Secondo l’interpretazione che la giurisprudenza ha dato all’art.6 del Dl 77/2010, le PA possono concedere contributi a soggetti terzi privati che svolgano attività legate all’interesse della collettività e del territorio
Stando all’articolo 6 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 77 – recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, in G.U. 31 maggio 2010, n. 115 – “a decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni”.
Si noterà facilmente come la valenza effettiva di tale divieto (che coinvolge tutte le amministrazioni pubbliche, non solo comuni, province, unioni di comuni) sia, tuttavia, piuttosto ambigua, non ponendo, la disposizione in oggetto, ulteriori condizioni, vincoli o facoltà.
A chiarirne la portata, sono intervenute, allora, la sezione di controllo della Corte dei conti per la Lombardia, tramite la deliberazione 1075/2010 in risposta a un comune pavese che, ragionevolmente, chiedeva dei chiarimenti in merito, e la Corte dei conti per la Puglia, con la deliberazione 163/2010.
Ciò che si apprende è che il divieto di “effettuare spese per sponsorizzazioni” non dovrebbe coinvolgere anche le concessioni di contributi a favore di associazioni private, di soggetti terzi che realizzino iniziative rientranti nei compiti del Comune, nell’interesse della collettività. Questo sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale previsto dall’ultimo comma dell’articolo 118 della Costituzione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. L’ambito applicativo del divieto riguarderebbe, invece, la sponsorizzazione come la si intende nel senso più comune, dunque quei contratti un po’ atipici, grazie ai quali una parte si assume l’obbligo, dietro un corrispettivo, di affiancare alla propria attività o ai propri prodotti il nome, il marchio o un qualsiasi altro segno distintivo dell’altra parte.
Il criterio principale per comprendere se una contribuzione da parte dell’amministrazione pubblica debba o non debba essere considerata “sponsorizzazione” è che il soggetto privato che ne è beneficiario svolga un’attività che rientri nelle competenze dell’ente pubblico, che realizzi istituzionalmente delle attività di valorizzazione del territorio; ad esempio le associazioni che erogano servizi pubblici a favore delle fasce più deboli della popolazione, oppure i singoli privati che intendano porre in essere piani di tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione, come il fondamentale diritto allo studio.
Il provvedimento di concessione del contributo dovrà dare motivazione dell’esclusione di tale contributo dalla sfera semantica della “sponsorizzazione” e dovrà dare informazioni su come il servizio rispetterà i criteri di economicità, efficacia ed efficienza.
Altre due misure di riduzione dei costi per gli apparati amministrativi, contenute nel dl 78/2010, hanno necessitato una precisazione. In particolare, tramite la successiva deliberazione 1076/2010, i giudici contabili lombardi hanno sottolineato come il divieto di “effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le medesime finalità” (comma 8 dell’articolo 6) non si estenda agli oneri sostenuti per promuovere la conoscenza dell’esistenza e delle modalità di fruizione dei servizi pubblici da parte dei cittadini, come la realizzazione di manifesti riguardanti le attività culturali.
La seconda misura, prevista dal comma 14 dell’articolo 6, riguarda il divieto di “effettuare spese di ammontare superiore all’80 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi”. Tale divieto ingloba, invece, tutte le spese collegate al “parco autovetture“, sia obbligatorie, sia facoltative, sia preventivabili, sia non.
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