Tra crisi e nuove opportunità digitali, muta il volto del libro in Italia

Il Salone di Torino ha fornito la sede ideale per approfondire le più recenti tendenze del mercato editoriale tricolore: il segmento bambini e ragazzi salva le vendite, crescono il ruolo dell’online e la presenza nei social, seppur in modo non costante

Grande successo di pubblico per il 26° Salone Internazionale del Libro di Torino, chiusosi lo scorso lunedì 20 maggio 2013 con un +4% di ingressi rispetto al 2012. Stima che si pone in controtendenza rispetto alla dinamica del consumo di libri in Italia e alla congiuntura negativa che sembra non voler abbandonare il settore editoriale.
L’appuntamento si è posto, allora, come sede privilegiata per un’approfondita riflessione circa le più recenti tendenze di questo mercato. I dati diffusi per l’occasione dall’Associazione Italiana Editori sulla base delle stime realizzate da Nielsen, mostrano la centralità del segmento bambini e ragazzi per la sopravvivenza del libro in Italia, in un periodo storico segnato da non poche avversità, in primis dal netto calo dei lettori.
Il 2012 chiude con un -7,8% sulle vendite a valore (pari ad un fatturato di 1.320.538.000 euro, contro 1.432.506.000 euro nel 2011) e un -7% sulle vendite a copie (corrispondente a 101.536.000 copie libri vendute, contro le 109.121.000 del 2011) nei canali trade (dunque sulle librerie di catena, su quelle indipendenti, sugli store online, sulla Gdo, esclusi tutti i vari canali alternativi, come cartolerie, uffici postali, negozi specializzati in articoli per bambini, collezionabili per bambini venduti in edicola…).
A risentire meno della crisi nel 2012 è stato il settore della fiction (-3,6% a valore e -2% a volume), seguito appunto dall’editoria per ragazzi (-6,2% a valore e -5% a volume), mentre ha continuato a soffrire la non fiction.
Calando il focus sui primi quattro mesi del 2013, si evidenzia come, nel canale trade, siano state vendute 27.816.000 copie libri, poco meno rispetto alle 28.015.000 copie dello stesso periodo 2012 (-0,7%). Ben più significativo il calo registrato nelle vendite a valore (-4,4%), che passano dai 361.955.000 euro del 2012 ai 346.024.000 euro in questo primo quadrimestre 2013. Sembra diminuire, dunque, il giro d’affari, mentre resta sostanzialmente stabile il numero di copie vendute. Ciò è dovuto all’aumento del peso dei paperback (costituiscono il 17% del totale, contro il 7% dello scorso anno) e alla diminuzione dei prezzi dei libri, in risposta ad un cliente che si orienta sempre più nella fascia più bassa di prezzo al momento dell’acquisto di nuovi titoli. Cala, in altri termini, il potere di spesa del lettore italiano.
Svanisce, allora, del tutto l’illusione di un mercato immune alla difficile situazione economica generale: se all’inizio della crisi esso sembrava resistere malgrado tutto, con tassi di crescita attorno all’1-2 punti percentuali, a partire dal 2011 si è assistito ad un’inversione di tendenza, con un’intera filiera – dalla stampa alla distribuzione alle librerie – che ha cominciato ad accusare i colpi del cambiamento. Sono mutate le percezioni del pricing, del valore dei marchi e della funzione stessa dell’editoria. Si è sviluppato il self-printing, sono cresciuti il commercio on-line e il mercato degli ebook (oggi, in poco più di due anni, il 46% delle novità del mese sono in digitale), si è potenziato il ruolo dei blog letterari e dei canali social nella comunicazione editoriale. Le difficoltà economiche hanno imposto un’intensa accelerazione delle trasformazioni in atto nel complesso dell’ecosistema editoriale, fatto da poco più di 25-26 milioni di clienti potenziali, di cui 22-23 milioni acquirenti.
