Triplicate le perdite rispetto al 2011. L’Osservatorio sul credito per le imprese del terziario evidenzia l’effettiva incapacità nel far fronte al fabbisogno finanziario
A confermare i timori e gli umori neri circa l’attuale congiuntura economica arrivano, ancora una volta, delle stime ufficiali, all’interno delle quali sembra sempre più difficile riuscire a cogliere dei segnali di ripresa, degli spiragli di ottimismo.
Ad essere stato oggetto d’analisi è il primo trimestre 2012. In questo intervallo temporale è cresciuto – stando a Movimprese, l’analisi statistica trimestrale sulla natalità e mortalità delle imprese italiane condotta da InfoCamere per conto di UnionCamere – il divario tra chi ha scelto di entrare nel mercato con una nuova attività imprenditoriale (120.278 tra gennaio e marzo) e chi, invece, ne è uscito (146.368). Rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità, mentre le cessazioni sono aumentate di 12mila unità, con un saldo pari a -26.090 imprese, -0,43% in termini percentuali (quasi il triplo del primo trimestre 2011, quando il saldo era di -9.638, cioè -0,16%).
A pagare il prezzo più caro della difficile situazione sono state le imprese più piccole, soprattutto quelle artigiane (al 31 marzo 2012 si registrano 15.226 unità in meno rispetto alla fine di dicembre) e quelle situate nel Mezzogiorno (diminuite di 10.491 unità, pari a -0,52%).
I saldi negativi nel periodo considerato sono abbastanza fisiologici, poiché registrano le chiusure che massicciamente si concentrano a fine anno. Tuttavia, con i risultati emersi nell’ultima rilevazione, si interrompe il percorsi di rientro delle perdite che si stava delineando dopo le pessime performance del 2009 (quando si registrò un saldo negativo di -30.706 unità e un tasso di decrescita dello 0,5%, ovvio risultato della fortissima crisi economico-finanziaria esplosa l’anno precedente).
Un’attenzione particolare merita la situazione delle imprese artigiane: le 32.965 iscrizioni di questo primo trimestre rappresentano il terzo miglior risultato dal 2001 a oggi, tuttavia le 48.191 cessazioni registrate costituiscono un record assoluto, superiore persino all’anno “nero” 2009. Si delinea, dunque, un settore in cui è molto forte la voglia di fare impresa e di mettersi in gioco, ma che al contempo incontra grandissime difficoltà nel mantenere in vita le iniziative già avviate.
Con riferimento alle forme giuridiche, sono le imprese individuali a subire le maggiori perdite, con -30.520 unità (-0,91%, contro il -0,57% del 2011). Minori le riduzioni tra le società di persone (-3.797 unità e -0,33%), mentre crescono le società di capitali (6.911 unità, pari a +0,5%) e le “altre forme” (1.316 in più, di cui 1.005 cooperative, cioè +0,63%).
Per quanto riguarda, poi, i settori considerati, i saldi più negativi si rilevano nell’agricoltura (-13.335 unità), nel commercio (-8.671), nelle costruzioni (-8.328) e nelle attività manifatturiere (-4.929).
Segno positivo, invece, per le attività immobiliari, quelle professionali e i servizi alle imprese (complessivamente +1.655 unità), e, ancora, per i servizi di alloggio e ristorazione (423 imprese in più), sanità e assistenza sociale (+250), informazione e comunicazione (+125). Ottime performance, infine, per il settore dell’energia (+511 unità, pari ad un tasso di crescita del +7,6%), grazie, forse, agli incentivi offerti per la produzione da risorse alternative.
Dal punto di vista territoriale, le perdite maggiori si hanno al Sud e nelle Isole (-10.491 imprese, pari a -0,52%), seguiti da Nord-Est (-8.176 unità, pari a -0,68%). Più contenuti, invece, i cali nel Nord-Ovest (5.661 imprese in meno, -0,35%) e nel Centro (-1.762 unità, -0,14%), grazie soprattutto al Lazio, unica regione a chiudere il trimestre con un saldo imprese positivo.
Lo scenario evidenziato è il risultato più evidente della fase di recessione avviatasi nella seconda metà dello scorso anno e dell’accresciuta e generalizzata difficoltà ad entrare nel mercato.
