forti barriere all’accesso di un’esperienza e-commerce e nel ruolo ancora marginale dei devices mobili nel processo d’acquisto. La cosa interessante è che questo è un cluster molto piccolo: ciò significa che la multicanalità rappresenta una soluzione radicale, una volta che l’utente decide di intraprenderla, la abbraccia in modo massivo.
Gli Old Style Sufer, pari a 7,7 milioni di consumatori, si caratterizzano per un approccio al web “vecchio stile” e strumentale, pensato per agevolare il proprio processo d’acquisto. Dal punto di vista sociodemografico, si nota una moderata prevalenza di uomini (54%) e di giovani (gli under 35 sono il 35%), una scolarità medio alta e un reddito in media. Giovanili anche nell’atteggiamento: gli Old Style Surfer sono razionali e pianificatori, amano le novità, hanno fiducia nella tecnologia e nel progresso, nel tempo libero fanno sport, navigano molto in rete e giocano ai videogames; non sono particolarmente inseriti nel processo d’acquisto (non amano, infatti, fare shopping), ma utilizzano le tecnologie per rendere più efficiente tale processo e spendere, così, meno tempo possibile. Questi utenti sono ben immersi nella multicanalità, tuttavia il loro approccio non si discosta molto da quello tipico dei neofiti: bassa interazione con le aziende, leggono le opinioni di altri utenti ma non interagiscono a pieno con loro, hanno una propensione media all’e-commerce e i devices mobili possiedono un ruolo marginale nel loro processo d’acquisto.
I Social Shopper sono i veri protagonisti dell’attuale scenario digitale, rappresentano il gruppo più numeroso, pari a 10,7 milioni, e si caratterizzano per il forte ruolo che la rete gioca nella loro esperienza di spesa. Dal punto di vista sociodemografico, anche tra essi vi è una prevalenza di uomini (56%), una scolarità medio alta e un reddito in media; ben il 58% appartiene alla fascia degli over 45. Centonze li definisce il “ceto medio illuminato”: sono curiosi, amano le novità, l’innovazione e la tecnologia, praticano attività culturali, il bricolage, navigano molto su internet, sono persone estroverse e al tempo stesso solide e razionali; sono i veri professionisti dello shopping, il loro processo d’acquisto risulta particolarmente strutturato e la tecnologia è la loro migliore alleata nella costante ricerca della “smart choice”, ossia di acquisti intelligenti (coupon, deal, offerte vantaggiose) e del miglior rapporto qualità/prezzo. Utilizzano le nuove tecnologie in modo non solo intenso, ma anche particolarmente maturo: interagiscono in modo elevato con le aziende, partecipano attivamente alle discussioni con gli altri utenti, hanno una propensione medio-alta all’e-commerce, tuttavia anche per loro il ruolo dei devices mobili è piuttosto marginale nel processo d’acquisto. Sono proprio la numerosità e il profilo dei Social Shopper ad attestare come ormai la multicanalità possa essere definita un fenomeno di massa.
Infine gli Hyper Reloaded, che sono 7,6 milioni e rappresentano la punta massima del consumatore multicanale. Si tratta di un cluster fortemente maschile (59%), concentrato nelle fasce centrali d’età (i 25-44enni rappresentano il 57%) e con un livello socioeconomico alto (alta scolarità e ottima disponibilità di reddito). Gli Hyper Reloaded possiedono il profilo del consumatore ideale: sono estroversi, eclettici, sperimentatori, alla ricerca di avventura, di divertimento e dei più recenti devices tecnologici; hanno una vita sociale molto intensa, spendono il proprio tempo libero in svariate attività in e outdoor, viaggiano spesso all’estero e passano molto tempo fuori casa. Il loro processo d’acquisto è molto strutturato, possiedono un elevato fabbisogno informativo e rincorrono la “smart choice”, ma sono disposti a spendere in misura elevata. Utilizzano in modo assiduo le nuove tecnologie, che permettono loro un’interazione medio-alta con le aziende, una partecipazione attiva alle discussioni con gli altri utenti e un’alta propensione all’e-commerce. Per questo cluster i devices mobili sono fondamentali nel processo d’acquisto.