Per quanto riguarda i canali di vendita, sembra crescere, nel primo quadrimestre 2013, il ruolo dell’online, che arriva ad occupare il 6,3% del fatturato (contro il 5,5% del 2012) e il 4,6% delle vendite a volume (contro il 4,3% dell’anno scorso). Dalle rilevazioni è rimasto, tuttavia, escluso un colosso come Amazon (che non fornisce i propri dati) e ciò lascia ipotizzare che la percentuale di fatturato complessivamente realizzata dal digitale possa essere, in realtà, molto più vicina al 10% del totale. Il primo posto in cui si comprano i libri sono comunque le librerie di catena, che passano da una quota di mercato del 41,5% nel 2012 a una del 42,2% nel 2013 (mentre resta stabile, flettendosi leggermente, la percentuale di vendita a volume, dal 41% al 40,8%). La grande distribuzione organizzata cresce in termini di copie acquistate (dal 22,2% al 24%) e resta sostanzialmente stabile a valore (dal 16% al 15,8%). Soffrono, invece, notevolmente le librerie indipendenti, che riducono ulteriormente la propria quota di mercato a valore (dal 37,1% del 2012 al 35,6% di quest’anno) e a volume (dal 32,5% al 30,5%).
Con riferimento ai settori, in questo primo scorcio del 2013, l’unico positivo sembra essere quello dei bambini e ragazzi (+4% a valore nei canali trade, +6% a volume). Le giovani famiglie sembrano investire sul futuro dei propri figli, spendendo sempre più per i libri a loro destinati, ed è in particolare la fascia dei più piccoli, quella da zero a cinque anni, a trainare la crescita del segmento. Perde invece il 10,7% a valore e l’11,1% a volume la non fiction pratica (guide cucina, viaggi, lifestyle…). Cala dell’ 8,7% a valore e dell’8,4% a volume anche la non fiction specialistica (testi di management, computer, professionale…). Più contenuta, invece, la riduzione delle vendite per la fiction (-3,7% a valore e -3,2% a volume) e per la non fiction generale (la saggistica, che registra un  -1,9% di fatturato e un -1,2% di copie vendute).
All’interno di un quadro certamente negativo” – ha commentato il Presidente di AIE Marco Polillo, nell’ambito del convegno torinese “Scene di paesaggio all’uscita dal tunnel. Editori e canali di vendita con lo sguardo puntato al di là della crisi” – “aggrappiamoci al dato in controtendenza che ci arriva dal settore dei libri per ragazzi”. “Ci auguriamo che questi nuovi ‘lettori’, che si avvicinano al libro fin dalla tenera età, riescano a mantenere quel rapporto anche per gli anni a venire, invertendo quell’avvilente dato che contraddistingue il nostro Paese, che vede ancora più della metà della popolazione totalmente estranea al libro”.
Al Salone del Libro si è cercato anche di comprendere come sia cambiata la comunicazione per le case editrici librarie, presentando i risultati di un’indagine condotta dall’Ufficio studi dell’AIE, in collaborazione con IE-Informazioni Editoriali, nel periodo che va da settembre 2012 a marzo 2013, sui 13 più noti blog letterari in Italia, selezionati in base a criteri di rappresentatività e notorietà. Ciò che è emerso è, in particolare, l’importanza crescente dei blog virtuali nel garantire una sorta di coda lunga in termini di visibilità, apprezzamento e vendite. I blog rappresentano una nuova piazza per gli editori: quasi il 3% dei titoli pubblicati in Italia è presente sui post analizzati (sono stati considerati solo i post in cui si parla in maniera estensiva di un singolo libro, escludendo quelli in cui i titoli vengono solo brevemente citati), il 39,1% dei quali rappresentano opere dei piccoli editori. In base all’analisi di alcuni casi specifici, il report mostra come il parlare di un libro in una simile vetrina digitale sposti al rialzo le vendite reali, soprattutto quando il titolo di cui si parla rientra nei gusti del pubblico cui fa riferimento la vetrina. Si tratta di cifre molto lievi, nell’ordine delle decine o centinaia di copie, ma che permettono comunque di delineare una tendenza percorribile nei prossimi anni.
Se il Web rappresenta una sede privilegiata per la comunicazione di un titolo nel suo intero ciclo di vita, la televisione sembra essere la sede ideale per garantire un più intenso “effetto lancio”. Programmi come “Che tempo che fa” risultano molto utili nell’ottimizzare la fase di lancio di un libro, anche se il loro forte effetto sulle vendite si indebolisce in circa una settimana. Questa politica comunicativa coinvolge solo lo 0,1% dei libri, per l’88% di grandi editori.