A ribadire l’esistenza effettiva di tale difficoltà, sono intervenuti anche i dati raccolti dall’Osservatorio sul credito per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi, frutto della collaborazione tra Confcommercio-Imprese per l’Italia e Format Ricerche.
Secondo l’Osservatorio, far fronte al proprio fabbisogno finanziario sembra diventare, per le imprese del terziario, sempre più difficile. Diminuisce, infatti, la percentuale delle realtà che si sono dichiarate in grado di farlo senza alcuna difficolta? (36,1%, contro il 41,8% nel trimestre precedente), mentre aumentano la percentuale riferita alle imprese che sostengono di esserci riuscite ma con qualche difficolta? (dal 47,0% al 48,6%) e quella relativa alle imprese che non ce l’hanno proprio fatta (15,3% contro l’11,2%).
Le imprese del Nord-Ovest Italia, più delle altre, sono riuscite a soddisfare il proprio fabbisogno finanziario, ma si dichiarano poco fiduciose di riuscire a fare altrettanto nel secondo trimestre. Nel Nord- Est e del Centro Italia si evidenziano, invece, forti peggioramenti nella capacità di far fronte alla domanda di credito, rispetto al trimestre precedente, e la situazione si conferma negativa anche nel Mezzogiorno.
Le difficoltà maggiori nel recupero di liquidità si sono avute, comunque, tra le piccole e le microimprese, nonché tra le imprese che operano nel settore turismo.
La percentuale di aziende del terziario che, nel primo trimestre del 2012, si sono rivolte alle banche per chiedere un fido, un finanziamento (o la rinegoziazione di un fido, o di finanziamento, esistente) è rimasta pressoché stabile, attestandosi al 18,7%. Tra esse, il 34,2% lo ha ottenuto con un ammontare pari o superiore rispetto a quello richiesto, il 21,4% lo ha ottenuto, ma con un ammontare inferiore rispetto a quello richiesto e il 15,5% ha visto rifiutarsi la propria domanda di credito. Molto alta (19,3%), poi, la percentuale di imprese ancora in attesa di conoscere l’esito della propria domanda, segno della grande cautela con cui le banche si stanno muovendo nei loro confronti. Il 9,6%, infine, ha dichiarato di essere intenzionata a fare domanda di credito nel prossimo trimestre.
Diminuisce la cosiddetta “area di stabilità”, data dalla percentuale di imprese che hanno ottenuto il credito con un ammontare pari o superiore rispetto alla richiesta: 34,2%, come abbiamo visto, per il primo trimestre 2012, contro il 35,8% del trimestre precedente, il 49,8% del terzo trimestre del 2011 e il 55,8% del secondo trimestre 2011.
Aumenta per contro la cosiddetta “area di irrigidimento”, data dalla somma tra la percentuale delle imprese che si sono viste accordare un credito inferiore rispetto a quello richiesto e dalla percentuale delle imprese che non se lo sono viste accordare affatto. Nei primi tre mesi del 2012 è stato colpito da quest’area di irrigidimento il 36,9% delle imprese del terziario, dunque sono state più numerose le imprese che non hanno ottenuto il credito o ne hanno ottenuto meno di quello richiesto, rispetto a quelle che, invece, si sono viste accordare il finanziamento. Non succedeva dal 2008.
Il processo di irrigidimento del credito è stato avvertito in tutta Italia, soprattutto nel Nord-Ovest (dove la quota di imprese che hanno ricevuto il credito con un ammontare pari o superiore rispetto alla richiesta è passata dal 52,6% del trimestre precedente al 32,6%), nel Centro Italia (dal 33,5% al 21,8%) e del Mezzogiorno (dal 32,3% al 19,0%).
L’Osservatorio ha poi rilevato anche un peggioramento nel giudizio che le imprese danno sui principali indicatori che compongono l’offerta di credito (tasso di interesse, costo dell’istruttoria e delle cosiddette “altre condizioni”, durata dei finanziamenti concessi e garanzie richieste dalle banche a fronte del finanziamento).
Le imprese sembrano poi aver avvertito anche un sensibile inasprimento nel costo dei servizi bancari: lo segnala il 42,8% del campione nel primo trimestre 2012 (soprattutto nel Nord-Ovest, del Nord-Est e tra le microimprese), contro il 30,4% del trimestre precedente.
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