Sarebbe in aumento il numero di assunzioni frutto di una conoscenza diretta del candidato. E sembrano calare le assunzioni frutto di segnalazioni terze e della mediazione privata e istituzionale
Dimenticate zii, cugini, amici di famiglia e amici di amici: avere le giuste conoscenze pare non essere più così importante per chi sia alla ricerca di un’occupazione. Non si allertino troppo i figli di papà, siamo certi che per loro un posticino si troverà sempre e comunque, ma certo le dichiarazioni rilasciate dalle imprese interpellate nell’ambito del sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro rivelano come la promozione personale passi ormai prevalentemente attraverso l’azione diretta dei candidati, a discapito, dunque, di una qualunque operazione di intercettazione o pressione da parte di terze parti.
Alle lodevoli dichiarazioni di intenti sembrano essersi sostituiti i fatti: quasi un’azienda su due (percentuale corrispondente al 49,2%) nel 2010 ha assunto per conoscenza diretta, dato sensibilmente in crescita rispetto all’anno precedente, quando la percentuale riservata a questa modalità di assunzione era pari al 28,7%. Entrando maggiormente nel dettaglio della questione, questo canale è stato preferenziale per le imprese di minori dimensioni (1-9 dipendenti), che l’hanno utilizzato con una percentuale del 53%, ed è stato sfruttato soprattutto nel settore industriale (51,6%), meno nel settore dei servizi (47,9%). Con riferimento alla distribuzione geografica, quella diretta è stata la via principale per ottenere un’occupazione al Sud e nelle Isole (57,1%), mentre al Centro è stata scelta dal 50,2% delle imprese, percentuale che scende al 44,8% nel Nord-ovest e al 43,9% nel Nord-est.
“Il clima economico che stiamo vivendo – ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – impone alle imprese grande attenzione nella selezione del personale. In un contesto del genere, il ‘fiuto’ dell’imprenditore e il rapporto di fiducia che può essersi creato tra quest’ultimo e un giovane alla ricerca di lavoro magari in occasione di uno stage o tirocinio diventa premiante ai fini di una assunzione”.
Il secondo posto tra i metodi di selezione più utilizzati dalle imprese italiane nel 2010 è riservato alle banche dati interne aziendali, dove vengono conservati i curriculum dei candidati: ad esse ha fatto riferimento il 24,6% delle aziende, contro il 21,5% del 2009. Tale canale risulta essere privilegiato, in particolare, dalle imprese con più di 50 dipendenti (nel 46,3% dei casi vi ricorrono le imprese dai 50 ai 499 dipendenti, nel 48,9% dei casi le imprese con 500 o più dipendenti). Esso è utilizzato complessivamente in misura maggiore con riferimento al settore dei servizi (26,7%), rispetto a quello industriale (20,8%), più al Nord (26,1% nel Nord-ovest, 26,2% nel Nord-est), rispetto al Centro (23,7%) e al Mezzogiorno (22,6%).
Come conseguenza alla tendenza rilevata, si riduce considerevolmente l’importanza, per la scelta d’assunzione, delle segnalazioni ricevute da conoscenti e fornitori, alle quali ha fatto ricorso solo l’11,9% delle imprese, contro il 21% riferito al 2009. Ad aver utilizzato questa modalità sono state, rispetto alle altre, soprattutto le aziende con meno di 9 dipendenti (12,8%) e, tutto sommato, la percentuale di riferimento risulta omogenea nell’intero territorio nazionale (12,3% al Sud e nelle Isole, 12,6% al Centro, 11,5% al Nord-est e 11,3% al Nord-ovest), maggiore nel settore industriale (13,3%) rispetto a quello dei servizi (11,1%).
