Decreto sviluppo: le novità

Edilizia, fisco, ricerca, mutui e appalti: innovazioni e perplessità di un provvedimento che intende rilanciare a costo zero la ripresa economica del Paese

Giovedì 5 maggio il consiglio dei ministri ha varato un decreto legge recante “Prime disposizioni urgenti per l’economia”, cosiddetto “Decreto sviluppo”. Novità in materia di edilizia, fisco, ricerca, mutui e appalti per «un corpo legislativo molto ampio», fatto di dieci articoli, come precisato da Tremonti nel corso della conferenza stampa svoltasi a Palazzo Chigi dopo il varo, conferenza alla quale hanno partecipato anche Berlusconi, il Ministro dello sviluppo economico Romani, della PA Brunetta, del lavoro Sacconi e dell’istruzione Gelmini. «È il primo decreto di una lunga serie che presenteremo per attuare il Piano nazionale delle riforme» ha ricordato il ministro dell’economia, precisando che i prossimi interventi saranno dedicati allo “sgonfiamento” dei processi civili, che per il 20% riguarderebbero le prestazioni dell’Inps, al finanziamento delle missioni militari all’estero e alla manutenzione dei conti.

Il nuovo provvedimento, nelle parole dei suoi promotori, non dovrebbe comportare particolari oneri a carico del bilancio dello Stato, e punta, in estrema sintesi, alla semplificazione delle regole e alla ripresa dell’iniziativa economica nel Paese, attraverso la riduzione dei costi e tempi di realizzazione delle opere pubbliche, il sostegno alle imprese che investono in ricerca, l’incremento delle assunzioni al Sud e il rinnovamento del turismo balneare. «Sono tutte riduzioni di oneri e creazioni di incentivi senza usare come motore il bilancio pubblico. Quel poco che costa è assolutamente coperto», ha evidenziato ancora Tremonti, con il pieno sostegno del Presidente del Consiglio, secondo il quale il merito del decreto sta proprio nell’aver proseguito la linea del rigore e assicurato all’Italia, per questa via, la riuscita della «mission impossibile di uscire dalla crisi con una tenuta rigorosa dei conti pubblici».

Rilancio dello sviluppo a costo zero, o quasi, per un’operazione di stimolo indiretto: questa sembra, quindi, essere la sfida che il Governo si è imposto, nonostante alcune voci si siano adoperate nel mettere in dubbio l’efficacia reale di certe misure previste; «le iniziative risultano spot e non ancora strutturali proprio per problemi di finanziamento», sostiene il vice direttore de Il Sole 24 ore Alberto Orioli, nell’editoriale di venerdì 6 maggio. «Alcuni segnali di sistema si vedono», ma persiste «il macigno del debito che non consente slanci nella spesa e impedisce il reale dispiegamento di robuste “politiche della domanda”». Politiche che «per ora restano affidate alle nuove iniziative per la valorizzazione delle coste e a quelle sul piano casa, la cui rinnovata edizione si spera non incappi più nei veti delle Regioni o nelle resistenze dei Comuni, finora vero impedimento nella realizzazione». Una «positiva fantasia creativa» ha permesso di confezionare un pacchetto che agirà «soprattutto sul lato dell’offerta»: «semplificazioni, accorpamenti dei controlli, crediti d’imposta, rivalutazioni dei terreni e procedure più rapide per la cessione dei beni obsoleti (ampliati)»; «ancora grandi assenti le liberalizzazioni, a cominciare dalle società municipalizzate, dove 4 su 5 sono in perdita, e spesso gemmano solo “poltronifici” ad uso micro-elettorale».

Dalle file del Pd si sentono, ancora, critiche che sfociano nell’aperta accusa di voler semplicemente e strategicamente fare propaganda elettorale, come si dedurrebbe – afferma Giovanni Legnini, senatore Pd – dalla «data in cui viene emanato il decreto: appena dieci giorni prima delle amministrative. E poi la mancanza di risorse aggiuntive, segno di un testo fatto in fretta ad uso di un appuntamento con le urne». Legnini divide in tre parti il proprio giudizio sul lavoro fatto: c’è una parte «buona», quella riferita al credito d’imposta per la ricerca e le assunzioni al Sud, alla stabilizzazione dei precari della scuola, alla rinegoziabilità dei mutui a tasso variabile, parte che sarebbe frutto «di un pentimento, di una riabilitazione tardiva della politica Prodi-Padoa Schioppa»: «il bonus sulla ricerca è stata una proposta del Governo di centro-sinistra ma mi chiedo: quante risorse ci sono? Lo stesso potrei dire con i precari della scuola: Prodi nel 2007 fece una misura per 120 mila poi la norma fu smantellata e oggi Tremonti ne stabilizza quasi la metà, 65 mila». C’è poi una parte «meno buona» che sarebbe il «tentativo di dare nuova linfa a misure già fallite come il piano casa o le varie semplificazioni». Infine, la parte «negativa e forse anche dannosa: è quella che prevede – tra l’altro – l’esenzione dalle gare per appalti di lavori fino a un milione. Una vera licenza per corruttori e corrotti». «Manca la strategia di rilancio su Pil e occupazione: sono norme messe insieme, non c’è un’idea forte».