L’indagine mostra – come ha sottolineato Giovanni Peresson, Responsabile Ufficio studi AIE – “la consapevolezza diffusa da parte delle case editrici del ruolo che iniziano ad avere forme di comunicazione legate al web e quindi la creazione di competenze necessarie a gestire questo processo dal punto di vista dei linguaggi, dei tempi, della community”. “L’uso di una trasmissione di successo come ‘Che tempo che fa’ in fase di lancio, con risultati importanti, e dei blog come modo per gestire le altre parti del ciclo di vita del titolo con effetti minori ma di tutto interesse” rappresentano “altri tasti di un pianoforte comunicativo a disposizione dell’editore che li può suonare a seconda dei titoli o generi, o in relazione alla vita del libro”.
Ultimo spiraglio torinese aperto sul futuro dell’editoria italiano ha riguardato il mondo dei social network. L’Ufficio studi AIE ha mostrato anche come l’uso di simili piattaforme sia sempre più ampio, fornendo una sede di grande visibilità per i libri.
Cresce la percentuale di quanti scelgono un determinato titolo da acquistare attraverso il Web: era l’11% nel 2007, il 15% nel 2009 e arriva al 19% nel 2012 (contro il 68% di chi lo sceglie in base all’interesse per l’argomento, il 36% che si affida ai consigli degli amici, il 15% che punta a sconti o campagne promozionali, il 12% che fa riferimento a recensioni trovate sulla carta stampata, il 5% che si lascia guidare dall’esposizione nel punto vendita, un ulteriore 5% che va a vedere le classifiche di vendita, infine un 3% che è spinto dalla semplice pubblicità).
Il 58,9% delle case editrici che pubblicano più di 16 titoli l’anno usa i social, pari a 506 su 8440 editori. In primis utilizzano Facebook (circa la metà di tutti gli editori italiani, ma ben l’84,2% di chi è attivo in rete con un proprio canale), seguito da Twitter (il 39,3% degli editori, ma ben il 66,8% di quelli attivi in rete), YouTube (18,8% e 31,9%), Pinterest (12,6% e 21,1%), aNobii (7,7% e 13,1%), LinkedIn (7,3% e 12,4%), Google+ (4,5% e 7,7%), Flickr (1,6% e 2,7%) e Instagram (0,6% e 1%). Il 41,8% delle case editrici attive in rete usa più di tre strumenti simultanemente.
L’attenzione crescente verso questi mezzi multimediali evidenzia un mutamento nelle politiche comunicative degli editori, laddove alle copertine dei libri da sfogliare si va sostituendo un mix di video, booktrailer e immagini per catturare l’attenzione. Questo risulta vero tanto per le case editrici grandi, mainstream, quanto per le più piccole, specializzate su nicchie di domanda di lettura.
A fronte di un’ampia diffusione delle nuove tecnologie, non corrisponde tuttavia una costanza e intensità nell’utilizzo, se si considera che il 90% degli editori che usano Twitter non crea più di 5 tweet al giorno. Solo il 2,5% crea 10 o più tweet giornalieri, solo il 2,5% totalizza più di 90mila followers e solo il 3,5% più di 1.000 following. È dal 2007 che le case editrici italiane si sono avventurate su Twitter. La prima a farlo è stata la Elliot, seguita, l’anno successivo, da Apogeo, Edizioni Piemme, Minimum fax, Edizioni Coocole&Caccole. Nel 2012 se ne sono aggiunte ben 53, segnando un +11,3% sul 2011. Complessivamente sono 199 le aziende editoriali che cinguettano.
I tre mesi che precedono il Natale sembrano essere i preferiti dagli editori per attivare un profilo Twitter, dato che uno su tre (il 33,8%) sceglie proprio questo periodo, forse sulla scia di precisi piani commerciali, in vista di uno dei momenti più caldi a livello di vendite.
Si intravede, sottolineano in conclusione i promotori, la necessità di compiere investimenti in nuove competenze, linguaggi e paradigmi, capaci di cogliere l’essenza delle nuove forme comunicative che si stanno diffondendo accanto a quelle tradizionali. Allo stesso tempo il ritardo degli editori italiani, lamentato dai più con riferimento alla sfida digitale e social, viene giustificato con l’esigenza di seguire le tendenze del pubblico di riferimento: “Credo che” – ha sottolineato Peresson – “come qualunque impresa, gli editori non possono non aver tenuto conto di due elementi: i bassi indici di lettura nella popolazione, e il fatto che i ‘forti lettori’, quelli più motivati ad accedere a nuove fonti informative su cosa leggere, sono comunque il 12-13% dei lettori di libri. Dall’altro, il fatto, che abbiamo ancora scarsi (o occasionali) utilizzi ‘evoluti’ del web da parte della popolazione, al di fuori di community o di appassionati molto riconoscibili attorno ad alcuni generi”.
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Il mercato del libro: tra conferme positive e stime disattese