Ad essi sarà necessario guardare per comprendere come si evolverà lo scenario della multicanalità in Italia, da ciò l’importanza che la dimensione mobile dovrà avere nell’orientare le risorse e gli investimenti ideativi delle aziende: “Se da una parte i Social Shopper testimoniano la rilevanza della multicanalità nel presente, dall’altra gli Hyper Reloaded prefigurano quali traiettorie evolutive possiamo immaginare per la multicanalità nel futuro e in particolare come tali traiettorie siano intimamente connesse al crescente ruolo che smartphone e tablet si stanno ritagliando nel processo d’acquisto degli italiani”, ricorda ancora Centonze.
Cresce in maniera esponenziale l’e-commerce: Internet diventa per il 56% dei rispondenti il canale di vendita adatto alle proprie esigenze personali e migliora la percezione dell’esperienza d’acquisto online: tra gli elementi considerati positivi, vi sono la comodità (41%), convenienza (27%, in crescita di 3 punti percentuali sul 2011), assortimento (29%, +4%) e shopping experience (18%, +4%); migliorabili gli aspetti di percezione relativi a sicurezza e post vendita (comunque in crescita).
Con riferimento alle categorie merceologiche più acquisite online, accanto a quelle storicamente affini al commercio elettronico (ricariche telefoniche, prodotti di editoria, elettronica di consumo, viaggi, ticketing…), crescono notevolmente l’abbigliamento, che si colloca al secondo posto (il 29% di chi ha fatto shopping online si è collocato in questa categoria), e i prodotti per la cura della persona, che rappresentano la prima categoria di largo consumo acquistata online.
In relazione agli strumenti di pagamento utilizzati, la carta di credito tradizionale si conferma il metodo più diffuso (31% di chi ha effettuato acquisti online), ciononostante alcuni metodi alternativi hanno conosciuto uno sviluppo sensibile, come PayPal (29%) e sprepagate (22%).
L’Osservatorio ha cercato, inoltre, di quantificare la disponibilità crescente degli italiani a fare e-commerce, chiedendo agli intervistati se negli ultimi 6 mesi avessero effettivamente acquistato beni o servizi in rete: a rispondere positivamente è stato in media il 46% del campione, pari a 14,4 milioni di italiani, con una propensione all’acquisto irrisoria da parte dei Newbie (14%, pari a 0,7 milioni di individui), ridotta da parte degli Old Style Surfer (41%, pari a 3,2 milioni di persone) e consistente da parte dei Social Shopper (50%, cioè 5,4 milioni di individui) e soprattutto degli Hyper Reloaded (66%, pari a 5,9 milioni di utenti).
Con quale device si fa e-commerce in Italia? Da questo punto di vista emerge il divario rispetto allo scenario oltreoceano, con quel 92% di transazioni che ancora avvengono tramite pc tradizionale. Tuttavia notevoli sono i margini di crescita per i tablet, considerando che essi si posizionano al secondo posto per utilizzo in fase d’acquisto (4%), sopravanzando gli smartphone (3%), nonostante la loro bassissima diffusione tra la popolazione italiana rispetto ai telefoni cosiddetti intelligenti.
L’indagine ha inteso poi rilevare la sede virtuale dell’acquisto: il 34% del campione compra direttamente sul sito di chi produce il prodotto o il servizio, decretando, di fatto, una contrazione della filiera della vendita, quella che Centonze chiama “disintermediazione”. Aumenta parallelamente la fiducia per i venditori che operano esclusivamente online, con il 31% di surfer che affermano di aver acquistato sul sito di un e-store e il 10% che ha sfruttato un sito di social shopping. Tutte queste tendenze sembrano minacciare i punti vendita e le catene tradizionali, ancorati nell’online a una misera percentuale del 15% di utenti che acquistano sul loro sito.
