Dietro l’acquisizione di Skype, un’operazione da molti considerata eccessiva, si nasconde la necessità per il Colosso di Redmond di lanciarsi nel mondo della comunicazione e condivisione online
La nota ufficiale diffusa lo scorso martedì, nella quale il colosso di Redmond annunciava l’acquisto del celebre e apprezzato software di messaggistica istantanea e Voice over Ip Skype, non fa che confermare una tendenza ormai evidente: la nuova sfida di stampo hi-tech passa, inevitabilmente, per il settore dei servizi che facilitano le relazioni in rete.
Quegli 8,5 miliardi di dollari scommessi da Microsoft (la più grossa acquisizione della sua storia, lunga 36 anni) sono sembrati a molti una somma eccessiva: stiamo parlando, certo, di un know how inimitabile nell’ambito della comunicazione voce e video tramite Web e di un sistema rilevante di relazioni con carrier e società di telecomunicazioni per l’utilizzo di reti Lte ad alta velocità; ma ci riferiamo anche ad un’azienda che, malgrado il vasto consenso generalizzato (i dati parlano di 663 milioni di utenti registrati, di 145 milioni di fruitori attivi su base mensile e di 207 miliardi di minuti complessivamente spesi nel 2010 a chattare, chiamare e videochiamare), non è mai stata in grado di convincere investitori pubblicitari e utenti a sostenere concretamente il proprio business.
La difficoltà maggiore sta nel monetizzare la schiera di utenti che, attratta dalla possibilità di telefonare gratuitamente, ha utilizzato servizi commerciali a pagamento per un misero 6%, pari a 8,8 milioni di clienti, della base attiva.
Un settore promettente, quindi, ma difficile da rendere redditizio, dato che l’unica fonte di ricchezza sono le chiamate a pagamento, quelle, cioè, in cui uno dei due terminali non è un computer ma un telefono tradizionale. I debiti in capo al gruppo telefonico sono pari a 686 milioni di dollari e, con 860 milioni di fatturato (20% di crescita nel 2010) e 264 milioni di profitti operativi, esso ha chiuso lo scorso anno fiscale con una perdita netta di 7 milioni di dollari. Tali difficoltà finanziarie avevano costretto Skype a rinunciare alla quotazione in Borsa, ma la capitalizzazione potenziale della società era stata valutata intorno al miliardo di dollari, quindi una cifra notevolmente inferiore a quella offerta dalla società fondata da Bill Gates e che, tuttavia, le ha permesso di battere la concorrenza di altri giganti della rete, come Cisco, Google e Facebook, i quali si erano fermati – pare – a 3-4 milioni di dollari.
È proprio in questo punto che va rintracciata, per parte dell’opinione pubblica, la motivazione di un’esposizione economica così ampia e rischiosa: Skype non rappresenterebbe che un tassello della controffensiva di Redmond rivolta ad Apple e soprattutto a Google sul terreno della telefonia mobile e di Internet. L’azienda leader tra i motori di ricerca ha, infatti, ormai acquisito la posizione di capofila anche con riferimento al traffico dati e voci sui dispositivi mobili “intelligenti”, grazie ovviamente alla piattaforma Android. Microsoft potrebbe rinnovare la propria condizione – piuttosto precaria – nelle comunicazioni mobili, preinstallando Skype nella propria piattaforma Windows mobile 7, in modo da creare una perfetta triangolazione con l’accordo stipulato con Nokia con l’obiettivo sviluppare il sistema operativo per gli smartphone di quello che rimane il primo produttore mondiale di telefonini.