L’Associazione Italiana Editori pubblica il Rapporto 2011 sullo stato dell’editoria in Italia e, in occasione della Frankfurter Buchmesse, il presidente Polillo esprime il proprio punto di vista sulle le principali questioni economiche coinvolte

È un intervento a suon di “non è vero che” quello delineato da Marco Polillo, presidente dell’AIE (Associazione Italiana Editori), nel corso della sessantatreesima edizione della Fiera internazionale del Libro di Francoforte (la Frankfurter Buchmesse), il più importante e prestigioso appuntamento mondiale rivolto agli operatori del settore editoriale, svoltosi dal 12 al 16 ottobre 2011.

Vantando la partecipazione, tra gli altri, di circa trecento editori italiani, la Fiera ha rappresentato un’occasione fondamentale per promuovere la cultura e il mercato italiano del libro all’estero, stimolando la riflessione circa gli scenari e gli sviluppi futuri: “non è nostra abitudine – sostiene Polillo cercando di correggere alcune false credenze riferite alla situazione editoriale italiana – perderci nelle lamentazioni, anche in tempi difficili. Ci piace guardare avanti. Ma almeno pretendiamo un po’ di rispetto. Non tanto per noi, ma per la verità. Per questo vogliamo approfittare di questa occasione di bilancio sul settore per fare chiarezza e smentire punto a punto tutto ciò che in questi mesi abbiamo sentito dire – spesso a sproposito – sul mondo del libro”.

La “verità” cui si fa riferimento è, in particolare, quella rilevata dall’Ufficio studi di AIE nel Rapporto 2011 sullo stato dell’editoria in Italia, che di seguito cercheremo di riportare.

Dopo la crisi iniziata nel 2008, che ha condotto ad una riduzione del fatturato nell’ordine del 4,3% (inferiore, tuttavia, rispetto ad altri settori), torna nel 2010 il segno positivo (+0,3% rispetto all’anno precedente) per il mercato editoriale italiano, il quale, con un fatturato complessivo di 3.417 milioni di euro a prezzo di copertina, conferma la propria posizione come primo settore per spese dei consumatori tra le industrie italiane dei contenuti (stampa quotidiana e periodica, home video, cinema, tv, musica…).

Tuttavia – sottolinea Polillo – “non è stato recuperato quanto perso in precedenza. Si potrebbe dire: resistiamo, con molta fatica e nonostante tutto”.

In crescita, in particolare, il settore dei libri per ragazzi che, tra novità e ristampe, supera i 4 mila titoli e conquista un +5,7% sul fatturato del 2009, arrivando ad occupare il 13,7% del mercato; per contro diminuisce di 2,8 punti percentuali (pari a 648 milioni di euro) il fatturato della scolastica e delle adozioni. Con riferimento al mercato trade (libreria, Grande distribuzione organizzata – GdO, librerie on line, edicola), si registrano, poi, l’avanzamento del 10,6% per il tascabile (che arriva a rappresentare il 20,3% del settore) e il ruolo sempre più rilevante della piccola editoria, che raggiunge il 13,5% del fatturato di tutti i canali trade.

Allargando un tantino la prospettiva e considerando i canali di vendita, si nota un consolidamento del mercato trade, il quale, registrando un + 4,2% nel 2010, conferma il trend di crescita già evidenziato nel 2009 (+ 3,5%). Più in particolare, le librerie tradizionali continuano ad essere la via preferenziale per l’acquisto di libri e, con un valore pari a 1,095 miliardi di euro (in aumento del 2,6%) rappresentano il 51% del mercato; sempre a conferma di una tendenza rilevata gli anni scorsi, perde 2,8 punti percentuali il mercato delle librerie a conduzione famigliare, mentre aumenta del 2,9% quello delle librerie di catena.