Il processo d’acquisto sotteso all’online risulta – ci dice ancora l’Osservatorio – completamente diverso rispetto a quello tradizionale, definendosi in forma sostanzialmente monomediale: il 54% di coloro che hanno fatto shopping online dichiara di essere venuto a conoscenza del prodotto o servizio acquistato proprio attraverso la rete, contro un 11% che deve l’acquisto al passaparola di amici e parenti e un 10% alla televisione. Più in particolare, lo strumento virtuale più utilizzato sembra essere il motore di ricerca, tuttavia, spostandosi sui cluster più avanzati, salgono di rilevanza anche tutte le altre fonti di informazione: per i Social Shopper, ad esempio, i motori di ricerca (31%) sono seguiti dalle newsletter (18%), dal passaparola online (17%) e dall’advertising online (7%); quest’ultimo diventa addirittura la seconda fonte più importante per gli Hyper Reloaded (22%), dopo i motori (28%) e prima di adv (17%) e newsletter (10%). Un processo d’acquisto, quindi, certamente monocanale, ma abbastanza complesso e articolato.
Con riferimento al ruolo della rete nella ricerca di informazioni su beni e prodotti – al di là del processo d’acquisto vero e proprio – rimane pressoché stabile la quota di quanti vedono il Web come fonte principale in tal senso (84%) e aumenta la quota di quanti lo utilizzano per confrontare i prezzi (dal 74% del 2010 al 78% del 2012). Le informazioni vengono ricercate da casa per il 78% del campione (percentuale che sale all’84% con riferimento ai Social Shopper e addirittura al 93% per gli Hyper Reloaded), dall’ufficio per il 21%, in mobilità per il 18% e direttamente nel punto vendita per un misero 17%: si tratta di una svolta epocale rispetto all’approccio tradizionale che vede il punto vendita come principale referente del potenziale cliente.
I siti dedicati ai confronti tra i prodotti si confermano, per gli utenti, la fonte d’informazione più rilevante sul Web (55%), seguiti, subito dopo, dalle opinioni degli altri utenti (54%), opzione in forte crescita rispetto agli scorsi anni. Alle porte del 2013 sembrano essere, dunque, gli stessi consumatori il mezzo prioritario che le aziende devono sfruttare per ottenere la sperata fiducia nell’affidabilità dei propri prodotti e servizi. Al terzo posto tra le fonti considerate più affidabili, vi sono i siti delle aziende (40%) e articoli di esperti e opinion leader (28%).
Al centro dello sviluppo multicanale dell’agire imprenditoriale, vi è allora il cliente, i cui giudizi e la cui interazione arrivano oggi ad influenzare notevolmente lo stesso processo d’acquisto: aumentano negli anni le percentuali di quanti apprezzano la lettura delle opinioni di altri consumatori (dal 58% del 2010, al 62% del 2010, fino al 68% del 2012) e quella di coloro a cui piace partecipare attivamente alle discussioni online su prodotti e servizi (dal 23% del 2010, al 24% del 2011, fino al 27% del 2012). Tra le principali categorie merceologiche in cui il buzz gioca un ruolo chiave, troviamo l’elettronica di consumo, i ristoranti/locali, i viaggi e i prodotti alimentari. Un commento positivo letto su Internet può, in definitiva, spingere un qualsiasi utente a comprare il bene oggetto di commento, al contrario un giudizio negativo può facilmente indurre ad abbandonare l’acquisto. Questa consapevolezza è alla base del clamore suscitato nei mesi scorsi dai presunti fenomeni di scambio di commenti e crowdturfing su piattaforme quali TripAdvisor, in grado di deviare, proprio grazie alla massiccia e attiva presenza degli utenti, gusti e scelte generali, a favore di alcuni operatori e a discapito di altri.