Il fatto che Microsoft abbia valutato la società quasi dieci volte il suo fatturato del 2010 ha fatto temere, inoltre, che si stesse creando una sorta di bolla dei titoli internet. Uno sguardo alla tendenza in corso nel contesto di mercato non fa che consolidare tale tesi: la settimana scorsa Renren (soprannominata la “Facebook cinese”) è stata collocata a Wall Street con una valutazione di 5,5 miliardi di dollari, pari a 72 volte i suoi ricavi 2010 (quando perse più di 64 milioni), così il titolo è volato subito da 14 a 22 dollari per azione (+57%); Twitter sembra potrebbe valere 10 miliardi, ben 222 volte i ricavi del 2010 e 67 volte quelli sperati quest’anno; Facebook, stando ad alcune fonti anonime del Wall Street Journal, potrebbe valere addirittura un centinaio di miliardi, mentre Groupon (il nuovo fenomeno dei gruppi d’acquisto) è stata valutata 1,35 miliardi 5 mesi fa, 4 miliardi due mesi dopo e 20 miliardi adesso. Non a caso quest’ultima, consapevole di tale inevitabile aumento dei prezzi, aveva rifiutato l’offerta di 6 miliardi fatta da Google lo scorso dicembre.
È difficile, tuttavia, credere che Microsoft – abituata a tenere alcune divisioni in perdita, se considerate strategiche – si possa essere semplicemente lasciata ingannare dalla cosiddetta bolla di internet; così come è difficile pensare che un impegno economico simile possa essere motivato dalla sola volontà di impedire che Skype finisse nelle mani dei competitors: Google e Apple possiedono già delle proprie tecnologie per la comunicazione video e audio VoIp (Google Voice e Facetime di Apple), quindi si può ben ipotizzare che non sarebbero mai arrivate a sborsare una cifra simile. Risulta più verosimile, per risalire alla motivazione d’acquisto, soffermarsi sul modo in cui Microsoft potrebbe cercare di valorizzare Skype.
Nel comunicato ufficiale di martedì, si spiegava, innanzitutto, che Skype dovrebbe diventare sostanzialmente una divisione di Microsoft, la Microsoft Skype Division, continuando il suo trend di crescita all’interno del nuovo gruppo proprietario; la strada intrapresa sembra essere votata, quindi, oltre che all’autonomia, anche alla continuità, dato che, a guida della nuova divisione, è stato designato lo stesso Tony Bates, attuale presidente di Skype, secondo il quale «Microsoft e Skype condividono la visione di portare innovazione del software e prodotti ai nostri clienti…Insieme saremo in grado di estendere la comunità e di introdurre nuove modalità di comunicare e collaborare». Tale scelta, pur di per sé estremamente saggia, pare in parte obbligata: i servizi online di Microsoft sono gestiti da grandi computer centrali, mentre l’architettura di Skype si basa sul peer-to-peer, necessitando in parte, per funzionare, della capacità di elaborazione dei computer degli utenti. Alla base del sistema – frutto delle stesse menti del controverso Kazaa – vi è una logica di condivisione ben distante dalla cultura imprenditoriale propria di Microsoft e i dubbi si concentrano, allora, sulle modalità con cui si deciderà di farle convivere. Non sono ancora state dettagliate le caratteristiche operative del nuovo assetto, tuttavia sembra essere chiara la volontà di integrare Skype all’interno dell’intero pacchetto di offerte Microsoft: dalle periferiche Microsoft Xbox (si giocherebbe a distanza con altri utenti), Kinect (interfaccia gestuale dell’Xbox) e Windows Phone, al sistema operativo Windows, da Outlook a Hotmail, da Messenger a Lync (la soluzione di Unified communications per aziende); dal mondo consumer a quello business, quindi, l’intero impianto Microsoft sarà coinvolto da quello che è un terreno mai davvero esperito dal gruppo: stando alle intenzioni, verrà potenziato lo stesso servizio VoIp offerto da Skype e verrà rafforzata l’attuale gamma di prodotti che Microsoft dedica alla comunicazione in tempo reale, garantendo comunque anche il supporto a piattaforme non-Microsoft. Oltre a queste integrazioni, è probabile che si cercherà di rendere più redditizio il servizio veicolandovi annunci pubblicitari in video o audio.