Salgono di 24,5 punti le vendite on line (sia per l’ingresso di nuovi operatori – laFeltrinelli.it a fine 2009, Amazon.it a fine 2010 – sia per i cambiamenti in atto nel comportamento d’acquisto del pubblico), di 5 punti le vendite in occasione di fiere del libro, di 3 punti la GdO (in rallentamento rispetto all’anno precedente) e di 2,6 punti l’edicola (principalmente per le rinnovate formule di franchising utilizzate). Diminuiscono, invece, alcuni canali ormai poco idonei alle pratiche di lettura, come il rateale (- 15,2%) e i collezionabili (-5%).

Ciò non significa, tuttavia, che la lettura rappresenti un’attività desueta, al contrario nel 2010 i lettori di almeno un libro non scolastico erano 26,4 milioni e costituivano il 46,8% della popolazione con più di 6 anni, con un incremento dell’1,7% rispetto al 2009 (il maggiore registrato dal 1998). La quasi metà dei lettori (44,3%) ha letto fino a tre libri l’anno, solo il 15,1% ne legge uno ogni mese (leggera decrescita rispetto al 2009) e le fasce più forti di lettori sono quelle infantili e giovanili: il 58,4% degli intervistati di età compresa tra i 6 e i 10 anni ha dichiarato di aver letto almeno un libro non scolastico negli ultimi 12 mesi (in crescita del 6,2%) e la percentuale sale al 59,1% per i 15-19enni e al 65,4% per gli 11-14enni.

Dal punto di vista della produzione, si rileva, invece, un trend in negativo per il numero di titoli pubblicati (dai 58.829 del 2009 ai 57.558 del 2010) e per le copie stampate e immesse nei canali di vendita (dai 213 milioni del 2009 ai 208 milioni del 2010, di cui 122 milioni, il 59%, sono prime edizioni); a lamentare maggiormente il calo è la produzione varia per adulti (- 3,5% nei titoli, – 7,5 nelle copie stampate), mentre crescono i libri per bambini e ragazzi (+ 9,2% nei titoli e + 9,3% nelle copie) e il settore educativo (+ 1,3% nei titoli e + 6,4% nelle copie).

I titoli commercialmente vivi sono, allora, nel 2010, più di 690 mila, con un incremento di 38,2 punti percentuali in cinque anni, doppio rispetto alla produzione in commercio (+ 19,7%).

Sono 2.500 le case editrici con una presenza attiva nel territorio italiano e gli addetti alla filiera sono all’incirca 32 mila.

Diminuisce il peso delle opere straniere sulla produzione libraria italiana: i libri tradotti passano dai 10.046 del 2009 ai 9.009 del 2010. Aumentano, allo stesso tempo, i diritti ceduti ad editori stranieri; nel settore dei libri per ragazzi, ad esempio, si è passati dai 486 diritti venduti (contro i 1.250 comprati) del 2001 ai 1.607 venduti (e 1.283 libri comprati) tra 2009 e 2010. Anche le coedizioni crescono (dal 44,1% del 1997 all’86% del 2010), soprattutto nel settore dei libri per bambini e dell’editoria d’arte.

Il valore dell’export del libro di carta si aggira sui 41,8 milioni di euro, circa l’1,2% del mercato, rimanendo di fatto stabile, anche se le editorie straniere sembrano accordare sempre più la loro preferenza alle pratiche di cessione dei diritti, a progetti di coedizione e alla realizzazione da parte di case editrici italiane di libri direttamente in lingua inglese, piuttosto che all’export.

Positive anche le prime stime relative al 2011, seppur, si sottolinea, con qualche segnale di incertezza; nel primo semestre si conferma la forza del mercato trade: – 0,1% per le librerie tradizionali, ma +1,5% per la Gdo, le librerie on line raggiungono una quota pari al 5,5% del mercato trade, le librerie a conduzione familiare diminuiscono e raggiungono il 36%, mentre le librerie di catena rappresentano il 41,8%.