Rimandando gli approfondimenti al seminario che si svolgerà mercoledì 11, Tremonti ha ripercorso il contenuto dei dieci articoli, sottolineando il fatto che, pur trattandosi di un testo «correggibile», passibile di ulteriori limature in sede di coordinamento, l’impostazione chiara («la legge si legge») e l’impianto del decreto rimarranno invariati. Cerchiamo, allora, di comprendere un po’ meglio quale sia la portata effettiva delle disposizioni abbracciate.

Il primo articolo riguarda la previsione di un credito d’imposta, pari al 90% dell’investimento, per le grandi, medie e piccole imprese che commissionano la ricerca scientifica alle università e agli altri Istituti pubblici che «saranno catalogati in seguito»; si tratta di una misura sperimentale, che riguarderà le attività avviate quest’anno e il prossimo, ma che potrebbe essere estesa ad un periodo più lungo. Il credito sarà erogato in tre rate annuali, a partire dall’avvio dei nuovi progetti, tuttavia non sarà generalizzato, al fine di favorire proprio l’aumento delle attività di ricerca: sarà rivolto esclusivamente ai soggetti che incrementano il loro sforzo negli investimenti rispetto al passato, attraverso il confronto con la media di investimenti realizzati dal 2008 al 2010. Le procedure per l’esame di tali investimenti e per l’accesso al bonus saranno definite con un provvedimento realizzato ad hoc dal direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Resta il punto di domanda circa le risorse necessarie per implementare la misura, non indicate espressamente dal D.L., tuttavia il fatto che venga abolito il bonus (mai attuato) introdotto dalla legge di stabilità, lascia dedurre che si potrà contare sui 100 milioni allora stanziati. Eventuali risorse aggiuntive potrebbero essere ottenute attraverso un taglio lineare delle spese rimodulabili (esclusi FFO e 5 per mille).

Anche il secondo articolo è dedicato ad un credito d’imposta, a vantaggio, questa volta, delle imprese che assumono a tempo indeterminato dei lavoratori “svantaggiati” nelle regioni del Sud. In particolare l’incentivo scatta per ogni nuovo lavoratore assunto in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia, entro 12 mesi dall’entrata in vigore dello stesso decreto, a condizione che i lavoratori siano considerati, ai sensi del Regolamento 800/2008/CE, appartenenti alle categorie degli “svantaggiati” (vale a dire lavoratori privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, o privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, o che abbiano superato i 5o anni, o che vivano soli con una o più persone a carico, o occupati in professioni o settori con elevato tasso di disparità uomo-donna, o membri di una minoranza nazionale) o dei “molto svantaggiati” (cioè lavoratori privi di lavoro da almeno 24 mesi). Nel primo caso il credito d’imposta spetta nella misura del 50% dei costi salariali sostenuti nei 12 mesi successivi all’assunzione; nel secondo caso esso spetta nella misura del 50% dei costi salariali sostenuti nei 24 mesi successivi all’assunzione. Per il finanziamento dell’agevolazione verranno usati i fondi europei, ma solo dopo il via libera dell’UE: «la fiscalità di vantaggio è difficile ma efficace, l’unico metodo per usare davvero i fondi europei, utilizzati a un tasso scandalosamente basso», ha sottolineato Tremonti, riferendosi a quei a quei 5 miliardi di fondi Fas non spesi. La misura, che comunque impone un notevole incremento occupazionale, mira a sostenere l’occupazione di lavoratori che hanno una particolare difficoltà di inserimento o reinserimento, tuttavia richiede particolari requisiti soggettivi, che ne limitano la fruibilità e, secondo il mondo delle imprese, sarebbe stato preferibile puntare su una fiscalità più propriamente a beneficio di investimenti e produttività: «è vero – sottolinea Orioli – che il lavoro è la commodity più preziosa in questi anni del post-crisi della finanza globale, ma certo avrebbe avuto più efficacia, per un’azione forte di allargamento della base produttiva, un bonus legato agli investimenti e non solo a un parametro quantitativo di assorbimento di manodopera altamente svantaggiata».

