Con una nota pubblicata sul proprio sito, la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) ha deciso di avviare, in vista della prossima stagione assembleare, una consultazione con il mercato circa una bozza di comunicazione su particolari aree tematiche, strettamente legate all’attività degli organi amministrativi (Cda o Consigli di gestione).
Tale comunicazione contiene, infatti, delle richieste di informazioni ai sensi dell’art. 114, comma 5, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (il cosiddetto “Testo Unico della Finanza”) – in materia di remunerazioni, autovalutazione dell’organo amministrativo e piano successione – e delle raccomandazioni in merito all’informativa sui compensi da fornire al mercato, prevista dall’art. 78 del Regolamento n. 11971 del 14 maggio 1999 e successive modifiche.
L’intento della Commissione presieduta da Giuseppe Vegas è, prima di tutto, quello di garantire agli azionisti e al mercato il giusto livello di trasparenza su alcuni aspetti della governance societaria, sulle retribuzioni e buonuscite dei manager delle società quotate a Piazza Affari. Si ipotizzano dunque, in via transitoria, delle misure valide già per i bilanci 2010, in attesa di una loro sistematica definizione con l’attuazione del decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 2010, in materia di remunerazioni, che recepiva le raccomandazioni della Commissione Europea in merito.
Tre risultano, in particolare, le questioni oggetto della comunicazione: la remunerazione dei top manager, con particolare riferimento agli eventuali accordi di buonuscita in caso di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro, i piani di successione per gli avvicendamenti al vertice e l’autovalutazione degli organi amministrativi; le informazioni richieste in merito a tali questioni dovranno essere rese prima delle prossime assemblee, ai sensi dell’art.114 del TUF.
Il primo di questi tre punti riguarda tutte le società quotate, invitate a fornire informazioni più dettagliate, poiché quelle attualmente fornite, ricorda la Consob, “sono spesso incomplete, generiche e difficilmente comparabili”. Stando ad un’analisi condotta dalla Consob nel triennio 2007-2009 sui compensi agli amministratori delegati di più di 250 società, la parte più significativa di tali compensi sarebbe quella degli emolumenti per la carica (43%) e degli altri compensi (33%), ma spesso questo genere di dato è fornito in forma indistinta, senza il dettaglio delle sottovoci che lo compongono. In merito agli indennizzi per risoluzione anticipata del rapporto, leggiamo che, nello scorso anno, quattro delle 38 società del segmento borsistico blue chip non hanno dato alcun tipo di informazione, venti hanno dichiarato di non prevedere forme di indennità, mentre delle 14 che hanno ammesso l’esistenza di accordi solo una ne ha rivelato l’ammontare .
Le altre due aree tematiche evidenziate coinvolgono, invece, esclusivamente le 38 principali società italiane comprese nell’indice Ftse-Mib.
La previsione di piani strutturati per la successione al vertice esecutivo, a differenza di altri paesi come Gran Bretagna, Francia e Germania, non rientra neppure tra le raccomandazioni del codice di autodisciplina. “Recenti vicende societarie – ricorda la Consob – hanno mostrato come [questo piano] sia importante per una società: […] permette […] non solo di sostituire prontamente amministratori cessati dal loro incarico, assicurando continuità e certezza alla gestione aziendale, ma anche di selezionare i migliori candidati alla successione“. “In assenza di tali piani, la sostituzione di amministratori cessati potrebbe non avvenire prontamente, generando discontinuità e incertezza nella gestione aziendale, con conseguenze negative sia in termini di performance che di reputazione”. Il riferimento alle “recenti vicende societarie” pare certo far tornare indirettamente alla mente la vicenda Unicredit, con l’uscita traumatica di Profumo.
Infine la richiesta della Consob si estende anche alla miglior definizione dei processi di autovalutazione del Cda, già prevista dal codice di autodisciplina. Delle 38 principali società, solo tre lo scorso anno non avevano dichiarato nulla a riguardo e una aveva invece precisato di non aver svolto l’autovalutazione; tuttavia solo il 41% aveva identificato le aree oggetto di analisi e solo il 32% aveva precisato le aree critiche.
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