Nel primo trimestre del 2011 è stato rilevato un incremento di 0,2 punti percentuali nel valore del mercato dei libri e di 1,2 punti nelle copie stampate e date alla vendita.

Soffermiamo ora la nostra attenzione sul mercato dell’editoria digitale, stimato, nel suo complesso, in 341 milioni di euro (9,9% di quello complessivo); esso raggruppa: comparto cd-rom e dvd-rom (214,2 milioni), banche dati on-line, servizi erogati attraverso internet (125,6 milioni), audiolibri (0,7 milioni), e-book (1,5 milioni di euro). Nel 2010 stupiscono, in particolare, il notevole aumento, + 29,9%, dei servizi collegati con le banche dati on line e la crescita, pari allo 0,04%, dunque al di sotto delle aspettative elaborate lo scorso anno, del segmento e-book.

Per quanto riguarda quest’ultimo, si tratta di un mercato nato in buona parte tra maggio e giugno 2010, che comprende un giro d’affari di 1,5 miliardi di euro e che dovrebbe – stando alle previsioni – attestarsi sui 4-5 miliardi a dicembre 2011; si innalza il numero dei titoli in italiano disponibili (a dicembre 2010 erano 6.950 titoli, a settembre 2011 l’offerta annovera 17.951 titoli e si stima che essi diverranno 20-21 mila a fine 2011), cresce il formato ePub come standard di produzione e si diffondono sempre più dispositivi tablet per la lettura (sono 390 mila gli e-reader venduti a giugno 2011), nonostante i prezzi ancora elevati (199-299 euro). Stabile il prezzo medio degli e-book italiani (11,18 euro).

“Non sperate di liberarvi dei libri” annunciava Eco all’edizione 2009 della Fiera Internazionale del libro di Torino, quasi a lanciare un monito a quanti vedevano l’e-book come il prossimo veicolo di conoscenza umana e dando, poi, a questo monito, un esito editoriale. A distanza di due anni e malgrado l’errore sotteso all’eterno dibattito tra cultori del cartaceo e del digitale (si tratta, infatti, di un dibattito che mette a confronto due mezzi che, di fatto, sono completamente diversi tra loro e dunque non richiedono necessariamente vinti ed vincitori) non si può che offrire vesta profetiche ad Eco. Sottolinea Polillo: “non è vero che il libro di carta è morto”, poiché tutti vogliono l’e-book, “tutti ne parlano, salvo poi avere prezzi quasi al livello dei tascabili a causa di un’IVA al 21%. Ci sembra illogico che l’innovazione debba scontare una tassa che si applica soprattutto ai servizi”. Allo stesso modo “non è vero che gli editori italiani sono stati lenti a entrare in questo nuovo mercato”: “gli editori italiani hanno proposto, da un anno a questa parte, circa il 20% delle proprie novità anche in edizione ebook”, questo perché “da tempo sono pronti avendo fatto i necessari investimenti per adeguare i propri processi produttivi”.

Polillo si è occupato, allora, anche delle politiche di prezzo, in un momento storico particolarmente delicato per l’Italia, vista, in particolare, la recente approvazione della Legge 27 luglio 2011, n. 128, ribattezzata Legge Levi o “Anti-Amazon”, che fissa dei tetti massimi agli sconti sui libri. “Non è vero che il regime del prezzo fisso”, ha affermato, “sia una stranezza italiana e un attentato alla libera concorrenza […]. Sistemi di prezzo fisso sono presenti nella gran parte dei paesi europei e la discussione in Europa è se debbano applicarsi anche agli ebook, non se debbano essere mantenuti nel resto del mercato. La legge italiana resta la più flessibile in Europa. In nessun caso sono permessi sconti fino al 15%, né campagne promozionali con sconti fino al 25%, né esistono così tante eccezioni. I nostri amici francesi, che hanno appena approvato la prima legge sul prezzo fisso per gli ebook, hanno addirittura ironizzato [non ci è difficile crederlo, visti i più recenti fatti di cronaca politica] sulla capacità tutta italiana di inventare una legge sul prezzo fisso flessibile”.