Ad essere in calo è pure il ricorso ad intermediari specializzati nel reclutamento di personale, sia per quanto riguarda gli intermediari privati, sia per quelli istituzionali. Con riferimento ai primi, emerge che il 2,7% delle imprese si è rivolto nel 2010 alle società di lavoro interinale (contro il 5,1% dell’anno precedente) e che il 2,9% ha fatto affidamento a società di selezione e associazioni di categoria, internet (contro il 5% del 2009). Questo canale di selezione rimane comunque abbastanza significativo per le imprese con più di 50 dipendenti e, mentre il ricorso ad agenzie interinali è maggiore nel settore dell’industria (4%) rispetto a quello dei servizi (2%), il ricorso a società di selezione e associazioni di categoria è maggiore nel settore dei servizi (3,4% contro 2,1%); in entrambi i casi di intermediazione privata, comunque, la percentuale è maggiore al Nord-ovest (rispettivamente 4,2% e 3,6%) e al Nord-est (3,7% e 3,5%), rispetto al Centro (2,2% e 2,6%) e al Mezzogiorno (0,8% e 2,1%).
Con riferimento, invece, agli intermediari istituzionali, si rileva il passaggio da una percentuale del 6,3% nel 2009 ad una del 2,9% nel 2010 per le imprese che sono ricorse all’utilizzo di centri per l’impiego. Usato più nel settore industriale (3,8%) che in quello dei servizi (2,3%), questo metodo è maggiormente diffuso nel Nord-ovest (3,9%) e nel Centro (3,8%), rispetto al Nord-est (2,6%) e al Sud (1,7%).
Sottolinea ancora Dardanello come, nonostante il mutamento delle condizioni economiche, “il sistema delle agenzie e dei servizi – pubblici e privati – per il lavoro vada sostenuto e supportato perché può allargare le opportunità di incontro domanda-offerta. In questa direzione si muove una parte delle norme contenute nella manovra finanziaria recentemente approvata, che introduce proprio in tale ambito una maggiore liberalizzazione, semplificando il regime e le procedure per un ingresso più agevole nel mercato dell’intermediazione di soggetti, tra cui le Camere di commercio, che sono espressione dei tessuti produttivi territoriali e sono dunque pienamente consapevoli delle necessità, spesso difficili da soddisfare, che essi manifestano”.
Quattro i punti percentuali persi, rispetto al 2009, anche da quel 2,3% relativo alle imprese che hanno fatto ricorso a quotidiani e a stampa specializzata per la selezione del proprio personale: l’uso maggiore si è attestato nel settore dei servizi (2,7% contro l’1,7% nell’industria) e al Nord (3% al Nord-est, 3,1% al Nord-ovest, contro 2,1% al centro e 1,2% al Sud nelle Isole).
Stando poi sempre ai numeri forniti dal sistema informativo Excelsior, una delle vie preferenziali per entrare nel mondo del lavoro sembra essere lo stage formativo: più di 38 mila sono i giovani che, dopo aver affrontato nel 2010 uno stage o un tirocinio, sono stati assunti dalle imprese ospitanti, dato in crescita rispetto al 2009, quando gli stagisti poi integrati furono quasi 37 mila.
La tendenza evidenziata risulta ancor più significativa se si considera che il numero di imprese coinvolte è in diminuzione: mentre nel 2009 esse rappresentavano il 14,8% del totale, nel 2010 esse hanno costituito il 13,3%; all’interno di quest’ultima percentuale, possiamo identificare un 32% di imprese che hanno ospitato giovani laureati o prossimi alla laurea. La disponibilità ad accogliere tirocinanti, in particolare giovani laureati e laureandi, sembra aumentare in modo proporzionale all’aumento delle dimensioni aziendali: le imprese con meno di 9 dipendenti ad ospitare tirocini sono state il 9,9% di tutte le imprese di tali dimensioni (percentuale scesa rispetto all’11,6% nel 2009), mentre quelle con oltre 500 dipendenti sono state il 73,9% (percentuale in aumento rispetto al 65,8% del 2009).