«Skype è un servizio fenomenale che è amato da milioni di persone in tutto il mondo…Insieme creeremo il futuro della comunicazione in tempo reale così che la gente possa facilmente rimanere in contatto con familiari, amici, clienti e colleghi in qualsiasi parte del mondo», sottolinea Steve Ballmer, CEO di Microsoft, che entra, quindi, ufficialmente nell’era “post personal computer”, e non lo fa certo in punta di piedi. «Sono ben lontani i tempi in cui Bill Gates snobbava internet come uno strumento senza prospettiva», ricorda un ironico Pierangelo Soldafini dalle pagine de “Il Sole 24 ore” di mercoledì 11 maggio: quella a cui assisteremo sarà una strategia a 360°, tesa tra pc, mobilità e gaming, che potrebbe portare Microsoft (grazie, appunto, anche alla probabile compatibilità di Skype con piattaforme non proprietarie) a possedere lo status di leader mondiale nella telefonia tramite web. Essa potrebbe diventare, poi, un fondamentale interlocutore per gli operatori telefonici impegnati nello sviluppo della banda larga, al fine di facilitare le telefonate gratuite degli utenti che si trovano in luoghi coperti da wi-fi.
Fondato nel 2003 dagli stessi sviluppatori del noto programma di file-sharing Kazaa (Niklas Zennström e Janus Friis), Skype ne condivide la mentalità, il meccanismo tecnologico basato sulla cooperazione e, purtroppo, anche l’alto rischio di scontro con l’industria cui si contrappone (nel caso di Kazaa le etichette discografiche detentrici dei diritti d’autore, le quali obbligarono i fondatori a vendere; nel caso di Skype la telefonia globale). Con l’acquisizione da parte di Microsoft, l’azienda subisce per la terza volta un passaggio di proprietà: nel 2005 era stata comprata per 2,5 miliardi di dollari dal gigante delle aste online eBay, che nel 2009 – incapace di integrarla nella propria attività e di renderla un’impresa redditizia – l’ha rivenduta per il 70% ad un gruppo di investitori privati guidati da Silver Laje, per 2 miliardi di dollari, quindi per una cifra inferiore rispetto a quanto pagato. In quell’occasione il 14% era tornato ai fondatori. Nei vari passaggi la sede legale era rimasta a Lussemburgo e il 44% della forza lavoro era sempre quello originario di Tallin, in Estonia. Egon Durban, managing director della cordata di investitori ex-proprietaria, è intervenuto dichiarando la propria soddisfazione per «la trasformazione di Skype durante il periodo di nostra proprietà» e ringraziando «per lo straordinario impegno del suo team management e dei dipendenti»; si è dichiarato, inoltre, entusiasta per il «futuro di Skype con Microsoft, in quanto è destinato a diventare una delle piattaforme più dinamiche e complete al mondo della comunicazione».
Non è possibile non vedere, dietro l’acquisizione, «un’operazione di lifting», come sottolinea Massimo Sideri ne “Il Corriere della Sera” dell’11 maggio: «il vecchio colosso di Redmond sa da tempo che il ricco flusso che deriva dalle licenze di Office and Co. è destinato ad assottigliarsi sempre di più». Microsoft – è bene sottolinearlo – non ha problemi economici, visto che incassa più di 50 miliardi di dollari; nel 2007 era stata accusata di aver strapagato (6 miliardi) anche per un’altra acquisizione, quella di aQuantitative, piattaforma per la pubblicità, mentre tre anni fa offrì 47,5 miliardi di dollari per acquistare Yahoo! (una sfida diretta a Google), anche se, in seguito ai tentennamenti e alle richieste di rilancio degli azionisti della società californiana, l’offerta venne ritirata e oggi Yahoo! vale la metà di quella cifra. Questa volta, però, le motivazioni all’acquisto sembrano aver affrontato uno step ulteriore, sembrano reclamare una svolta, necessaria, in una visione dotata di lungimiranza, alla sopravvivenza stessa dell’azienda: «Microsoft ha i soldi e Skype le idee», ricorda Walter Riolfi su “Il Sole 24 ore” dell’11 maggio.
Skype sembra essere, in definitiva, la soluzione ideata per superare il gap ideologico e tecnologico che separa Microsoft dagli altri big della rete e del mobile, un cuscinetto sul quale il gruppo intende lanciarsi per giungere, non priva – ne siamo certi – di garanzie, alla nuova era della comunicazione sociale.
Solo il tempo ci dirà «se riuscirà anche a diventare più giovane di qualche anno e non solo a sembrarlo».
Pubblicato su: PMI-dome