Secondo Polillo “non è vero che gli sconti spingono la vendita dei libri […]; l’agosto 2011 – quello con il 40% di sconti come reazione all’entrata in vigore della legge Levi dal 1° settembre – è andato meno bene dell’agosto 2010: – 7,6% a valore a prezzo pieno di copertina e – 8% a copie […]. Non è dallo sconto che passa il rinnovamento e lo sviluppo del mercato del libro, ma dall’aumento del livello di servizio, dalla tutela delle librerie indipendenti, dalla pluralità dell’offerta, che sono gli obiettivi della legge Levi”.

Attraverso i dati posseduti da Informazioni Editoriali (che implementa il Catalogo Alice), l’AIE ha analizzato i prezzi di copertina di tutta la produzione editoriali del 2010 (circa 60 mila novità) e il prezzo medio sembra essere di 21,6 euro: “rispetto al 2005 la crescita del prezzo medio è stata del +3,9%, quindi molto al di sotto del tasso di inflazione. In termini reali i prezzi dei libri sono diminuiti del 5,2%”. Anche nel confronto con quelli europei, i prezzi italiani risultano i più bassi.

Gli interventi di Polillo si sono, poi, rivolti a molti altri aspetti della situazione economico-politica italiana, riferita al mondo del libro. Ha corretto, ad esempio, la falsa convinzione che l’editoria sia sostenuta da contributi pubblici: “gli unici contributi esistenti – relativi alle riviste di elevato valore culturale – sono stati cancellati: si trattava di poche centinaia di migliaia di euro, non delle centinaia di milioni spesi per altri settori. E quest’anno saranno cancellati anche i contributi alle traduzioni del Ministero degli Affari Esteri”. Ha auspicato comunque un efficace supporto a livello governativo, senza il quale l’attività editoriale “è destinata a perdere significato e forza”; “gli editori hanno fatto, stanno facendo e continueranno a fare tutto il possibile per diffondere la cultura italiana, anche e soprattutto all’estero. Sono però consapevoli di una cosa: la diffusione della cultura non può competere solo a un’associazione di categoria”.

Con riferimento al tema intercettazioni, Polillo ha manifestato la propria “preoccupazione per le norme attualmente in discussione”, che, nate per i giornali, potrebbero avere effetti ancor più negativi sui libri; la rettifica immediata, in particolare, “sarebbe inefficace e impraticabile per il mondo del libro: inefficace per la separazione che esiste tra il mezzo di diffusione del contenuto da rettificare (il libro) e il mezzo attraverso il quale veicolare la rettifica (i quotidiani); impraticabile a causa degli ingiustificabili oneri che andrebbero a riversarsi sugli editori interessati (che dovrebbero accedere a mezzi informativi non propri) e, soprattutto, in ragione delle specifiche caratteristiche che contraddistinguono il rapporto con l’autore librario, la redazione e i tempi di pubblicazione di un libro”.

Due ultime riflessioni, riferite a delle tematiche particolarmente “calde”, meritano, infine, citazione.

Da una parte Polillo rassicura circa la presunta limitazione alla libertà d’opinione portata dagli strumenti messi a punto dall’Agcom: “le procedure di notice and take down sono quelle che forniscono la massima tutela possibile su questo profilo. Da un lato non toccano l’utente finale, come per esempio avviene in Francia, dall’altro consentono sempre a chi pubblica di ‘dire di no’ alla richiesta di rimozione […]. Tutti sanno che la rimozione avviene quasi sempre pacificamente alla prima richiesta, perché si tratta di casi eclatanti di copie illegittime del lavoro altrui […] e si finge di ignorare il fatto che questa procedura è la più garantista che si possa immaginare. È particolarmente triste che s’innalzino nobili bandiere per giustificare quello che in realtà altro non è se un utilizzo illegale del lavoro altrui per il proprio tornaconto personale”.

Dall’altra parte – e concludo – Polillo si occupa di tutela del diritto d’autore, sottolineando come essa non limiti assolutamente la conoscenza: “l’editoria non esisterebbe più senza il diritto d’autore. Nessuno creerebbe più nulla se non potesse avere un’adeguata remunerazione del suo lavoro […]. Sbaglia chi ritiene che il diritto d’autore sia superato nell’era digitale […]. La conoscenza è certamente un diritto di tutti, ma è anche un dovere rispettare e non impadronirsi illegittimamente del lavoro altrui. Per questo noi siamo e saremo sempre a favore della difesa del diritto d’autore”.

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