Terzo articolo propone alcune novità dal punto di vista del turismo: l’aspetto più rilevante, e combattuto dalle associazioni ambientaliste, riguarda l’attribuzione ai privati del diritto di superficie sulle spiagge per un periodo pari a 90 anni: la norma si estende alle costruzioni già esistenti e, nel rispetto di particolari vincoli di urbanistica, di ambiente e di edilizia, chi otterrà tale diritto potrà anche edificare nuove strutture o abbattere e ricostruire quelle esistenti. Tremonti ha comunque sottolineato il fatto che, ad essere attribuito, sarà solo il diritto di superficie e non la proprietà («la spiaggia rimane pubblica, non c’è nessuna vendita di spiagge») e che, per poter accedere alle concessioni, è necessario «essere in regola con il fisco e la previdenza». Saranno le Regioni, su iniziativa dei Comuni e d’intesa con l’Agenzia del demanio, a delimitare le aree su cui costruire il diritto di superficie: troppi, forse, gli enti da mettere d’accordo, con probabili ripercussioni nell’applicazione concreta della misura. Prevista poi la possibilità di costruire distretti turistico-alberghieri sui quali si applicheranno tutte le agevolazioni fiscali e amministrative previste per le “zone a burocrazia zero”.

Altre novità riguardano le opere pubbliche e le regole sugli appalti: tempi di realizzazione più brevi e contenimento dei costi, queste le due linee direttive. Il pacchetto intende innanzitutto velocizzare l’affidamento delle opere pubbliche, semplificando le gare soprattutto per le piccole e medie imprese; raddoppia la soglia per la trattativa privata, che passa da 500 mila euro a 1 milione (1,5 per i beni culturali), mentre l’esclusione automatica delle offerte anomale sale dall’attuale limite di 1 milione alla soglia europea dei 4,8 milioni, permettendo alle Pmi una competizione non contaminata da maxiribassi insostenibili e, quindi, più veloce. La misura è piaciuta all’Ance che, in un comunicato ufficiale, ha dichiarato di apprezzare «la scelta di preferire all’utilizzo del cosiddetto massimo ribasso, che favorisce le infiltrazioni della criminalità organizzata, metodi di gara alternativi, come l’esclusione automatica delle offerte anomale». Riduzione dei costi attraverso l’istituzione di tetti massimi alle riserve, non più ammesse oltre il 20% dell’importo del contratto e vietate se il progetto è stato validato (misura, questa, che secondo il Presidente Anci, Paolo Buzzetti, «penalizza le imprese anche nel caso di evidenti carenze ed errori nelle fasi progettuali») e riduzione delle somme a disposizione per pagare le varianti in corso d’opera. L’impatto immediato dei tagli potrebbe aumentare le liti tra costruttori e PA, con l’effetto – opposto rispetto a quello sperato – di rallentare molte opere, da riprogettare.

Arriva poi un nuovo Piano Casa straordinario di edilizia privata, un po’ diverso rispetto al precedente, visto che, da un lato, riguarda solo le aree urbane degradate e, dall’altro, prevede nuovi premi volumetrici non solo per le abitazioni che saranno riqualificate con interventi di demolizione e ricostruzione (premio del 20%), ma anche gli edifici non residenziali, come negozi, magazzini, edifici industriali (premio del 10%). Il passaggio a quello che è stato definito il “Piano Città” avverrà, tuttavia, solo “decorso il termini di 120 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto” e “fino all’approvazione dei leggi regionali ad hoc”: le regioni avranno quattro mesi per bloccare le misure, nel caso in cui non volessero applicarle nel loro territorio, questo al fine di salvare la competenza regionale in materia, invasa dalla nuova norma. Per valutare l’efficacia della stessa, occorrerà, quindi, valutare la reazione delle regioni. In un ulteriore slancio verso semplificazione e liberalizzazione, scatta, inoltre, il silenzio-assenso sulla domanda di rilascio del permesso a costruire: nei comuni con meno di 100 mila abitanti il termine è di 90 giorni, nelle città più grandi è di 150 giorni.

Semplificazione anche nei controlli amministrativi sulle imprese da parte di qualsiasi autorità competente, controlli che dovranno essere unificati, operati al massimo con cadenza semestrale e non potranno durare più di quindici giorni. Le violazioni in tal senso costituiranno un illecito disciplinare. Una volta entrate in vigore (cioè quando saranno emanati i relativi regolamenti ministeriali), queste nuove norme comporteranno un notevole alleggerimento per le imprese, rispetto all’attuale situazione di eccesso nei controlli, tuttavia alcune criticità potrebbero verificarsi con riferimento all’effettiva durata delle soglie temporali massime imposte, visto che spesso i piccoli imprenditori e professionisti sono chiamati in ufficio dal fisco e non sono oggetto di accesso.

