Stando ai dati Ebitemp, nonostante la lontananza dalle medie precedenti la crisi, le tendenze occupazionali interinali registrate nel 2010 sembrano essere in salita
Stando alle stime dell’Osservatorio Ebitemp – l’ente bilaterale nazionale per il lavoro temporaneo – i lavoratori interinali o in somministrazione che nel 2010 hanno svolto almeno un giorno di attività sembrano raggiungere le 448.845 unità; nonostante in quattro regioni (Molise, Basilicata, Liguria e Calabria e Puglia) si sia registrato un calo rispetto ai volumi di occupazione interinale del 2009, si è assistito ad un aumento generale del 12,6% rispetto ai 398.716 lavoratori somministrati l’anno precedente e gli incrementi maggiori si sono verificati in Abruzzo, Friuli e Piemonte.
Certo per raggiungere i livelli precedenti la crisi, e colmare quindi il gap creatosi, la percentuale di incremento da conseguire nel corso del 2011 sarebbe del 28,5%, ma Assolavoro, l’associazione nazionale di categoria che riunisce le agenzie per il lavoro si dimostra fiduciosa: «Non ho la sfera di cristallo – afferma Federico Vione, il Presidente dell’associazione – ma i segnali che arrivano dal mercato fanno prevedere che entro il 2013, mantenendo questi livelli di crescita, torneremo ai numeri del 2007». Tutto questo a fronte di una ripresa dell’occupazione a tempo determinato o indeterminato che è stata sperata ma non si è realizzata.
Entriamo un po’ più nel dettaglio con qualche dato relativo all’occupazione interinale: nella Basilicata il tasso occupazionale è sceso nel 2010 del 9,2%, in Calabria dell’1,3%, in Liguria del 7,5%, in Molise del 16,7%, in Puglia dello 0,6%. Al contrario l’Abruzzo cresce del 23,4%, il Friuli Venezia Giulia del 20,2%, le Marche del 17,6%, il Piemonte del 20,1%, il Veneto del 18,2%. Ricorda Vione come i dati negativi registrati in alcune regioni dipendano «dall’andamento per settore. I limiti imposti nel rinnovo dei contratti flessibili nel pubblico si può stimare abbiano inciso sui volumi di regioni come il Lazio – che è cresciuto solo del 6,9% – così come Campania (0%), Basilicata o Calabria: la finanziaria ha stabilito un ricorso alla flessibilità non superiore al 50% rispetto a quello che era stato utilizzato. In altre regioni come il Molise ha influito negativamente la dipendenza dall’automotive».
Un incremento, poi, si è visto anche con riferimento alla durata media della mansione: sempre secondo l’Ebitemp, nel 2009 questa era pari a 14,8 giorni, mentre nel 2010 (i dato arrivano fino a novembre) è salita a 15,5 giorni, una media bassa rispetto al periodo pre-crisi, ma che traccia comunque un andamento in salita. L’ammontare delle giornate retribuite è salito di conseguenza a 4,2 milioni complessivamente, in aumento del 26%.
Allungando la prospettiva e cercando di cogliere velocemente la situazione attuale dei giovani italiani, possiamo vedere come il numero di immatricolati sembri calare progressivamente: secondo il rapporto presentato pochi giorni fa dal Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario, dopo il picco del 2002-03, quando i diplomati che avevano deciso di proseguire gli studi iscrivendosi all’università rappresentavano il 74,5% (oltre 7 su 10), nel 2008-2009 la percentuale è scesa fino al 66%, il 2% in meno rispetto all’anno precedente, e i dati provvisori relativi al 2009-10 registrano un ulteriore diminuzione, arrivando al 65,7%. Dal lato istituzionale, i ministri Maurizio Sacconi per il Lavoro, Mariastella Gelmini per l’Istruzione e Giorgia Meloni per la Gioventù hanno presentato a Palazzo Chigi un piano di azioni (tra le quali il rilancio del contratto di apprendistato, l’istituzione di 58 istituti tecnici superiori, i curricula on line dei laureati nelle università, il potenziamento del Sistema Excelsior) per promuovere l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro con un investimento di un miliardo di euro. A tal proposito, sottolinea Vione come sembrino migliorare i rapporti tra pubblico e privato nelle politiche di collocazione giovanile (ma non solo) e di condivisione delle informazioni. «Da questo punto di vista c’è un rapporto molto virtuoso con il nuovo portale del ministero del Welfare, cliclavoro, ed è stata avviata una forte collaborazione sul territorio con regioni e province che ha fatto delle agenzie un partner sempre più importante nello sviluppo delle politiche attive. Nei primi tre trimestri del 2010 le agenzie hanno ricollocato 20mila lavoratori in mobilità».
Le agenzie del lavoro rappresentano, allora, ormai una fondamentale porta d’ingresso al mercato del lavoro e fondamentale è il ruolo da loro svolto nella dinamica sottesa alla volontà di riscatto occupazionale giovanile: «Il nostro settore è fortemente esposto a queste tematiche e per la sua natura è il primo interlocutore per i giovani alla ricerca di un lavoro» spiega ancora Vione. «Il nostro ruolo noi lo giochiamo quotidianamente come dimostra anche il fatto che nella formazione abbiamo fatto un investimento specifico di 110 milioni di euro».
A cosa si deve, allora, l’incremento nel ricorso a questa modalità temporanea di rapporto lavorativo? In primis ad un approccio nuovo delle aziende, che «tendono a preferire quelle forme di flessibilità che si possono fare gestire in outsourcing come avviene con la somministrazione, piuttosto che quelle dirette come il contratto a tempo determinato che ormai si può considerare un istituto obsoleto». Un lavoro di questo tipo sembra garantire alle imprese le giuste competenze tra le risorse umane impiegate, frutto della presunta attenta selezione in capo alle agenzie di lavoro e, allo stesso tempo, sembra permettere ai giovani lavoratori «più tutele e una forma di welfare». Inoltre si sottolinea l’importante cambiamento di mentalità che un contratto di questo tipo impone a questi ultimi: «abbiamo cercato di riorientare i giovani verso quelle professioni e quei settori dove ci sono opportunità e col tempo cominciano a vedersi dei risultati che fanno ridimensionare i classici preconcetti sui giovani di oggi che non vogliono fare certi lavori. Paradossalmente nella crisi per i giovani c’è stata anche una grande opportunità e cioè quella di conquistare un atteggiamento più realistico e pragmatico».
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