Sheryl Sandberg, COO del famoso social network, promette una serie di strumenti per incrementare la presenza attiva delle più piccole realtà imprenditoriali
Prima di iniziare la lettura di questo articolo, consigliamo, a quanti di voi si considerino degli audaci utenti del più noto tra i social network, di scorrere rapidamente l’elenco delle pagine su cui avete cliccato “mi piace”: tra un “Io amo viaggiare” e un “Odore della benzina” ritroverete sicuramente anche alcuni marchi noti, delle impronte digitali lasciata da attività imprenditoriali che, in qualche modo, veicolano dei valori ai quali ritenete di appartenere o con i quali vi piacerebbe identificarvi; del resto, il fatto che Facebook venga utilizzato con successo dalle principali aziende italiane ed estere non rappresenta certo una novità.
Affinate poi la selezione cercando di capire quante, tra le pagine che arricchiscono il vostro profilo, siano da ricondursi a delle attività imprenditoriali di piccole dimensioni, includendovi pure quelle facenti capo ad amici e parenti del vostro quartiere, quelle, cioè, per le quali non nutrite particolare interesse, ma che avete incluso per una semplice questione di etichetta sociale. Siamo certi che, a questo punto, la proporzione relativa alla presenza sociale di grandi e piccole realtà si rivelerà a netto vantaggio delle prime.
Eppure ovunque si sottolinea come il tessuto imprenditoriale italiano si fondi sulle piccole e medie imprese; eppure moltissimi sono gli esempi di come la promozione di iniziative e prodotti aziendali su questi canali possa rivelarsi estremamente vantaggiosa; eppure, ancora, la sfida e l’innovazione dovrebbero essere le principali leve su cui puntare, in un periodo storico caratterizzato dall’immaterialità, da un consumo che non implica il possesso di un bene, da una costante volontà di condivisione e coinvolgimento diretto.
Mentre alcuni piccoli imprenditori si interrogano su come poter sfruttare al meglio i media sociali in una gestione rinnovata del rapporto con la propria clientela, la maggior parte è alla ricerca della soluzione più idonea ad impedirvi l’accesso da parte dei propri dipendenti: preoccupati all’idea che si possa perdere del tempo preziosissimo, questi ultimi non si accorgono di come ciò che rischiano di perdere sia, al contrario, un’occasione reale e potenzialmente fruttuosa.
Se è vero, tuttavia, senza voler essere dissacranti, che, quando Maometto non va alla montagna, è la montagna a raggiungere Maometto, è altrettanto vero che il team di Palo Alto ha ben compreso la portata del vantaggio che potrebbe derivare dal cercare di colmare questa lacuna e ha promesso importanti novità per il mondo della piccola e media imprenditoria. Proprio nei giorni in cui la sfida con Google plus – e con la sua apertura grande pubblico – sembra raggiungere il culmine, attraverso l’implementazione di nuove funzionalità pensate per il lato consumer (come le liste intelligenti, le nuove modalità di condivisione e la possibilità di ricevere gli aggiornamenti di persone che non sono nostre amiche, se queste hanno abilitato tale funzione); proprio nei giorni in cui si paventa la realizzazione del progetto “Facebook Music”, una piattaforma per fruire contenuti multimediali; proprio nei giorni in cui – focalizzando l’attenzione sul contesto italiano – la survey “Customer Experience & Social Network”, condotta dall’Osservatorio Business Intelligence di SDA Bocconi School of Managment su commissione di Alcatel-Lucent Enterprise, rivela come il ruolo dei media sociali sia, potenzialmente, di fondamentale importanza nelle strategie aziendali italiane, ma, per molti versi, ancora da esplorare (ben il 20% del campione si è dichiarato convinto, ad esempio, che strumenti come Facebook, Twitter e LinkedIn non aiutino a fare business e solo un 7% utilizza tali strumenti per dialogare con i propri clienti finali); proprio nei giorni, infine, in cui la discussione pubblica italiana ruota attorno alle riflessioni e agli stimoli della Social Media Week milanese; proprio in questi intensissimi giorni, Facebook annuncia un imminente ed organico piano di sviluppo di nuove potenzialità rivolte al mondo delle piccole imprese. Sheryl Sandberg, collocatasi alla quinta posizione nella classifica delle cento donne più potenti secondo Fortune, è dal 2008 chief operating officer di Facebook, giunta con lo scopo di monetizzare le prestazioni del colosso digitale, dopo aver ricoperto la carica di vice president of global online sales and operations a Google. Intervistata da USA Today, la Sandberg ha proposto alcune anticipazioni circa le nuove possibilità di fare business con i social network; si è parlato innanzitutto di 50$ offerti a 200.000 piccole imprese in forma di crediti pubblicitari, un’elargizione che coinvolgerebbe per ora il solo territorio americano ma che, certo, lascia presagire importanti attività di sostegno internazionale in tal senso. “Il mio sogno è molto semplice”: “ogni piccola impresa dovrebbe usare Facebook per il suo business. Non ci fermeremo fino a quando questo non accadrà”. “Crediti di questo tipo possono permettere degli ottimi sviluppi”, poiché “con 50$ le aziende più piccole possono raggiungere ogni singola persona che intendano raggiungere almeno una volta, per poi far crescere il proprio business a partire da questo”.