A partire dalla dichiarazione 2012, relativa ai redditi del 2011, cade, poi, l’obbligo di comunicare al sostituto d’imposta l’aggiornamento dei carichi di famiglia per i quali si ha diritto a detrazione, nel caso in cui non ci siano variazioni rispetto all’anno precedente: una norma veramente a costo zero che permetterà ai contribuenti di alleggerire le proprie comunicazioni periodiche.

Viene abolito, inoltre, l’obbligo di inviare la comunicazione telematica prevista per acquisti superiori ai tremila euro, in caso di pagamento con carte di credito, prepagate e bancomat: in sostanza artigiani e commercianti non dovranno più monitorare per conto del Fisco tutti i pagamenti già tecnicamente tracciati dall’amministrazione grazie ai dati in possesso di istituti bancari e finanziari. Il cosiddetto “spesometro”, che comincerà ad applicarsi a partire dal prossimo 1° luglio, non tiene, tuttavia, conto di altri pagamenti comunque già tracciati con l’utilizzo di assegni bancari e circolari.

Sul lato delle semplificazioni di natura amministrativa, si segnala innanzitutto la riduzione degli obblighi di privacy previsti per il trattamento dei dati personali tra determinate società, ma solo per finalità di natura amministrativo-contabile; sarà poi possibile pagare online il ticket delle prestazioni sanitarie e ottenere via web i referti medici da parte del servizio sanitario nazionale (misure lodevoli nell’intento, ma di dubbia realizzabilità nel meridione). Viene soppresso il limite d’età (15 anni) per ottenere la carta d’identità che ora diventa elettronica e racchiuderà nello stesso documento anche la tessera sanitaria. Avrà validità triennale per i minori di 3 anni, quinquennale per i minori dai 3 e i 18 anni e decennale per gli adulti.

Novità anche sul piano dell’istruzione: scatta il piano triennale per l’assunzione in pianta stabile dei 65 mila insegnanti precari della scuola (tale assorbimento non dovrebbe comportare costi aggiuntivi a carico dello Stato, che già attualmente remunera i docenti precari), e si prevede la nascita della Fondazione per il merito, che dovrebbe far partire quel fondo per il merito previsto dalla riforma Gelmini.

Viene istituita l’Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche che avrà il compito di regolazione (anche tariffaria) e di difesa degli utenti. L’organismo sarà autonomo, di nomina parlamentare con maggioranza qualificata dei 2/3 e raccoglierà, ampliandola e perfezionandola, l’eredità della Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche (Conviri) che, ha sottolineato la Prestigiacomo, «finora ha ben operato presso il ministero dell’Ambiente». Lo scontro politico si concentrerà ora sulla capacità della norma di evitare i due referendum sull’acqua del 12 e 13 giugno, poiché in molti vedono in essa semplicemente un espediente escogitato per evitare i referendum stessi.

Novità, infine, dal mondo delle banche: viene offerta la possibilità alle famiglie con un reddito basso, certificato da un Isee non superiore ai 30 mila euro, di trasformare da variabili a fissi i mutui fino a 150 mila euro e fino al 31 dicembre 2012; resta da capire, tuttavia, l’effettiva portata della misura: le associazioni dei consumatori lamentano il fatto che il limite reddituale sia eccessivamente penalizzante, «significa aiutare un numero molto limitato di famiglie», osserva Pietro Giordano, segretario generale Adiconsum, evidenziando anche come, per ora, non sia chiaro «se la rinegoziazione comporterà costi per i mutuatari»; da valutare, inoltre, la reale convenienza ad effettuare il passaggio, visto che, se da una parte è previsto un rialzo nelle rate dei mutui a tasso variabile (gli Euribor seguiranno le mosse della Banca centrale europea), dall’altra chi chiede la rinegoziazione deve mettere in conto una rata più elevata per i prossimi due o tre anni. Viene offerta, infine, la possibilità alle banche di emettere titoli obbligazionari speciali – destinati a finanziare gli investimenti delle piccole e medie imprese e i progetti “etici” nel Sud – con una tassazione favorevole per i sottoscrittori, pari al 5% anziché al 12,5%; i cosiddetti “bond sud” potranno tuttavia essere emessi per un importo limitato, non superiore ai 3 miliardi l’anno.

Pubblicato su: PMI-dome

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