Il consumatore reso così forte dall’innovazione tecnologica non sembra, tuttavia, mettere in crisi il mondo della comunicazione pubblicitaria, che, al contrario, continua a giocare un ruolo chiave nel processo decisionale d’acquisto. La televisione si conferma il mezzo che maggiormente invoglia a comprare (40%, contro il 37% del 2011), seguita dal punto vendita (23%, stabile rispetto al 22% del 2011) e da Internet (17%, contro l’11% dello scorso anno). Tutti e tre i mezzi comunque si dimostrano, con riferimento a questo parametro, in crescita rispetto al 2011, con un tasso che raggiunge per la rete quasi il 50%.
Se si scompongono questi dati in relazione ai cluster individuati, si nota come comunicazione sullo schermo televisivo e su Internet siano correlate positivamente in termini di efficacia (tanto più è efficace è l’una, tanto più lo sarà l’altra), creando una logica di sinergia più che di competizione tra i mezzi (sinergia che esclude però i punti vendita, le cui comunicazioni risultano inefficaci per invogliare l’acquisto degli Hyper Reloaded)
A ciò è legato il fenomeno del multitasking, che sembra assumere quest’anno dimensioni enormi: 8,4 milioni di individui passano almeno la metà del tempo davanti alla televisione con un PC, 5,7 milioni con un cellulare e 1,4 milioni con un tablet. Complessivamente, allora, utilizza un qualsiasi device per almeno la metà del tempo trascorso davanti alla tv ben il 34% del campione, pari a 10,6 milioni di individui, con una netta prevalenza degli Hyper Reloaded.
Questo dato rischia di imporre un cambiamento radicale negli obiettivi da dare ad una qualsiasi comunicazione pubblicitaria aziendale: se fino a ieri – ha sottolineato infine Centonze – lo scopo di uno spot televisivo “era sedimentarsi nella testa del consumatore sperando poi di influenzare il suo comportamento d’acquisti più in là, adesso un altro obiettivo concreto diventa quello di influenzare il suo comportamento subito, magari portandolo a interagire”.
Mobile e multi-tasking sembrano essere, dunque, in definitiva, i due grandi fenomeni capaci di trasformare ulteriormente il processo d’acquisto degli utenti.
Lo scenario delineato appare piuttosto stimolante per il tessuto imprenditoriale italiano, la sfida in capo all’agire aziendale non riguarda soltanto un cambiamento del media mix pubblicitario (in cui cresce la quota di internet, pari ormai al 13,1% del totale investimenti pubblicitari), ma impone di prendere in seria considerazione i mutamenti nei comportamenti d’acquisto multicanale dei diversi cluster, progettando di conseguenza opportune strategie: “I nuovi segmenti di consumatori multicanale pongono sfide importanti alle imprese. Conoscerli in dettaglio è importante per evitare di bombardarli di informazioni su tutti i canali ma per coinvolgerli in esperienze nuove di interazione con l’impresa, che creino un legame più profondo con la marca” – ha dichiarato Andrea Boaretto, Head of Marketing Projects School of Management Politecnico di Milano – “specialmente in un periodo come l’attuale in cui le marche vivono una crisi di identità e di capacità di essere rilevanti per i consumatori”, facendo leva solo su promozioni e sconti.
In questo contesto” – ha evidenziato in conclusione Giovanni Pola, Managing Director di Connexia – “per le aziende dialogare con i consumatori proponendo contenuti e iniziative di engaging non è più sufficiente. Il consumatore si vuole vedere premiato per ‘spendere’ il proprio time budget nella relazione con l’azienda. Come dire ‘Ci tieni a me? Dimostramelo non solo a parole’. Ecco che mantenere una relazione stretta basata su interessi comuni e premiare questa relazione in modo tangibile con iniziative di rewarding diventa fondamentale
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