Il punto di forza su cui puntare sembra essere la semplicità veicolata dal social network, che permette ad un’azienda di farsi conoscere e di promuovere la propria attività con costi e tempi notevolmente inferiori rispetto a quelli propri di strategie più tradizionali; esso, inoltre, assicura alle aziende una certa visibilità, potendo contare su un parco utenza potenziale già presente all’interno del network, e garantisce, di conseguenza, un notevole traffico rivolto al proprio sito, agevolando le complesse strategie di Search Engine Optimization pensate per far salire di posizione il proprio sito web nelle serp dei motori di ricerca.
Stando a quanto riportato dalla Sandberg, 9 milioni di piccole imprese americane, su un totale di circa 30 milioni, utilizzano regolarmente Facebook per instaurare delle conversazioni e connessioni con la propria comunità di utenti o per tramutare i clienti da latenti ad effettivi.
Facebook mette a disposizione delle imprese molti strumenti e funzionalità gratuite, grazie alla presenza di pagine personalizzabili e integrabili a tutti gli altri canali promozionali, comunicativi e commerciali utilizzati; alcune di queste imprese hanno iniziato anche a realizzare delle campagne a pagamento di inserzioni su Facebook, per cercare di incrementare la propria attività, tuttavia le intenzioni delle menti economiche che governano l’infrastruttura digitale sembrano voler superare questi esili risultati.
Greg Sterling, un analista di Opus Research, sottolinea come siano proprio le imprese più piccole a presentare le maggiori remore nell’inserirsi in questo circuito a pagamento, probabilmente perché non hanno abbastanza tempo da dedicarvi, forse semplicemente perché preferiscono accontentarsi dei servizi gratuitamente offerti: “Facebook ha un enorme potenziale monetario a livello pubblicitario”, “ma in questo momento le piccole aziende non capiscono la necessità di spendere del denaro, hanno la loro pagina libera e sono soddisfatti di questa”. I crediti di 50$ potranno, allora, essere d’aiuto in tal senso, invitando le imprese “almeno a provare”, incentivandole nell’intraprendere questa strada per la prima volta, al fine di scoprirne le reali potenzialità: interazione diretta con i clienti, innovative campagne di marketing virale, aumento delle vendite e della credibilità.
Quella dei social non è certo una strada facile per le piccole realtà, poiché impone un esposizione diretta dell’impresa e dell’universo che la circonda, rendendola spesso, per questo motivo, anche più vulnerabile, più facilmente oggetto di critiche e lamentele. Si rende necessaria la destinazione di importanti risorse interamente dedicate, capaci di dare una risposta immediata alle esigenze degli utenti e, ancor prima, di comprendere la reale portata di tali esigenze.
A tal proposito è interessante citare i risultati di una ricerca dal titolo “Cosa vogliono gli utenti dalle pagine aziendali di Facebook?”, realizzata da Lorenzo Amadei e Claudia Zarabara, referenti dell’area social media marketing della Fondazione vicentina CUOA, e svoltasi completamente online: studiando il mezzo dal punto di vista degli utenti e non delle aziende, i due hanno cercato di indagare quali siano i valori ricercati e richiesti in una pagina aziendale, valori che non possono non essere presi in considerazione da una qualsiasi attività di comunicazione social. “L’aspetto cruciale che emerge dalla nostra ricerca – hanno commentato Zarabara e Amadei – è rappresentato dalla necessità di una comunicazione corretta, che coinvolga l’utente/fan, che gli riconosca l’importanza di aver associato il proprio nome a quello della pagina, che gli riconosca correttamente ruolo e intelligenza. L’utente, infatti, non gradisce messaggi troppo o esclusivamente commerciali, mentre cerca/chiede un dialogo trasparente e diretto”.
Più di otto persone su dieci hanno affermato di essere fan di almeno una pagina aziendale, scelta spesso per effetto virale (il 75% lo diventa su suggerimento di amici); nel 72,8% dei casi a spingere a legarsi ad una pagina aziendale è l’interesse personale, nel 55,6% dei casi è la volontà di essere informati rapidamente, nel 48,4% è l’interesse professionale, nel 31% il senso di appartenenza. Tra i motivi che, al contrario, spingono un utente ad abbandonare la pagina aziendale, vi sono i troppi messaggi, al 64,7%, i messaggi troppo o solo pubblicitari (49,6%), i messaggi ripetuti troppe volte (41,5%), le notizie non interessanti o utili (40,1%) e i messaggi non tempestivi (28,2%); anche l’aspetto etico è sentito da alcuni, dato che il 25,8% del campione dichiara di essersi distaccato a causa di azioni dell’azienda che non si condividono.
Il canale sociale impone un cambiamento di approccio, veicola le azioni imprenditoriali ad un livello valoriale con il quale far identificare l’utente, impone un abbandono di logiche utilitaristiche e una chiara manifestazione della propria identità di impresa. La speranza è che i nuovi strumenti previsti da Palo Alto sappiano realmente aiutare le imprese nell’intraprendere questa nuova esperienza e non si risolvano in una semplice – quanto inutile per il nostro tessuto imprenditoriale – speculazione.
Pubblicato su: PMI-dome