Anche il numero complessivo degli stage attivati lo scorso anno è in diminuzione: 310.820 nel 2010, contro i 321.850 del 2009. La contrazione ha riguardato soprattutto il settore dei servizi e, più in particolare, quello dei servizi di alloggio e ristorazione, tradizionalmente il più disponibile a questo tipo di esperienze: nel 2010 i giovani stagisti sono stati quasi 44 mila, 11 mila in meno rispetto al 2009.
Il 60% degli stage dura almeno due mesi e il 7,1% arriva anche a superare i 6 mesi, evidenziando quindi la tendenza a realizzare stage dal carattere davvero formativo, funzionali alla continuazione successiva del rapporto lavorativo.
Dal punto di vista settoriale, le imprese che maggiormente hanno assunto in seguito a stage sono, all’interno del manifatturiero, quelle chimiche, farmaceutiche e petrolifere (dove il numero di tirocinanti laureati o laureandi ha superato la metà del totale) e le aziende della meccanica. Nel settore dei servizi, si può puntare soprattutto sulle imprese del commercio al dettaglio, dei servizi di trasporto e logistica (la media è di quasi uno stagista assunto ogni quattro), dei servizi informatici e telecomunicazioni (uno su cinque).
Seguendo una distinzione geografica, invece, le assunzioni maggiori di stagisti si sono evidenziate al Centro (13,6%), quelle minori nel Nord-est (10,9%).
Cerchiamo ora di allargare un tantino la prospettiva. Tracciando un breve excursus sull’andamento congiunturale dell’economia italiana, ciò che si evidenzia nella prima edizione a carattere trimestrale dell’indagine Excelsior, relativa al trimestre luglio-settembre 2011, è una “marcia con freno a mano tirato”: la ripresa italiana prosegue senza interruzioni dall’inizio 2010, ma non riesce ad acquistare piena velocità, alternando, quindi, risultati incoraggianti a risultati poco brillanti. La causa viene identificata nella “scarsa dinamica o il basso livello assoluto della domanda interna, a partire dai consumi delle famiglie”; nonostante il recupero di un punto e mezzo del PIL nel primo trimestre del 2011 (rispetto all’ultimo di recessione, il quarto del 2009), i consumi finali interni sono, infatti, risaliti in misura inferiore al mezzo punto e gli investimenti di circa tre punti. Nello stesso periodo le esportazioni, invece, sono cresciute quasi del 10%. Trainano, quindi, la ripresa proprio gli investimenti e le esportazioni, essendo stati questi i settori che più subirono gli effetti delle recessione (nel biennio 2008-2009 gli investimenti erano diminuiti, rispetto ai livelli pre-crisi, cioè quelli medi del 2007, di quasi il 10%, le esportazioni di oltre il 12%, mentre PIL e consumi erano scesi del 3,6% e dell’1,3%).
Un simile scenario economico si riversa ovviamente nel mercato del lavoro, mercato che sta conoscendo segni di miglioramento, pur denotando nel complesso una situazione negativa. Il primo segno meno nel tasso occupazionale si è riscontrato a novembre 2008 ed esso ha toccato il punto più basso nell’agosto 2010, (- 1,8% rispetto ai valori medi del 2007); da allora la tendenza è ancora in negativo, ma si è attenuata, con un tasso medio annuo che a marzo e aprile 2011 era del -0,4% (a fine 2010 era ancora del -0,7%). In parallelo già alla fine del 2007 si è assistito ad un aumento della disoccupazione e ad aprile 2010 si è toccato il livello più elevato, superiore di oltre il 43% alla media del 2007, fino ad arrivare al +1,3% annuo di aprile 2011 (dato piuttosto incoraggiante visto che a dicembre 2010 il tasso di crescita annuale era ancora dell’8%).
I segnali di ripresa, dunque, seppur lievi, ci sono. A questo punto sembra essere necessario, per i giovani alla ricerca di un’occupazione, acquisire fiducia nelle proprie potenzialità e puntare sulla propria individuale capacità di promozione: si tratta certo di una strada non semplice e non per forza destinata al successo, ma, sicuramente, quella che potrebbe offrire le maggiori gratificazioni.
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